“Israele sa cosa significa essere un piccolo stato democratico vicino a grandi paesi autocratici che negano il tuo diritto di esistere”

Nonostante la delicata posizione in cui si trova lo stato ebraico (che i dirigenti ucraini mostrano di comprendere), la condanna dell’aggressione di Putin è fuori discussione

Il ministro degli esteri israeliano Yair Lapid in visita domenica al valico di Siret al confine tra Romania e Ucraina

“L’invasione [dell’Ucraina] non ha nessun giustificazione e noi chiediamo alla Russia di cessare il fuoco e gli attacchi e di risolvere i problemi al tavolo dei negoziati”. Lo ha affermato domenica il ministro degli esteri israeliano Yair Lapid durante un incontro con il suo collega rumeno Bogdan Aurescu a Bucarest nell’ambito di un viaggio diplomatico che lo ha portato in Romania e Slovacchia. Lapid ha aggiunto che Israele farà tutto il possibile per contribuire a mediare una soluzione pacifica. “Siamo in pieno coordinamento con il nostro alleato, gli Stati Uniti, e i nostri partner europei per cercare di porre fine a questa violenta tragedia il più rapidamente possibile”, ha affermato Lapid.

Sabato sera il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il primo ministro israeliano Naftali Bennett hanno nuovamente parlato al telefono per un’ora. Poche ore prima Zelensky aveva parlato favorevolmente degli sforzi di mediazione di Bennett. Sia Kiev che Gerusalemme hanno seccamente smentito la notizia secondo cui il primo ministro israeliano avrebbe fatto pressione sul presidente ucraino perché accettasse di capitolare alle pretese russe. A seguito della telefonata con Zelensky di sabato, lunedì sera Bennett si è assentato dalla riunione di governo per ricevere una telefonata del presidente russo Vladimir Putin. La chiamata è durata circa un’ora e mezza, dopodiché Bennett ha nuovamente parlato al telefono con Zelensky. “Ci siamo scambiati informazioni sui nostri passi congiunti e sui passi dei nostri partner sullo sfondo dell’aggressione russa”, ha twittato Zelensky.

Sempre lunedì, durante la sua tappa a Bratislava il ministro degli esteri Lapid ha garantito che “Israele non sarà una via per aggirare le sanzioni imposte alla Russia dagli Stati Uniti e da altri paesi occidentali”. Per evitare questo rischio, “il ministero degli Esteri si sta coordinando con diversi partner come la Banca d’Israele, il ministero delle Finanze, il ministero dell’Economia, l’Autorità degli Aeroporti, il ministero dell’Energia”. Parlando accanto al collega slovacco Ivan Korčok, Lapid ha anche ribadito che “non c’è alcuna giustificazione per la violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina, e non c’è alcuna giustificazione per gli attacchi a una popolazione civile”.
(Da: Jeruslem Post, Times of Israel, 13-14.3.22)

Come ha ricordato Itai Rom su Ha’aretz, lo scorso dicembre Zelensky parlando a un incontro del Forum Ebraico di Kyiv aveva ricordato con orgoglio le origini ucraine di Golda Meir affermando che “spesso Israele rappresenta un esempio per l’Ucraina”. “Come gli ebrei – aveva proseguito il presidente ucraino – anche noi sappiamo cosa significa difendere il proprio paese e la propria terra con le armi in pugno, anche a costo della vita”. (Da: Ha’aretz, 7.3.22)

Josef Zissels

Ha scritto Josef Zissels su Ha’aretz: Sono un ebreo ucraino. Sono un dissidente incarcerato per aver preso posizione a favore dei diritti umani durante l’era sovietica, e che continua a opporsi alla violenza e alla menzogna in tutte le sue forme. Sono anche uno dei 300.000 ebrei che hanno vissuto in pace e sicurezza in Ucraina dopo la fine dell’Unione Sovietica. Per oltre un decennio il mondo non ha ascoltato Vladimir Putin, o meglio si è rifiutato di ascoltarlo facendo finta di non sentire le sue inequivocabili intenzioni di rivendicare il controllo sull’Ucraina: diceva che l’Ucraina come paese non esiste, che il popolo e la cultura ucraini non esistono e che quelli di noi che contestano queste affermazioni sono fascisti. Il 26 febbraio, un articolo pubblicato (per errore) e poi rapidamente rimosso dal sito dell’agenzia RIA Novosti, controllata dal Cremlino, dichiarava che l'”operazione speciale” aveva inaugurato un “nuovo ordine mondiale” e costituiva la “soluzione della questione Ucraina”.

Il popolo ebraico sa fin troppo bene come si possa impiegare il linguaggio per “alienare” un gruppo etnico o religioso, disumanizzarlo e preparare il terreno per atti che ne giustifichino la distruzione. Un tempo l’Ucraina era la casa della seconda popolazione ebraica più grande d’Europa. I pogrom della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo provocarono un’enorme emigrazione, principalmente verso il Nord America e il Regno Unito, mentre altre decine di migliaia di persone arrivarono in Medio Oriente con la prima e la seconda aliyà. La metà di coloro che rimasero in Ucraina vennero cancellati: si stima che un quarto delle vittime della Shoà fossero ebrei ucraini.

Putin sta usando la “de-nazificazione” dell’Ucraina come pretesto per l’invasione. Il pubblico russo è bombardato da questa narrativa secondo cui l’Ucraina sarebbe uno stato nazista. Eppure, nei suoi 30 anni di indipendenza non è stata fatta una sola dichiarazione antisemita nel parlamento ucraino. L’Ucraina è guidata da un presidente e un ministro della difesa di origini ebraiche. Conosco molti israeliani che vivono e fanno affari in Ucraina. La vera ragione per cui Putin sta invadendo è perché il popolo ucraino ha osato scegliere la libertà e la democrazia. Nel 2004 e di nuovo nel 2014 la popolazione ucraina si è sollevata contro una élite cleptocratica post-sovietica sostenuta e protetta dalla Russia. Nonostante le enormi sfide, gli ucraini hanno costruito una società dal basso: gente comune, imprenditori, gruppi della società civile e artisti hanno creato un paese dinamico, fiducioso e lungimirante che si è sforzato di integrarsi con la comunità delle nazioni democratiche. Ed è esattamente ciò che Putin teme sopra ogni cosa.

Il popolo d’Israele sa fin troppo bene come ci si sente ad essere un piccolo stato democratico, vicino a grandi paesi autocratici che negano il tuo diritto di esistere, che desiderano vedere il tuo paese cancellato dalla carta geografica e che sono disposti a usare la forza per farlo. Sa che ci vuole coraggio e impegno, ma che ci vogliono anche amici e alleati per sopravvivere contro ogni avversità. Tuttavia Israele è rimasto in gran parte in silenzio, accontentandosi delle vaghe dichiarazioni di Naftali Bennett. Il voto a favore della risoluzione di condanna dell’aggressione russa all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, così come le parole del ministro degli esteri e della vice ambasciatrice all’Onu vanno nella giusta direzione, ma non mettono inequivocabilmente in chiaro che la colpa è di Putin.
(Da: Ha’aretz, 6.3.22)

Purtroppo Israele può fare poco in questa crisi, anche se potrebbe trovarsi in una situazione analoga. Lo ha detto lo scrittore israelo-americano Yossi Klein Halevi al Foglio (11.3.22), chiarendo che Israele ha dovuto scegliere una linea di compromesso, pur condannando l’azione russa. “Se rompessimo con Vladimir Putin – ha spiegato Klein Halevi – lui la prenderebbe sul personale. Prende tutto sul personale. Proteggerebbe le basi iraniane (in Siria) con i missili russi e inizierebbe a trattarci come un nemico. Questo è il timore nella comunità d’intelligence israeliana, oggi, circa l’Ucraina. Come ha scritto Nathan Sharansky, l’Occidente ha consentito alla Russia di prendersi la Siria e ora l’Occidente si arrabbia con noi perché non mostriamo la risolutezza che l’Occidente non ha mostrato in Siria. Ma noi rifiutiamo di farci giudicare da loro”.

Mykhailo Podolyak

“La Russia si comporta come Hamas, solo che è più grande e molto più pericolosa. Israele dovrebbe capirlo meglio di chiunque altro”. Lo ha detto lo scorso fine settimana Mykhailo Podolyak, uno dei più stretti consiglieri di Zelenskyy nonché membro della delegazione che gestisce i colloqui con i rappresentanti russi. “Israele è molto sensibile ai conflitti – ha detto Podolyak a Israel HaYom – Dopotutto, siete sempre sotto pressione esterna. E noi siamo in una situazione simile, anche se per noi l’avversario è molto più forte. Chiaramente oggi la nostra gente sta pagando un prezzo in vite, territorio e infrastrutture distrutte. Ma a medio e lungo termine, tutto ciò che sta accadendo è un disastro per la Russia, e la leadership israeliana lo capisce e lo sta facendo presente a Mosca. Penso che questo sia un ruolo estremamente utile. Israele può spiegare alla Russia la psicologia dell’Ucraina, e cioè che se ci arrendiamo ora, otterremo in cambio una costante escalation del conflitto”. Podolyak ha aggiunto che capisce la delicata posizione di Israele in quanto “la Russia collabora con i vostri nemici e li aiuta con armi, consulenza e sostegno economico. Israele si trova in una situazione molto complessa, lo capiamo e rispettiamo molto la posizione di Israele, a prescindere”.

Podolyak ha sottolineato che per vent’anni la Russia ha investito una fortuna nelle forze armate, aumentando la percentuale di Pil destinato alla “difesa”. Ora l’Ucraina sta dicendo: aiutaci a fermare tutto questo e far capire a un paese così bellicoso che l’espansionismo militare non è una via verso lo sviluppo, ma un vicolo cieco. “Penso che Israele capisca meglio di altri questo messaggio – ha concluso Podolyak – perché Israele stesso è sempre in conflitto con paesi o territori pieni di armi, che sono supportati dalla Russia e promuovono la sua filosofia distruttiva. Russia e Hamas agiscono in modo simile e Israele lo capisce meglio di Italia, Francia, Germania o Gran Bretagna”.
(Da: Israel HaYom, 13.3.22)

Anche l’ambasciatrice ucraina a Washington Oksana Markarova ha paragonato gli attacchi russi in Ucraina al lancio di razzi che Israele subisce nei conflitti con Hamas e Hezbollah, affermando che gli attacchi russi sono indiscriminati e colpiscono i civili. “La maggior parte degli attacchi vengono dall’aria, ed è qualcosa che tutti i fratelli e le sorelle in Israele, sfortunatamente, conoscono fin troppo bene”, ha detto Markarova.
(Da: Times of Israel, 8.3.22)

Il direttore di Times of Israel David Horovitz (a sinistra) durante un’intervista al presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky nell’ufficio presidenziale a Kiev, il 18 gennaio 2020

Ha scritto David Horovitz, direttore di Times of Israel: Sappiamo che Israele nutre autentiche preoccupazioni per la propria sicurezza e che con realismo sta attento a non inimicarsi Vladimir Putin, ora che gli Stati Uniti contano molto meno in Siria e la Russia molto di più. Ci rendiamo conto che il primo ministro Naftali Bennett ritiene di non potersi permettere di rompere con il bullo presidenziale russo, dal momento che Israele ha bisogno di un canale aperto con lui dovendo fronteggiare il nemico che potrebbe potenzialmente mettere a rischio la nostra stessa esistenza, l’Iran. Comprendiamo che Bennett pensa di trovarsi in una posizione unica per contribuire a mediare una soluzione che porti a una conclusione più rapida dell’invasione russa, con meno perdite di vite umane. E riconosciamo che la leadership israeliana ha cercato la quadratura del cerchio, incaricando il ministro degli esteri Yair Lapid di condannare la Russia mentre Bennett evita di puntare direttamente il dito sulla colpa di Mosca.

Ma tutte queste considerazioni impallidiscono di fronte al continuo spargimento di sangue. Se Bennett ritiene di non poterlo fare senza mettere a repentaglio la sicurezza del paese, allora spetta al resto di noi comuni cittadini israeliani dirlo chiaramente: l’aggressione di Putin all’Ucraina è intollerabile e non può essere condonata. Israele sicuramente lo riconosce con particolare chiarezza, in quanto stato-nazione ricreato troppo tardi per un popolo ebraico che non ebbe dove volgersi, otto decenni fa in Europa, quando i nazisti lanciarono il piano di sterminarci e si avvicinarono molto all’obiettivo facendo passi avanti di un orrore unico. Il fatto stesso che l’assalto di Putin si stia svolgendo nel cuore di quei “territori di morte” della seconda guerra mondiale non fa che rafforzare la memoria e l’obbligo.

Il fatto che Putin affermi di “de-nazificare” una nazione con un presidente ebreo che ha perso parenti della Shoà non fa che sottolineare la perversione della verità. E il fatto che stia cercando di schiacciare una nazione che lui afferma non esistere realmente non fa che mettere in luce il parallelo con i propositi dell’Iran di cancellare Israele dalla carta geografica e l’imperativo per la solidarietà internazionale di impedire le stragi di massa dei despoti regionali. A nome degli israeliani che non sono gravati dai limiti che la realpolitik impone talvolta ai dirigenti, affermiamolo qui con chiarezza: il popolo ucraino è manifestamente convinto che il suo paese esista davvero, non detesta il proprio governo, non lo considera affatto un’espressione del male nazista e non chiede affatto di essere “liberato” dalla Russia di Putin. E Israele gli è solidale.
(Da: Times of Israel, 11.3.22)