Genocidio: i danni irreparabili di un’accusa totalmente infondata e irresponsabile

Sbandierare dappertutto l’accusa a Israele di genocidio sta alimentando un’ondata di odio di enormi proporzioni che mette in pericolo gli ebrei, ma anche i musulmani e tutti noi

Di Ben Lazarus

Ben Lazarus, autore di questo articolo

È diventata la parola d’ordine del movimento anti-israeliano, come dimostrano le dichiarazioni del presidente Lula in Brasile, il caso del Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia, la pagina X di Jeremy Corbyn, gli slogan gridati nelle piazze di tutto il mondo.

L’accusa a Israele di “genocidio” viene deliberatamente mossa per il suo impatto emotivo, ma è un’evidente assurdità e viene usata in modo sciaguratamente irresponsabile.

Sbandierare dappertutto l’accusa a Israele di genicidio sta alimentando un’ondata di odio di enormi proporzioni (il che può portare anche a massicce controreazioni, come la contromanifestazione di domenica in Brasile).

Quello che era iniziato come un atroce atto di terrorismo contro Israele viene manipolato e ribaltato, facendo ricorso a un linguaggio pericolosamente incendiario: una tendenza che mette in pericolo gli ebrei, ma anche i musulmani e tutti noi. Ci sta mettendo sulla strada verso un 1939.

Il mio auspicio e la mia preghiera è che si abbandonino immediatamente le invettive e la si smetta di usare parole così estreme che sono chiaramente sbagliate e hanno un portato incalcolabilmente pericoloso.

L’accusa di genocidio è una sciocchezza per almeno due ragioni: l’intenzione e i fatti.

In primo luogo “l’intenzione”. In base alla Convenzione internazionale, la definizione di genocidio richiede un chiaro intento, vale a dire “atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Ma Israele non ha iniziato questa azione, è Hamas che l’ha iniziata.

Percentuale di non combattenti sul totale delle vittime in alcune guerre moderne, singole o aggregate (grafico elaborato dall’autore, clicca per ingrandire)

In tutta la sua storia Israele non ha mostrato nessuna intenzione di compiere un genocidio, sin dalla sua Dichiarazione di Indipendenza in cui affermava che “…garantirà completa eguaglianza dei diritti sociali e politici a tutti gli abitanti indipendentemente da religione, razza, sesso; garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di educazione e di cultura; salvaguarderà i Luoghi Santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite”.

In una classifica globale annuale dei 30 paesi del mondo a più alto rischio di genocidio, o massacri di civili in massa, nel 2023/24 in termini di percentuale di rischio (elaborata da earlywarningproject, una stimata organizzazione indipendente il cui obiettivo è monitorare i rischi di potenziale genocidio), Israele non compare nemmeno nell’elenco: si colloca al 96esimo posto, sotto il Canada. Notare che il Sudafrica è al 30esimo posto.

E poi, i “fatti”. Odio di tutto cuore che vi siano perdite di vite umane innocenti da qualunque parte, e siamo tutti addolorati per le terribili immagini che vediamo nei notiziari. Ma le statistiche non mostrano alcun genocidio. La percentuale di civili, tra i morti a Gaza, è stimabile intorno al 64-66% del totale. E’ un dato inferiore alla media delle guerre moderne.

E questo, nonostante le circostanze incredibilmente difficili create da Hamas che ha deliberatamente spinto i combattimenti dentro aree densamente popolate, facendosi scudo dei civili. Per quanto Israele commetta errori, semplicemente non si tratta di genocidio (per inciso, se ci fosse un intento genocida da parte delle Forze di Difesa israeliane, i numeri sarebbero drammaticamente diversi).

(Da: Times of Israel, 26.2.24)