Una voce da Gaza: “Viviamo sotto una dittatura repressiva, speriamo che Israele elimini Hamas rapidamente e la guerra finisca”

Scrittore palestinese al Jerusalem Post: “Entrare a Rafah è l'unico modo per debellare Hamas, che pretende condizioni impossibili per consegnare gli ostaggi”

Intervista di Ohad Merlin

Ohad Merlin, autore di questa intervista

M. è uno scrittore di Gaza. Ha parlato al Jerusalem Post da dove si trova attualmente, nel sud della striscia di Gaza, insieme a centinaia di migliaia di altri sfollati.

Qual è la situazione attuale a Rafah?

“L’attuale situazione a Rafah è relativamente calma – risponde M. – ma le persone si attendono l’inizio della battaglia a Rafah, con i civili che temono l’ennesimo meccanismo di sfollamento da parte dell’esercito israeliano. Gli sfollati soffrono ogni giorno, soprattutto sul piano psicologico a causa della durata della guerra, ma in secondo luogo per la debolezza economica, la mancanza di fonti di reddito e la mancanza di potere d’acquisto a causa dell’aumento esorbitante dei prezzi”.

M. ritiene che i prezzi elevati non siano dovuti alla mancanza di merce. “Il valico di Rafah funziona bene – dice – Gli aiuti arrivano in grandi quantità e non mancano mai. Ma la distribuzione degli aiuti è nelle mani di Hamas, il che significa che non arrivano a tutti gli sfollati”.

A proposito dei video circolati sul web che mostrano sporadiche proteste a Rafah, con slogan contro i capi di Hamas, M. aggiunge: “C’è sicuramente un’insoddisfazione generale da parte degli sfollati che se la prendono con Hamas, e Sinwar in particolare. Stiamo tutti aspettando con ansia il sollievo di un nostro ritorno nel nord della Striscia di Gaza”.

Come vedi le circostanze che ci hanno portato a questa situazione e quale sarebbe, secondo te, una possibile via d’uscita?

“La popolazione di Gaza è rimasta sorpresa dalla mossa di Hamas del 7 ottobre – risponde M. – che è stata preceduta da una paralisi economica e politica generale dovuta ai ristretti orizzonti politici di Gaza. Non esiste una soluzione immediata, a causa dell’intransigenza di Hamas nel consegnare gli ostaggi se non a condizioni impossibili che, ritengono, li aiuteranno a rimanere al potere. Non c’è soluzione se non entrare a Rafah e incalzare i combattimenti fino a quando non vi sarà una forte pressione su Hamas. Molti abitanti di Gaza sperano che Israele metta fine alla guerra ed elimini Hamas rapidamente. Respingono la ‘resistenza’ e non accettano che Hamas sia di nuovo al potere”.

Novembre 2023: un “giornalista” di Al Jazeera toglie la parola e volta le spalle al paziente palestinese che cerca di denunciare la presenza di terroristi Hamas dentro l’ospedale Al-Aqsa di Gaza. Clicca l’immagine per la notizia con il filmato

Dici che molti a Gaza si oppongono a Hamas. Cosa diresti agli israeliani che hanno visto abitanti comuni di Gaza festeggiare il 7 ottobre e persino collaborare tenendo degli ostaggi nelle loro case?

“Dico agli israeliani che la gioia del popolo di Gaza è stata una gioia temporanea derivante dall’ignoranza, e che se ne sono pentiti subito dopo aver sofferto a causa della guerra. Quanto a coloro che hanno partecipato all’operazione [del 7 ottobre], siano essi membri di Hamas o civili, sono stati ingannati da Hamas, e i loro membri non erano nemmeno a conoscenza della natura della missione fino a poco tempo prima. Alcuni di loro hanno addirittura rifiutato di partecipare per paura di morire”.

E che dire dei recenti sondaggi che mostrano un crescente sostegno a Hamas e all’attacco del 7 ottobre?

“I sondaggi pubblicati dai siti di notizie pro-Hamas non rappresentano la vera voce del popolo palestinese – afferma M. – poiché la maggior parte di coloro che votano sostengono Hamas”.

In effetti, il Palestinian Center for Policy and Survey Research è diretto da Khalil Shikaki, un ricercatore generalmente considerato attendibile ma anche fratello di Fathi Shikaki, che fu un fondatore e capo della Jihad Islamica Palestinese. “Questi sondaggi – aggiunge M. – devono essere prodotti da una parte indipendente per mostrare la portata dell’opposizione popolare all’incidente del 7 ottobre”.

Vedremo quindi una maggiore pressione su Hamas da parte dei civili di Gaza?

“La popolazione di Gaza – spiega M. – non può esercitare pressioni su Hamas per via della dura forza della repressione che Hamas esercita contro la popolazione a causa delle precedenti esperienze durante movimenti popolari, e questo rende la questione molto difficile. La mancanza di voci di opposizione dentro e fuori Gaza è dovuta al fatto che gran parte delle persone sono influenzate dalla questione della resistenza sul piano religioso e nazionale senza un minimo bagaglio culturale, e anche dalla loro incapacità di esprimere la propria opinione per paura delle conseguenze”.

Circa la copertura mediatica all’interno della striscia di Gaza, che enfatizza il sostegno a Hamas, M. aggiunge: “I media arabi non sono granché interessati a riferire della guerra a Gaza: ciò che a loro interessa realmente è l’agenda di Al Jazeera e di elementi della Fratellanza Musulmana in Turchia, Qatar e Giordania in particolare”.

Non temi per la tua vita essendo così apertamente critico verso Hamas?

“Sono esposto a un rischio molto grande per la mia vita a causa delle aperte critiche sui social network contro Hamas, ma il governo di Hamas ora è più debole, quindi mi muovo entro questi margini limitati. Tuttavia, aspetto il mio momento per andare in Egitto. Non mi farei un problema nemmeno ad essere momentaneamente detenuto in Israele per mettere al sicuro la mia vita. Ritengo Hamas responsabile di avermi fatto del male e Israele di avermi non intenzionalmente danneggiato, anche se so che adottano misure umanitarie nella guerra”.

Che messaggio manderesti ai nostri lettori?

“Il mio messaggio ai lettori del Jerusalem Post in Israele e all’estero – conclude M. – è che il popolo palestinese non porta il grosso della colpa dell’operazione del 7 ottobre, che Gaza vive sotto il dominio dittatoriale di Hamas e che Israele ha un ruolo importante nel salvare Gaza da Hamas nel prossimo futuro, e speriamo che prevalga la pace tra palestinesi e israeliani e che finisca il tempo del terrorismo. La popolazione di Gaza non vuole ripetere l’esperienza del 7 ottobre e vuole solo vivere in permanente sicurezza con Israele”.

(Da: Jerusalem Post, 27.3.24)