Uno se nè andato. E laltro?

Saddam puntava a guidare i nemici dIsraele: ciò che oggi fa lIran

Da un articolo di Nachman Shai

image_1535In occasione dell’esecuzione di Saddam Hussein, i leader politici e militari israeliani sono rimasti in silenzio. Un silenzio eloquente ed evocativo. Naturalmente Israele si compiace per la definitiva scomparsa dalla scena di Saddam, un esito al quale ha dato il proprio contributo a distanza. Ma, in ultima analisi, Saddam è stato abbattuto da un ristretta coalizione di americani e britannici, sebbene il suo processo e la sua esecuzione siano stati realizzati dal nuovo governo iracheno.
Saddam ha segnato da sé il proprio destino. Dal momento in cui avviò scontri militari con l’Iran, poi invase il Kuwait e infine attaccò Israele con missili a lungo raggio, fu chiaro che il suo regime non sarebbe durato. Ciò che alla fine lo ha condotto alla rovina non è stata la crudeltà interna della sua tirannide. Il mondo ha conosciuto molti tiranni prima di lui i cui regimi sono stati lasciati in piedi. Ciò che ha determinato la caduta di Saddam è stata la sua aggressività nei rapporti con l’estero e la sua oppressione dei curdi.
La storia di Israele con Saddam Hussein è complessa. Gerusalemme capì che Saddam, con la sua determinazione a mettersi alla testa del mondo arabo, intendeva sviluppare capacità nucleari. Facendolo, sperava di riuscire a bilanciare l’equazione strategica fra mondo arabo e Israele. Una capacità nucleare lo avrebbe posizionato al vertice del mondo arabo, promovendo le sue ambizioni regionali, compresa quella di assumere il controllo delle riserve di petrolio mediorientali.
Una volta svelati, a Israele e al resto del mondo, i progetti nucleari di Saddam, fu chiaro che diventava prioritario fermarli, con mezzi diplomatici o con mezzi militari. La comunità internazionale venne colta di sorpresa quando Israele decise di prendere in mano la questione e distrusse la centrale nucleare irachena nel 1981. L’operazione suscitò inizialmente molte critiche, ma sul lungo periodo finì col guadagnarsi grandi apprezzamenti da parte della comunità internazionale. Realizzando quel raid, Israele aveva differito, o forse evitato, al Medio Oriente una micidiale corsa alle armi nucleari.
Saddam perse la sua potenzialità nucleare, ma ciò non fece che accrescere il suo odio per Israele. Da quel momento, Israele divenne il suo nemico numero uno.
Nell’agosto 1990, dopo aver invaso e soggiogato il Kuwait nel giro di ventiquattro ore, Saddam denominò quell’offensiva “Operazione Gerusalemme”. Benché la strada dall’Iraq a Gerusalemme non passi affatto per il Kuwait, con quel nome Saddam voleva indicare le sue ambizioni ultime. Ormai si considerava il nuovo Saladino destinato a sconfiggere “i nuovi crociati” – gli ebrei – e a conquistare la Terra Santa. Attese sei mesi e, nel gennaio 1991, non appena gli americani avviarono l’attacco all’Iraq, iniziò a lanciare missili a lungo raggio dall’Iraq occidentale contro Israele. Per più di cinque settimane una quarantina di missili Scud vennero lanciati in diciassette ondate. Il numero dei feriti risultò minimo e i danni alle cose sopportabile. Ma gli israeliani dovettero riconoscere che Saddam era riuscito a colpire seriamente il loro senso di sicurezza sul fonte interno.
Pur non brillando come stratega militare, Saddam aveva ben compreso le ridotte dimensioni di Israele, la sua alta densità di popolazione e l’impatto che avrebbe avuto colpirlo sul fronte domestico israeliano. Usando missili a lungo raggio obbligò gli israeliani a riesaminare il loro senso di sicurezza. Pur non avendo usato armi di distruzione di massa – nonostante le minacce iniziali che costrinsero la popolazione israeliana a chiudersi nelle stanze sigillate con le maschere antigas sul volto – la mera minaccia di farne uso fu sufficiente a preoccupare molto Israele, costringendolo ad adottare tutta una serie di complicate misure difensive. Sebbene non sia mai stato chiarito se nel 1991 Saddam possedesse davvero tali armi o se le abbia mai possedute in un momento qualsiasi dei dieci anni che seguirono, la paura da sola creò l’effetto che Saddam si augurava. …
Il relazione finale nei rapporti fra Israele e Saddam si ebbe durante la seconda guerra del Golfo, agli inizi del 2003. In seguito all’intervento anglo-americano Israele si aspettava una replica degli attacchi iracheni. Ma questa volta, per ragioni sue, Saddam rinunciò ai bersagli distanti, combatté brevemente le forze nemiche, perse e alla fine scomparve dalla scena.
Considerando oggi le cose, Saddam Hussein può essere giudicato uno dei più influenti leader che abbiano calcato la scena del Medio Oriente nei tempi moderni. Fu lui ad aprire le porte della regione ad un’era nucleare, un’era in cui le armi di distruzione di massa possono essere usate veramente come fece usando il gas contro i curdi. Saddam inoltre riuscì a posizionarsi ai primi posti fra i leader arabi che guidano la battaglia per “liberare” la Palestina, e rivelò la vulnerabilità di Israele di fronte a bombardamenti missilistici: una lezione di cui hanno fatto tesoro Hezbollah e Hamas.
Nel pantheon dei nemici di Israele, il posto di Saddam è stato preso con sorprendenti affinità dall’Iran, l’eterno rivale dell’Iraq. E l’Iran continua a seguire le orme di Saddam, perseguendo la capacità nucleare, minacciando le riserve petrolifere dei suoi vicini e posizionandosi alla testa dei nemici di Issale. Di più: se Saddam era giunto a sovvenzionare gli attentati stragisti anti-israeliani, oggi l’Iran agisce per interposta persona, attraverso Hezbollah e ora anche attraverso Hamas, minacciando Israele assai più da vicino.
Saddam se n’è andato. Quando sarà la volta di Mahmoud Ahmadinejad?

(Da: Jerusalem Post, 2.1.07)