Finita per sempre la battaglia di Yona

Da nove anni era l'israeliano più gravemente ferito da un attentato terrorista palestinese.

image_717Yona Malina, 38 anni, l’israeliano che era stato più gravemente ferito da un attentato terrorista palestinese commesso dopo l’inizio del processo di pace, è deceduto lunedì nel centro medico Shiba di Tel Hashomer, dopo un rapido peggioramento delle sue condizioni di salute nelle ultime due settimane.
Malina, sopravvissuto a stento a un attentato suicida a Gerusalemme nel 1996, da allora era rimasto completamente paralizzato dal collo in giù e poteva comunicare soltanto con il movimento dei muscoli del viso. Quando le sue condizioni hanno iniziato ad aggravarsi, Malina ha chiesto al suo legale di impedire ai medici di attaccarlo ad altre macchine da rianimazione. Dopo il suo ricovero, nonostante l’aggravamento delle sue condizioni, i medici dello Sheba Medical Center hanno deciso di non collegarlo alla macchina per la dialisi. Malina è deceduto mentre era ancora connesso alla respirazione e all’alimentazione artificiale. Nove anni fa l’Alta Corte aveva deliberato a favore della richiesta di Malina di essere curato in un appartamento privato a Kiryat Ono, nei pressi dell’ospedale.
“Yona amava immensamente il suo paese – ha dichiarato il suo legale – Ci si poteva aspettare che, dopo la spaventosa sorte che gli era toccata, potesse voltare la spalle a questo paese, e invece fece esattamente il contrario. Voleva vivere qui e ha voluto morire qui”.
Nato a Bratislava (Cecoslovacchia), dove i suoi genitori si erano rifugiati ai tempi della Shoà per poi celare la loro identità ebraica durante gli anni dell’occupazione nazista e del regime comunista, Yona Malina, che parlava nove lingue, aveva riscoperto le sue origini negli anni ‘80 ed era poi immigrato da solo in Israele dalla Svizzera, dove la famiglia nel frattempo si era trasferita. Stava recandosi a lezione di ebraico all’Università di Gerusalemme quando venne così atrocemente colpito dall’attacco terroristico che devastò per sempre la sua vita.
La madre, Eva, ha ricordato che durante la sua permanenza in Svizzera, dopo l’attentato, tutto quello che Yona desiderava era di morire, ma cambiò stato d’animo quando vennero a visitarlo degli amici da Israele. “La svolta avvenne quando cominciò a pensare di poter tornare a casa, in Israele. Da allora ha continuato a lottare per vivere”.

(Da: YnetNews, Jerusalem Post, 30.05.05)