Al di là di politica e ideologia : la mascolinità tossica di Hamas e i suoi crimini contro l’umanità

Femminista israeliana rivendica il diritto di combattere “non solo per se stesse ma per il futuro del mondo libero". In Italia, un appello contro i femminicidi di massa: “non si può tacere” (ma c’è anche la “giornalista” che getta discredito sulle donne stuprate)

Shlomit Aharoni Lir, autrice di questo articolo

Una dimensione spesso trascurata delle ignobili azioni di Hamas è la perpetuazione di una mascolinità tossica alimentata da nazionalismo, sciovinismo e da distorte interpretazioni religiose.

È fondamentale comprendere che Hamas è un’organizzazione gestita e composta solo da uomini, che commettono crimini atroci contro l’umanità come l’assassinio di civili israeliani compresi neonati e anziani, lo stupro di donne e la tortura di innocenti, come si è visto lo scorso 7 ottobre.

Comprendere il terrorismo di Hamas come espressione di mascolinità tossica aiuta a mettere in luce il fatto che i suoi atti violenti non affondano le loro radici nella politica o in una lotta per i diritti, ma scaturiscono da una avvelenata ricerca di potere assoluto e irremovibile sottomissione, orchestrati da uomini traviati, guidati da odio e ferocia.

Come attivista per la pace, ho dedicato anni a promuovere una significativa partecipazione delle donne di ogni ceto sociale agli affari pubblici e ai colloqui di pace. Ciò ha comportato l’impegno in negoziati e iniziative, come richiesto dalla Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza, per garantire l’integrazione delle esperienze e delle prospettive delle donne in qualsiasi futura risoluzione dei conflitti.

Ma l’orrore degli eventi del 7 ottobre mi ha ricordato che non si può parlare di pace con chi nega la nostra stessa esistenza concreta.

Le organizzazioni mondiali delle donne, nella vignetta di Guy Morad

È fondamentale ricordare che le azioni terroristiche di Hamas e le sue convinzioni fondamentali mettono a repentaglio non solo la percezione dell’uguaglianza di genere o dei diritti LGBT, ma anche la sicurezza del mondo libero.

Questa battaglia non riguarda il territorio di Gaza, che è un territorio autonomo non occupato. E’ una guerra alimentata da una fede tossica nella supremazia nazionale e maschile, che porta a perpetrare atti barbarici che sfidano i principi fondamentali dell’universalismo e dell’umanesimo.

Non riuscendo a vedere che il male è il male è il male (non vedere il male quando si presenta come tale ndr), coloro che oggi esprimono solidarietà a Hamas potrebbero diventare domani le sue future vittime. Se sopravvivranno, alla fine potranno raccontare il loro disinganno e la loro falsa coscienza, allo stesso modo di come il libro Il Dio che ha fallito raccontò il disinganno nei confronti dell’Unione Sovietica in seguito allo sperpero di milioni di vite ad opera di Stalin.

È imperativo che la comunità internazionale e coloro che stanno dalla parte dell’umanità sostengano Israele nel recuperare le persone rapite come ostaggi. È anche necessario capire che permettere ai palestinesi di considerarsi esclusivamente come vittime è parte del problema, non della soluzione. È tempo di riconoscere le responsabilità dei palestinesi per la loro situazione, incluso il consenso tributato a Hamas e i ripetuti rifiuti degli sforzi di pace.

Io credo che se le donne governassero il mondo nessuna di queste atrocità si sarebbe verificata. Ma dobbiamo affrontare una realtà che vede i nostri vicini – almeno per ora – promuovere un ambiente di mascolinità tossica basato sulla massima ferocia della forza bruta.

Come femminista e come attivista per la pace, mi rendo conto e continuo a pensare che a volte per promuovere la pace, la giustizia e l’uguaglianza si deve essere disposti ad andare in guerra e a vincerla, non solo per se stesse ma per il futuro del mondo libero.

(Da: YnetNews, 12.11.23)

Non si può restare in silenzio: l’appello per dichiarare “femminicidio di massa” la strage del 7 ottobre

Durante l’attacco di Hamas a Israele, le donne non sono state uccise come gli altri civili: le violenze seguivano un piano studiato per oltraggiarle. Un crimine di fronte al quale non si può rimanere indifferenti

Qui il testo completo dell’appello su Linkiesta, con i nomi dei firmatari e la possibilità di sottoscrivere

Qui il testo completo dell’appello sul sito La27esimaOra del Corriere della Sera, con i nomi dei firmatari e la possibilità di sottoscrivere

 

Giovanni Sallusti

Le assurde lezioni di giornalismo della Lucarelli sugli stupri di Hamas
di Giovanni Sallusti

Il 2024 debutta all’insegna del surrealismo spinto: Selvaggia Lucarelli dà lezioni di giornalismo al New York Times. No, niente postumi etilici del cronista, recatevi sulle pagine social della collega travaglina, e avrete un puro distillato di postmoderno. Penultimo post: “Le mie pagelle di Ballando”. Ultimo post: «Ho letto l’inchiesta del New York Times sugli stupri di Hamas e ho molte cose da dire». E con tutta l’autorevolezza di chi ha appena disquisito sulle piroette di Wanda Nara e Rosanna Lambertucci, vien da aggiungere, ragion per cui il coordinatore dell’inchiesta, il Premio Pulitzer Jeffrey A. Gettleman, starà passando nottate insonni, devastato dalla stroncatura lucarelliana.

Ora, non sappiamo perché Selvaggia abbia deciso di abdicare così spettacolarmente al principio di competenza, riponendo la paletta da giurata e addentrandosi nell’analisi del pogrom d’inizio millennio, ma sicuramente una come lei, che scorge potenziali femminicidi ogni volta che un becero maschio italico sfiora accidentalmente un ginocchio femminile, non potrà che gridare allo scandalo universale per le donne israeliane violate, seviziate, smembrate dai nazi-islamisti di Hamas. E invece, dopo il principio di competenza salta anche quello di non contraddizione.

(Clicca per ingrandire)

Certo, la neoanalista parte con la pseudoconcessione «ritengo plausibile che siano avvenuti degli stupri il 7 ottobre», che è un po’ come dire “ritengo plausibile che qualcuno non sia uscito vivo da quelle docce ad Auschwitz-Birkenau”. Però, anzitutto, il New York Times «ha una linea editoriale filoisraeliana», e a questo punto non sappiamo a quale New York Times si riferisca. Se è quello con sede a Manhattan, 620 8th Avenue, proprio no, è la Bibbia dell’America Woke e terzomondista a distanza, ha pubblicato caterve di editoriali critici col governo di Netanyahu, ha perfino utilizzato il lavoro di alcuni fotoreporter “locali” che sfoggiavano dichiarazioni di antisemitismo. Quindi, non c’è faziosità, al massimo c’è stata al contrario. Ma per Selvaggia non ci sono nemmeno «prove», solo «una confusa accozzaglia di testimonianze», con «l’aggravante che le fonti sono troppo spesso l’Idf (Forze di Difesa israeliane ndr) e foto o ricordi». Cioè: le testimonianze non bastano (curiosamente, proprio nel caso di donne ebree), i ricordi sono confusi, chissà se avevano i jeans o la minigonna, le foto potrebbero essere frutto di complotto giudaico-massonico, per non parlare dell’esercito dell’unica democrazia del Medio Oriente, certamente non affidabile come l’ufficio stampa di Hamas.

«Del resto», prosegue il crescendo dadaista, «sappiamo come è andata la storia dei bambini decapitati». Certo, c’erano, sono state ritrovate teste staccate dai corpicini; peraltro anche se i bimbi israeliani in quell’immane 7 ottobre fossero stati solamente sgozzati o uccisi da pallottole la profondità dell’abiezione non muterebbe di una virgola, vero Selvaggia? Niente, lei lamenta che «Israele organizza proiezioni sull’orrore a cui invita giornalisti amici», che è un po’ come lamentarsi che si organizzino proiezioni sull’Olocausto, è il culto della memoria improvvisamente selettiva, gli ebrei di ieri sì, gli ebrei di oggi no, non rompano con le immagini che documentano l’antisemitismo del 2024, si accontentino di una giornata all’anno per l’antisemitismo che fu. Perché l’obiettivo di tutta questa “propaganda splatter” rilanciata da quei sionisti incalliti del NYTimes è, udite udite, «deumanizzare il nemico».

Il nemico, torniamo un secondo alla realtà, è Hamas, è il totalitarismo islamista che vuole cancellare l’ebreo dalla faccia della Terra, è come l’Isis, sono le SS contemporanee. La giurata di prima serata non se ne rende conto, ma è come se s’indignasse perché qualcuno vuole “deumanizzare” Himmler, “deumanizzare” Al-Baghdadi, “deumanizzare” il lager o la teocrazia degli ayatollah. Non si deumanizza l’inumano, lo si combatte oppure si fa il suo gioco. Uno dei modi per farlo si chiama relativizzazione. E l’analista in ansia per la disumanizzazione degli stupratori coranici ce ne fornisce un esempio: «Tra l’altro lo stupro è orrore, ma le donne di Gaza, la loro psiche, i loro corpi, non se la passano meglio. Molte sono morte sotto le bombe, altre sono vedove». Ha ragione Selvaggia, e i colpevoli sono sempre loro, sì, proprio le «bestie inumane di Hamas». Oppure le migliaia di civili tedeschi sepolti dalle bombe erano colpa degli Alleati, che stavano combattendo il nazismo? Con chi sarebbe stata Selvaggia allora, con l’orrore antisemita o con la libertà? Meglio tornare alla paletta, va’.

(Da: Liberoquotidiano.it, 2.1.24)