I miseri argomenti del Sudafrica nella sua bizzarra arringa all’Aja contro Israele

Smontate una per una le accuse di “genocidio”, resta in piedi un solo concetto: negare allo stato ebraico il diritto di esistere e difendersi

Di Yonah Jeremy Bob

Yonah Jeremy Bob, autore di questo articolo

Se si applicano correttamente le norme internazionali e le leggi di guerra, il Sud Africa non ha alcuna una possibilità di far valere le sue accuse di genocidio contro Israele, dato che l’intero “spettacolo” messo in piedi alla Corte Internazionale di Giustizia non è altro che una trovata politica progettata per infangare il nome di Israele utilizzando un linguaggio che suona giuridico per riciclare parole d’ordine anti-israeliane.

Ma molte delle argomentazioni avanzate giovedì dagli avvocati del Sud Africa erano così pretestuose da rimuovere ogni velo di serietà a cui avrebbero potuto aggrapparsi.

Fin dall’inizio, il Sudafrica aveva in realtà solo due argomenti su cui basarsi che avevano un qualche remoto valore giuridico, ma senza nemmeno sognarsi di avere qualche possibilità di dimostrare effettivamente un “genocidio”.

I due argomenti erano: che alti rappresentanti israeliani avevano fatto dichiarazioni orrende (molte delle quali non avrebbero mai dovuto essere pronunci

ate ed erano moralmente condannabili, anche se giuridicamente insignificanti) le quali teoricamente (in mancanza di controprove) avrebbero potuto essere usate per arguire un intento genocida; e che nel corso delle operazioni militari della controffensiva delle Forze di Difesa israeliane nella striscia di Gaza sarebbero morti 23.000 palestinesi, circa il 60% dei quali civili (presumibilmente non combattenti).

Se il Sud Africa si fosse attenuto a queste argomentazioni (di per sé degne di discussione), qualsiasi giudice serio le avrebbe comunque respinte perché nessuna delle dichiarazioni fatte da quegli esponenti pubblici rappresentava una politica ufficiale né una dichiarazione legale, erano perlopiù opera di funzionari senza reale influenza decisionale sulla conduzione della guerra e quelle pronunciate da funzionari-chiave possono essere facilmente lette nel loro contesto come affermazioni metaforiche o iperboliche. Inoltre, Israele ha prodotto numerose prove pubbliche del fatto che ha impegnato enormi risorse (e sottoposto a gravi rischi i suoi stessi soldati) allo scopo di evitare il più possibile vittime civili palestinesi, e ha riconosciuto e spiegato gli errori, quando si sono verificati come accade in tutte le guerre.

Clicca per ingrandire (da: Corriere della Sera)

Ma il Sudafrica non ha potuto trattenersi. E’ andato avanti con una serie di argomentazioni che hanno messo in luce una visione del mondo anti-israeliana che non ha alcun collegamento con le leggi di guerra, per non parlare della Convenzione sul Genocidio.

Ha anche ignorato diversi fatti cruciali che avrebbe dovuto affrontare chiunque tentasse di dimostrare un singolo crimine di guerra, per non parlare della soglia ancora più alta dell’estremo crimine di guerra di genocidio sistematico.

Ecco un elenco di alcuni dei casi più clamorosi

Il Sudafrica non ha menzionato l’uso sistematico da parte di Hamas come scudi umani della popolazione civile palestinese e di luoghi civili come scuole, moschee, ospedali ed edifici delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti e vari paesi europei hanno già condannato Hamas per questo. Persino la Corte Penale Internazionale ha rilasciato dichiarazioni in cui riconosce implicitamente che Hamas ha agito in questo modo, cosa che a suo tempo ha parzialmente limitato le sue accuse a Israele sulla corretta applicazione del principio di proporzionalità, accuse che, anche nel peggiore dei casi, sono ben lontane dall’accusa di genocidio.

Il Sudafrica si è aggrappato a precedenti argomenti usati nella causa del 2004 davanti alla Corte Internazionale di Giustizia contro la legalità della barriera di sicurezza israeliana in Cisgiordania, affermando che Israele non ha diritto di autodifesa perché è un occupante che agisce in territorio palestinese. Teoria discutibilissima, ma quand’anche non lo fosse, comunque in questo caso il 7 ottobre c’è stato un eclatante “attacco armato” di Hamas che ha invaso 22 città e villaggi all’interno del territorio israeliano uccidendo 1.200 israeliani, per lo più civili, e lanciando più di 3.000 razzi sulle comunità civili all’interno di Israele. Quindi, pur ammettendo la sentenza del 2004 che Israele all’epoca respinse, anche secondo la logica di allora della Corte Internazionale di Giustizia, oggi nel 2023 non c’è dubbio che Israele avesse pieno diritto di contrattacco come parte del suo diritto all’autodifesa.

Il Sud Africa ha affermato che Israele sta colonizzando Gaza, ma non ha fornito prove. Ovviamente non ha fornito prove, perché non è così. È vero che alcuni ministri, che non fanno parte del gabinetto di guerra decisionale composto da cinque membri, vagheggiano di reinsediare israeliani Gaza. Ma il gabinetto di guerra, il primo ministro Benjamin Netanyahu, tutte le prese di posizione politiche e legali ufficiali nonché la visione delle cose reali sul terreno mostrano che non c’è stato il minimo tentativo di insediare ebrei a Gaza. Israele ha dibattuto l’eventuale necessità (futura) di una limitata fascia di sicurezza dove possano stare di guardia solo dei soldati. Ma è chiaramente tutt’altra cosa, e anch’essa non è qualcosa che sia già accaduta e probabilmente richiederebbe un ampio consenso da parte degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali.

Nella vignetta di Guy Morad, Israele sul banco degli imputati alla Corte Internazionale di Giustizia: “Cosa avete da dire in vostra difesa?”

In un momento di particolarmente obnubilamento, un avvocato sudafricano ha sostenuto che l’avvertimento lanciato dalle Forze di Difesa israeliane ai palestinesi a metà ottobre di sgomberare il nord di Gaza entro 24 ore era di per sé un crimine di guerra. In realtà, avvertire i civili di evacuare quando si intende attaccare un’area è un obbligo previsto dalle leggi di guerra. Non c’è alcuna disposizione nelle leggi di guerra che imponga un preavviso superiore a 24 ore, ed esiste uno smisurato numero di esempi in cui è stato concesso un tempo inferiore. Questo senza nemmeno menzionare il fatto che le Forze di Difesa israeliane non hanno effettivamente attaccato fino a una settimana e mezza dopo l’avvertimento iniziale, e in seguito hanno dato ulteriori avvertimenti ed estensioni che andavano certamente al di là degli obblighi minimi stabiliti dalle leggi di guerra.

In effetti, la stragrande maggioranza dei circa 1,4 milioni di persone del nord della striscia di Gaza sono state sgomberate con successo, utilizzando orari e zone garantiti dalle Forze di Difesa israeliane. Domanda: ci sono stati qua e là degli errori quando Hamas ha attaccato i militari israeliani da aree dove i civili palestinesi stavano evacuando, verosimilmente proprio allo scopo di costringere le forze israeliane a combattere con i civili presi nel mezzo di uno scontro a fuoco? Probabilmente sì. Ma gli errori non sono un crimine di guerra e certamente non un genocidio, e l’avvertimento di sgomberare è l’opposto del genocidio.

Ci sono alcuni interessanti interrogativi sulla questione se fosse legale per Israele non fornire acqua ai palestinesi nei primissimi giorni di guerra, dopo i quali Israele ha assicurato la fornitura di acqua. Ma queste sono questioni complesse poiché, in genere, le leggi di guerra si riferiscono al permesso a una terza parte di fornire acqua ai civili, non all’obbligo di una parte impegnata nelle ostilità di fornire direttamente acqua alla parte ostile. Certamente, nessuno potrebbe sostenere che Israele abbia commesso un genocidio se per alcuni giorni non ha direttamente fornito acqua a Hamas subito dopo che il gruppo terroristico aveva perpetrato l’attacco con carneficina di civili del 7 ottobre, mentre successivamente per tutta la guerra Israele ha facilitato l’approvvigionamento idrico.

Allo stesso modo, ci sono stati alcuni casi specifici in cui, secondo il Sudafrica, Israele avrebbe negato l’ingresso di assistenza umanitaria in alcuni ospedali specifici, come l’8 gennaio. Una fonte delle Forze di Difesa israeliane ha affermato di non essere a conoscenza del caso specifico, ma ci sono stati casi in cui le forze israeliane hanno dovuto ritardare la consegna di aiuti a ospedali o altri siti a causa dei combattimenti in corso con Hamas nell’area. Questa non è una violazione delle leggi di guerra, quanto piuttosto una precauzione standard di sicurezza. La controprova è l’enorme numero di volte in cui Israele ha invece agevolato la consegna degli aiuti. Quand’anche Israele in alcuni singoli casi avesse commesso errori con la consegna degli aiuti, o le sue procedure di sicurezza avessero richiesto troppo tempo, si tratterebbe di singoli errori in tempo di guerra, non di crimini di guerra, e certamente niente di simile a un genocidio.

In modo ancora più bizzarro, il Sudafrica ha sostenuto che Israele ha commesso un genocidio perché non ha fornito carburante. Ovviamente nelle leggi di guerra non c’è nulla riguardo a un obbligo di fornire carburante al nemico, e i più seri avvocati e giudici internazionali converrebbero che sarebbe impensabile pretendere che Israele lo facesse quando Hamas utilizza il carburante per continuare a lanciare ogni giorno decine, quando non centinaia, di razzi sulle comunità civili all’interno di Israele.

In realtà, sottesa a tutto questo c’era la dichiarazione di apertura dell’arringa del Sud Africa che accusa Israele di crimini contro i palestinesi non solo dal 1967, come fanno alcuni critici in buona fede anche se disinformanti, ma a partire sin dal 1948 (anno di nascita di Israele). In altre parole, il Sud Africa ha implicitamente messo in discussione il diritto di Israele a esistere (e difendersi) come stato ebraico indipendente. Questa posizione è probabilmente l’unica che dà un senso, per quanto esecrabile, alla bizzarra performance del Sudafrica all’Aja.

(Da: Jerusalem Post, 11.1.24)