Nessun israeliano sarà mai più al sicuro se si cede al ricatto di Sinwar

Cessare il fuoco e ritirarsi non porterebbe al rilascio degli ostaggi e aprirebbe la strada a ulteriori atrocità e rapimenti. Ma è deleterio lasciare che i vaneggiamenti dei ministri estremisti impediscano a Israele di delineare la Gaza del dopo guerra

Di Ron Ben Yishai

Ron Ben-Yishai, autore di questo articolo

Non c’è alcun dubbio che la liberazione degli ostaggi, tutti gli ostaggi, debba essere una priorità. Ma è altrettanto importante distruggere le capacità militari di Hamas e impedire alla sua dirigenza a Gaza di mantenersi il potere. Ciò significa che, in questo momento o nell’immediato futuro, le Forze di Difesa israeliane non devono porre fine ai combattimenti e ritirarsi dalla striscia, come invece chiede Yahya Sinwar.

L’esperienza dimostra che, se le strutture di Hamas rimangono in piedi e i suoi alti dirigenti rimangono illesi, allora nessun israeliano potrà essere al sicuro. Un ritiro delle forze israeliane da Gaza verrebbe considerato una capitolazione al ricatto di Hamas perpetrato coi sequestri di persona.

Non sarebbe solo l’ennesimo pessimo accordo che vedrebbe la scarcerazione di molti pericolosi terroristi in cambio della liberazione di un certo numero di ostaggi israeliani. Rappresenterebbe anche il totale sacrificio della sicurezza di tutti gli israeliani e avrebbe rilevantissime conseguenze strategiche.

Saremmo tutti a rischio di essere rapiti da qualsiasi altro gregario iraniano e forse anche dall’Isis o al-Qaeda, giacché tutti ne concluderebbero che, catturando ostaggi, Israele può essere messo in ginocchio e costretto ad abdicare a suoi cruciali interessi politici e di sicurezza.

Nessun israeliano potrebbe più recarsi all’estero in sicurezza senza temere d’essere sequestrato, soprattutto i giovani israeliani che spesso viaggiano in paesi del terzo mondo. Persino un semplice weekend nel nord di Israele sarebbe troppo rischioso.

Yahya Sinwar, uno dei 1.027 terroristi scarcerati da Israele nel 2011 per liberare l’ostaggio Gilad Shalit, oggi è il capo di Hamas a Gaza e una delle menti del 7 ottobre

La macabra smania di rapire israeliani si è andata sviluppando nel corso degli anni, a partire dalla scarcerazione di detenuti di sicurezza nel 1985, dopo la prima guerra in Libano, per passare poi ai 435 detenuti scarcerati nel 2004 per liberare Elhanan Tennenbaum sequestrato per tre anni in Libano e riavere le salme di tre soldati caduti, fino ad arrivare al disastroso accordo del 2011 per la scarcerazione di 1.027 detenuti pericolosi (tra i quali lo stesso Yahya Sinwar) in cambio del soldato Gilad Shalit, trattenuto per cinque anni da Hamas a Gaza.

La naturale tappa successiva è stato il rapimento di massa degli israeliani del 7 ottobre. Se Israele permetterà l’estorsione di Sinwar permettendo che resti al potere a Gaza, la prossima volta sarà ancora peggio. Lui e i suoi compari non farebbero altro che prepararsi per la prossima mattanza con sequestri di massa.

Potrebbe non arrivare immediatamente. Hamas avrebbe bisogno di alcuni anni per ricostruire la sua forza militare, come ha fatto dopo i precedenti conflitti. Ma in quelle condizioni, nessun residente israeliano del sud potrebbe tornare a casa o lavorare nei campi, sapendo che avrebbe i giorni contati.

Se i capi di Hamas se la caveranno, tutti i residenti di grandi città meridionali israeliane come Ashkelon e Beer Sheba dovranno pensarci mille volte prima di crescere lì i loro figli.

Dopo la seconda guerra del Libano del 2006, durante la quale aveva subito perdite importanti, Hezbollah ha raddoppiato o triplicato la sua forza militare. È stato dissuaso per diversi anni, ma oggi sfida apertamente le Forze di Difesa israeliane, che sono costrette a schierare ingenti forze, principalmente di riservisti, ed evacuare decine di migliaia di residenti dalle loro case a causa della forza d’élite Radwan del gruppo sostenuto dall’Iran, e del suo fuoco di missili e razzi anticarro.

Lasciare a Gaza Sinwar, Mohammed Deif e altri comporterebbe gli stessi pericoli da quel confine, mentre la deterrenza di Israele verso tutti i suoi nemici verrebbe compromessa, e diminuirebbe la determinazione delle nazioni arabe moderate di normalizzare le loro relazioni con lo stato ebraico.

Affinché gli israeliani possano vivere con un minimo di sicurezza, non solo nell’immediato ma anche in futuro, è necessario che le Forze di Difesa israeliane possano completare la missione di distruggere l’infrastruttura militare di Hamas sopra e sotto terra, e rimuovere i suoi capi.

Appelli per il cessate il fuoco insieme allo slogan “dal fiume al mare” per la distruzione di Israele.

Se l’opinione pubblica israeliana sarà resiliente e gli americani persisteranno nel sostenere la lotta, gli ostaggi potrebbero essere liberati. Il loro destino sarà determinato dalla quantità di pressione esercitata da Hamas, da un lato, da Israele e Stati Uniti dall’altro.

Hamas esercita la sua pressione innanzitutto attraverso la sofferenza degli ostaggi e la paura per la loro vita profondamente sentita dall’opinione pubblica israeliana e dai suoi leader politici. Si avvale anche dell’opinione pubblica mondiale che fa pressione su Israele affinché ponga fine ai combattimenti prima d’aver conseguito i suoi obiettivi. Hamas ha il tempo dalla sua parte. Mentre Israele si lacera nei dilemmi e nella depressione nazionale, Sinwar non deve fare altro che stare a guardare come si approfondiscono le fratture nell’unità del grande pubblico israeliano. Tutto ciò che deve fare è chiedere la cessazione della guerra e il ritiro di tutte le truppe da Gaza. Il resto lo farà l’opinione pubblica israeliana (e la pressione internazionale).

L’arma che ha in mano Israele è la sua macchina militare, che si muove lentamente ma costantemente soprattutto nella parte meridionale della striscia e attorno a Khan Younis, dove potrebbe essere deciso l’esito della guerra. Sinwar ha paura, come dimostra la sua continua richiesta di fermare i combattimenti prima di negoziare la liberazione degli ostaggi. È così che ritiene di poter rimanere al potere e, di fatto, vincere la guerra. Forse non teme la morte, ma vuole vincere e poter ripetere il massacro del 7 ottobre in modo ancora più feroce, forse anche dalla Cisgiordania. Al fondo è un jihadista e come tale può essere fermato solo dalle Forze di Difesa israeliane.

La pressione di Israele può esercitarsi con il sostegno politico e militare degli Stati Uniti. Solo gli americani possono spingere il Qatar a esercitare pressioni su Hamas a Gaza e sulla sua dirigenza a Doha. La pressione americana su Qatar ed Egitto non è ancora sufficiente per ottenere il rilascio degli ostaggi, ma qui c’è una responsabilità del governo del primo ministro Benjamin Netanyahu, che si rifiuta di consentire a Washington di raggiungere alcuni degli obiettivi dichiarati nella regione.

Israele non può usare gli aiuti umanitari per fare pressione su Hamas. A Sinwar non importa assolutamente nulla di alleviare le sofferenze dei palestinesi di Gaza. Le considera un nobile sacrificio per la causa fondamentalista di distruggere Israele ed espellere i suoi abitanti ebrei dal Medio Oriente. Ecco perché l’idea di impedire l’ingresso di cibo e medicine nella striscia (per quanto sia comprensibile che venga avanzata da alcuni disperati famigliari di ostaggi) in realtà non servirebbe a favorire la liberazione degli ostaggi.

Parallelamente alla sua campagna militare, da proseguire, Israele dovrebbe mostrare flessibilità sugli obiettivi successivi, e non solo per garantirsi il continuo sostegno del presidente degli Stati Uniti Joe Biden e di altri membri della sua amministrazione. Deve prospettare delle concessioni che possano essere utilizzate dal Qatar verso Hamas. Tale flessibilità è possibile, a mio avviso, per quanto riguarda il numero di detenuti palestinesi che verrebbero scarcerati e il ruolo che si potrebbe attribuire all’Autorità Palestinese, a  certe condizioni, nella Gaza del dopoguerra e per un suo consolidamento in Cisgiordania allo scopo  prevenire un’escalation di violenza in quell’area.

Netanyahu ha ragione quando ricorda fallimenti e torti dell’Autorità Palestinese, ma Biden vuole che l’Autorità Palestinese (riformata) svolga un ruolo, e Israele dovrebbe consentirgli di continuare a sostenerla.

Questo è il motivo per cui il gabinetto di sicurezza dovrebbe decidere un piano chiaro per il giorno dopo la guerra e comunicarlo agli americani, in modo che Washington possa avere delle leve da utilizzare con il Qatar. Anche le Forze di Difesa israeliane hanno bisogno di un piano per la loro pianificazione operativa.

Il fatto che Israele non delineai i suoi piani per il dopoguerra è un errore strategico. Permettere ai membri di estrema destra all’interno del governo di impedire una simile mossa danneggia la capacità di Israele di continuare a combattere.

L’assurdo paradosso è che le Forze di Difesa israeliane potrebbero trovarsi costrette a cessare il fuoco e ritirarsi senza completare la missione di distruggere Hamas e rimuovere i suoi capi, a causa della testardaggine dei ministri estremisti dentro il governo.

L’ostinazione di Netanyahu a non delineare un piano per Gaza nel dopoguerra solo perché quei ministri vaneggiano di ricostruire degli insediamenti potrebbe costare la vita di ostaggi e l’esito della guerra. Israele deve continuare a combattere attenendosi agli obiettivi della guerra, compreso il rilascio degli ostaggi, mostrando al tempo stesso una certa disponibilità a prospettare compromessi su questioni che non sono direttamente collegate alla vittoria militare.

(Da: YnetNews, 16.1.24)

Avi Issacharoff

Scrive Avi Issacharoff: Non ho nessuna rimostranza da fare alle famiglie dei prigionieri. Se, Dio non voglia, avessi un familiare o una persona cara nelle mani di Hamas, chiederei anch’io allo stato d’Israele di fare molto di più di quanto sta facendo e andrei a protestare in ogni piazza per aumentare la pressione sul governo perché faccia “di tutto” per la liberazione degli ostaggi. Ma ci sono cose che uno stato sovrano che ha subito il 7 ottobre non può accettare.

È impossibile fermare la guerra adesso. Sarebbe un grave errore e un fallimento in termini di sicurezza. Lo pagheremmo a nord contro Hezbollah e, poco dopo, a sud contro Hamas. Non possiamo fermarla perché Hamas non farebbe altro che aumentare le sue pretese nei negoziati sugli ostaggi e di certo non si affretterebbe a rilasciarli per prolungare il più possibile il cessate il fuoco.

È impossibile perché la cessazione completa dei combattimenti e il ritiro da Gaza porterebbero al ripristino del controllo di Hamas sulla striscia insieme al recupero delle sue capacità militari, mentre le mani di Israele sarebbero legate dall’accordo. Quindi, assisteremmo al prossimo 7 ottobre prima di quanto ci si aspetti (non sui dimentichi che Hamas ha violato tutti i cessate il fuoco precedenti, compreso quello che era in vigore fino al 7 ottobre ndr).

È impossibile fermarsi adesso perché Israele si è impegnato con i residenti che vivono vicino a Gaza e ai confini settentrionali, i quali devono poter tornare alle loro case e viverci sapendosi al sicuro.

Nel 2011, Israele accettò di scarcerare 1.027 detenuti palestinesi in cambio del rilascio di Gilad Shalit. Fu un errore. Ero contrario a quell’accordo e ritenevo che avrebbe trasformato Hamas in una potenza. Oltre a Yahya Sinwar, vennero scarcerati diversi altri membri importanti di Hamas, responsabili non solo dell’attacco del 7 ottobre ma anche del rafforzamento della forza militare dell’organizzazione.

Inoltre, quello scambio rafforzò la convinzione nell’opinione pubblica palestinese che i sequestri di israeliani funzionano, e che il metodo di Hamas è quello che funziona. Quello scambio conferì a Hamas un enorme riconoscimento presso l’opinione pubblica e le piazze palestinesi. Il massacro del 7 ottobre ha portato il sostegno all’organizzazione a livelli senza precedenti.

Se Israele si ferma adesso, ciò rovinerà ogni possibilità di un futuro compromesso con i palestinesi perché si convinceranno definitivamente che la spietata violenza di Hamas è la soluzione.

Le dichiarazioni, le manifestazioni e gli articoli che esortano a fermarsi e pagare qualsiasi prezzo per la liberazione degli ostaggi non aiutano i negoziati, anzi li ostacolano. I pezzi grossi di Hamas possono convincersi che Israele si sta indebolendo e dunque rendere sempre più esigente e intransigente la loro posizione.

Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha detto: “Israele può eliminare Sinwar anche a febbraio” per dire che gli ostaggi invece vanno liberati subito. Ma le cose non stanno così, perché i capi di Hamas si fanno scudo degli ostaggi, ritarderanno il loro rilascio il più possibile e non li libereranno mai tutti senza essersi assicurati la propria incolumità.

L’unico modo per costringere Hamas a un accordo sugli ostaggi è prendere di mira sempre più pezzi grossi fino a quando ciò non diventerà una minaccia concreta alla sopravvivenza dell’organizzazione. Fino ad allora, Israele non potrà accettare un accordo che comporti la cessazione assoluta dei combattimenti, poiché ciò aprirebbe la strada alla sua sconfitta (e senza liberare tutti gli ostaggi).

(Da: YnetNews, 15.1.24)