Shimon Peres nono Presidente d’Israele

"Senza la capacità di sacrificio delle forze israeliane oggi non saremmo qui”.

image_1762“Non sono più emissario di un partito, sono il rappresentante della nazione”. Lo ha detto domenica sera il nono presidente dello Stato d’Israele Shimon Peres all’atto del suo insediamento ufficiale. “Da questo momento – ha detto il Premio Nobel per la Pace – sarò voce e recapito per tutti i cittadini del paese, per tutti i bambini, tutte le donne, tutti gli uomini”.
Peres, che ha prestato giuramento di fedeltà e ha firmato la sua dichiarazione pochi istanti prima di tenere alla Knesset il suo discorso inaugurale, ha parlato della fiducia che i cittadini hanno riposto in lui ed ha espresso la sua gratitudine per questo.
Ha poi detto che è sua intenzione tenere uniti i cittadini di un paese “nel quale siamo intrecciati in una sola nazione”, sottolineando che “dobbiamo sempre ricordarci che siamo figlie e figli della Terra d’Israele: non abbiamo, né cerchiamo, un altro paese”.
“Il presidente – ha detto Peres – deve incoraggiare i processi di pace: all’interno, con i vicini, in tutta la regione. Quando si presenta un’opportunità di pace, non bisogna mancarla”.
Peres ha reso omaggio a diversi leader israeliani del passato, a cominciare dal suo mentore e primo capo del governo israeliano David Ben-Gurion, che ha definito “il più grande ebreo che io abbia mai conosciuto”. Ha poi ricordato con commozione il primo ministro e suo compagno nel partito laburista Yitzhak Rabin, assassinato nel 1995, nonché l’ex primo ministro Ariel Sharon, in coma dal gennaio 2006, definendolo “un grande combattente e un leader coraggioso”.
Peres si è soffermato sui grandi successi conseguiti da Israele in tutti i campi, sottolineando in particolare il grande coraggio delle Forze di Difesa israeliane in operazioni come quella di Entebbe. Ha ricordato le vittorie del paese in anni durante i quali lo stato degli ebrei dovette “resistere da solo” in più di un’occasione. “Non abbiamo mai perso la speranza – ha detto – e non abbiamo mai perso una guerra, e ogni volta si siamo rimessi in piedi. Anche i più severi critici di Israele non potranno disconoscere le straordinarie realizzazioni di questo paese, le vette che si innalzano sull’orizzonte della storia”.
Il nuovo presidente ha voluto ricordare i caduti e i feriti nelle battaglie per la libertà e l’indipendenza del paese. “Senza la capacità di sacrificio dimostrata dalle forze israeliane – ha detto – noi non saremmo mai arrivati a questo punto”. Ed ha affermato che la liberazione dei soldati in ostaggio Gilad Shalit, Ehud Goldwasser, Eldad Regev e altri catturati anni addietro restano “al cuore dell’agenda di Israele”.
Fra gli altri punti nell’agenda della presidenza, mantenere Gerusalemme come “centro politico e spirituale del popolo ebraico, luogo di preghiera per tutti i credenti e gli amanti della pace”.
Ricordata anche l’importanza di sviluppare le regioni israeliane del Negev (a sud) e della Galilea (a nord), nella certezza che “verrà il giorno in cui il Libano sarà affrancato da tutti i suoi nemici e la Siria sarà affrancata dalla sue catene”.
Infine Peres ha parlato della necessità di promuovere la “Valle della Pace”, il sogno del presidente di realizzare il luogo fisico “della cooperazione fra Israele, regno Hashemita e palestinesi”.
Su richiesta dello stesso Peres, alla cerimonia non hanno preso parte i molti leader mondiali che pure avevano manifestato interesse, giacché Peres ha deciso che essa restasse caratterizzata come “una questione interna israeliana”.
Poche ore prima della cerimonia, Peres aveva rilasciato un’intervista alla Associated Press durante la quale aveva ribadito che, per fare la pace, Israele dovrà ritirarsi da parti consistenti dei territori conquistati nella guerra dei sei giorni del 1967. “Dobbiamo sbarazzarci dei territori” aveva detto, parlando della Cisgiordania, e aveva insistito sul fatto che questa è oggi l’opinione della maggioranza dei cittadini israeliani. “Non farò segreto della mia opinione – aveva affermato Peres – Naturalmente rispetterò le opinioni della minoranza, che non saranno mai insultate. Posso aver cambiato posizione, ma non ho cambiato le mie convinzioni e i miei valori”.