Non è vero che Israele rafforzò Hamas contro Ramallah (anche se ora fa comodo sostenerlo)

Prima e durante Netanyahu, Israele contrastò duramente Hamas, pur cercando di evitare una crisi umanitaria a Gaza di cui sarebbe stato ovviamente incolpato. Altri sono i veri responsabili del rafforzamento di Hamas

Di Ori Wertman

Ori Wertman, autore di questo articolo

Dopo il massacro del 7 ottobre, ma in realtà avveniva anche prima, viene ripetuta l’accusa al primo ministro Benjamin Netanyahu d’essersi adoperato, durante il suo mandato, per rafforzare Hamas nell’ambito di una strategia volta a indebolire l’Autorità Palestinese, con l’obiettivo di aumentare la divisione interna fra palestinesi e impedire così la creazione di uno stato palestinese.

Molti, in Israele e nel mondo, utilizzano questa accusa per attaccare il governo di Netanyahu. Ma nonostante il fatto che il livello politico e il suo leader portino senz’altro la responsabilità del disastro del 7 ottobre (benché la colpa principale ricada sui capi delle forze armate e dei servizi di sicurezza), in realtà non è stato Israele a rafforzare Hamas. Anche prima e durante il processo di Oslo, i governi israeliani agirono contro il gruppo terroristico, tra l’altro espellendone i dirigenti ed eliminando alcuni suoi alti esponenti.

Durante la seconda intifada (l’intifada delle stragi suicide scoppiata nel 2000 ndr), la strategia israeliana delle uccisioni mirate di capi di Hamas venne intensificata, portando all’eliminazione del fondatore di Hamas Ahmed Yassin e di altri importanti comandanti come Abdel Aziz al-Rantisi, Ibrahim al-Makadmeh e Salah Shehade.

In pratica, prima della guerra attuale fu Netanyahu che, in qualità di primo ministro, guidò Israele in tre dei quattro scontri militari scoppiati con Hamas da quando quest’ultima ha preso il controllo della striscia di Gaza nel giugno 2007: conflitti che hanno inflitto gravi danni alla capacità militare di Hamas causandone ogni volta un indebolimento.

Quando si cerca la causa del rafforzamento di Hamas e dell’indebolimento dell’Autorità Palestinese, il dito deve essere puntato contro altri due attori chiave nella regione mediorientale.

In giallo/ocra, lo stato palestinese che esisterebbe già se nel 2008 i palestinesi avessero accettato la proposta di Olmert (clicca per ingrandire). I ripetuti rifiuti palestinesi hanno impedito la pace e rafforzato Hamas

Il primo è la stessa Autorità Palestinese. Malgrado si sostenga che Netanyahu avrebbe fatto di tutto per indebolire l’Autorità Palestinese e il suo leader evitando di portare avanti con loro un processo di pace per risolvere il conflitto, in realtà furono i rifiuti dei leader dell’Autorità Palestinese, Yasser Arafat e poi Mahmoud Abbas, che impedirono un accordo di pace israelo-palestinese.

Oltre al rifiuto di Arafat di accettare la proposta israeliana durante il governo di Ehud Barak alla conferenza di Camp David nel 2000, e persino la proposta del presidente americano Bill Clinton, fu lo stesso Abu Mazen a rifiutare  nel 2008 la proposta ancora più generosa di Ehud Olmert, che avrebbe dato vita a uno stato palestinese su un territorio pari al 100% di Cisgiordania e striscia di Gaza, con capitale a Gerusalemme est.

Anche nell’era di Netanyahu, Abu Mazen ha ostacolato per ben tre volte i tentativi di risolvere il conflitto: quando nel 2010 decise di sprecare il congelamento di dieci mesi delle attività edilizie israeliane in tutti gli insediamenti che avrebbe dovuto aprire la strada al negoziato tra le parti; quando nel 2014 fece fallire l’iniziativa del segretario di stato Usa John Kerry; e ovviamente quando si è rifiutato anche solo di discutere il cosiddetto “accordo del secolo” durante l’amministrazione Trump.

Oltre al reiterato rifiuto palestinese di fare la pace con Israele, chi ha offerto a Hamas su un piatto d’argento il controllo sulla striscia di Gaza è stata, di nuovo, l’Autorità Palestinese. Nonostante i massicci investimenti da parte degli Stati Uniti e dell’Occidente nelle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese, queste si rivelarono prive di qualsiasi capacità di fronte all’ala militare di Hamas, che nel giugno 2007 prese facilmente il controllo della striscia di Gaza.

Un altro fattore da menzionare che ha contribuito al rafforzamento di Hamas sono i tanti paesi del mondo arabo. Non si tratta solo dei paesi mediorientali che hanno intenzionalmente agito per rafforzare Hamas e indebolire l’Autorità Palestinese, come il Qatar, la Turchia e l’Iran, paese quest’ultimo che ha sostenuto il gruppo terroristico sin dalla sua fondazione considerandolo parte dell’“Asse della Resistenza” sotto la sua guida (con l’unica eccezione di un breve periodo di crisi tra Iran e Hamas a causa del fatto che inizialmente Hamas aveva negato il proprio sostegno al regime di Assad durante la guerra civile siriana).

Anche altri paesi, fra i quali l’Egitto, che pure condividono con Israele interessi strategici su questioni regionali come i timori per la minaccia nucleare iraniana, hanno intrattenuto con Hamas un rapporto complicato che ha garantito al gruppo terrorista il riconoscimento internazionale come “potere sovrano” sulla striscia di Gaza, cosa che ha approfondito la divisione interna fra palestinesi e indebolito l’Autorità Palestinese.

In conclusione, sebbene Israele abbia di fatto considerato Hamas come il potere sovrano nella striscia di Gaza, abbia condotto negoziati indiretti con essa e abbia accettato l’ingresso nell’enclave di denaro e merci per evitare un disastro umanitario che lo avrebbe sottoposto a ulteriori pressioni internazionali, in effetti non è Israele quello che ha rafforzato Hamas. In pratica, Autorità Palestinese e mondo arabo hanno giocato un ruolo molto pesante nel trasformare l’organizzazione terroristica in quello che è oggi, sia militarmente che politicamente.

Alla luce del 7 ottobre, dove si è visto quanto si fosse sbagliato l’intero establishment della sicurezza israeliana nel valutare che Hamas fosse ormai dissuaso dall’attaccare, è meglio essere prudenti nell’attribuire a Israele tutta questa influenza nella regione del Medio Oriente per quanto riguarda il rafforzamento e l’indebolimento degli attori nell’arena palestinese.

(Da: Jerusalem Post, 19.3.24)