E’ un infame ricatto: se Israele cede, perlomeno non si faccia illusioni

Da tempo Israele dà la caccia ai terroristi, li arresta, li condanna e poi deve scarcerarli fantasticando di poterli punire successivamente. Questa volta perlomeno lo faccia senza nutrire false speranze

Di Nitsana Darshan-Leitner

Nitsana Darshan-Leitner, autrice di questo articolo

L’eliminazione mirata di Marwan Issa (il capo n. 3 nella gerarchia di di Hamas) garantisce che il “lungo braccio” di Israele raggiungerà tutti i terroristi ovunque si trovino, e che quindi non c’è da preoccuparsi se, costretto dal ricatto per la liberazione degli ostaggi, Israele dovrà scarcerare qualunque terrorista, anche quelli che si sono macchiati di orrendi reati di sangue?

La promessa che Israele eliminerà fino all’ultimo i terroristi responsabili della carneficina del 7 ottobre,e della guerra che ne è seguita, si basa sulla celebre operazione “Ira di Dio” per l’eliminazione degli organizzatori ed esecutori del massacro di atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco nel 1972.

Ma il pieno successo di quell’operazione è più un mito che realtà. Anche se venne descritta come un’operazione brillante per quei tempi, e spettacolarizzata nel film Munich di Steven Spielberg, in realtà ci vollero sette anni – e diversi fallimenti costosi e scabrosi – perché Israele eliminasse Ali Hassan Salameh, la mente dietro alla strage di Monaco. Dal canto suo, il comandante di Salameh, il capo dell’organizzazione Settembre Nero Mohammad Daoud Odeh, non solo è scampato alle squadre israeliane, ma alla fine gli venne permesso di vivere tranquillamente a Ramallah in seguito agli accordi di Oslo. Odeh, che fino alla fine della sua vita non si pentì mai dell’atrocità che aveva contribuito a perpetrare, definiva il massacro di Monaco – un attentato durante il quale innocenti ostaggi israeliani vennero torturati e trucidati – una grande vittoria per la Palestina, che sarebbe stata ripetuta.

Un altro esempio è l’accordo/ricatto per il rilascio dell’ostaggio israeliano Gilad Schalit (trattenuto a Gaza per più di cinque anni) mediante il quale venne scarcerato, fra tanti altri, il terrorista Saleh al-Arouri. Non molto tempo dopo la scarcerazione, Al-Arouri iniziò a dirigere Hamas in Cisgiordania realizzando attentati sanguinosi. Di nuovo ricercato da Israele, riparò in Turchia dove aprì un quartier generale dal quale continuò a organizzare attentati. Il più famoso e spietato fu il rapimento e assassinio a sangue freddo nel 2014 dei tre adolescenti israeliani Naftali Frankel, Gilad Shaer e Eyal Yifrah. Finché rimase in Turchia, Israele si astenne dall’ucciderlo: era improponibile un attacco su suolo turco, un paese membro della Nato che mantiene un certo livello di rapporti con Israele, sebbene minimo.

Yahya Sinwar su un autobus diretto a Gaza nel 2011 dopo la sua scarcerazione da Israele nell’ambito del ricatto per il rilascio dell’ostaggio Gilad Shalit

Fu solo quando Saleh al-Arouri commise il fatale, sfrontato errore di recarsi in Libano che il “lungo braccio” di Israele poté mettergli le mani addosso. Ci vollero dunque dieci lunghi anni durante i quali al-Arouri poté versare troppo sangue innocente.

Anche Yahya Sinwar venne scarcerato nel quadro dell’accordo/ricatto per il rilascio di Schalit. Fino al 7 ottobre, per ragioni non del tutto chiare e che hanno contribuito al terribile disastro, Israele non ha tentato di eliminarlo. Ora è troppo tardi. A differenza di Marwan Issa, che andava e veniva nei tunnel, Sinwar non mette il naso fuori dalla tana e se ne sta circondato di ostaggi che gli fanno da scudo umano. Quando lascerà Gaza come condizione per la restituzione degli ostaggi e troverà rifugio in Qatar, Israele non effettuerà un’operazione per eliminarlo in quel paese per motivi analoghi a quelli che gli impedirono di agire in Turchia.

Sinwar  non sarà l’unico a ottenere l’impunità. Mohammed Deif, che Israele ha tentato più volte di eliminare senza successo, e Khaled Mashaal, il cui fallito tentativo di eliminazione in Giordania nel 1997 costò a Israele la scarcerazione di Ahmed Yassin (fondatore e capo spirituale di Hamas) e di altri 70 terroristi, se ne andranno con lui in Qatar. E trascorreranno i loro giorni tranquilli e al sicuro in quel paese che fiancheggia e sostiene il terrorismo.

Non dovremmo vivere nell’illusione che coloro che hanno scaraventato su Israele la carneficina del 7 ottobre, e la guerra che ne è seguita, ne pagheranno mai il prezzo.

Se come israeliani accetteremo di scarcerare i maggiori terroristi e assassini di massa, piegandoci al ricatto di Hamas, perlomeno dovremmo farlo con gli occhi ben aperti, sapendo che non saremo in grado di punire tutti i responsabili di quell’atrocità.

Ciò che il governo israeliano sta negoziando adesso è tutto ciò che otterremo, e ciò che i terroristi ci stanno estorcendo adesso è ciò che otterranno e sarà loro permesso mantenere.

(Da: Israel HaYom, 18.3.24)