La crisi umanitaria a Gaza sarebbe evitabile (ma serve per accusare Israele)

Si è mai vista in qualche altra parte del mondo tanta insistenza perché i civili in fuga fossero costretti a rimanere in una zona di guerra anziché mettersi in salvo oltre confine?

Di Mitchell Bard

Mitchell Bard, autore di questo articolo

La difficile condizione degli abitanti di Gaza è dovuta, in primo luogo, all’invasione e al massacro di israeliani perpetrato da Hamas il 7 ottobre. Ora i palestinesi di Gaza stanno soffrendo perché vengono usati come scudi umani da Hamas, che ha bisogno della morte dei propri civili (come ha apertamente dichiarato ndr) mentre Israele prosegue la sua offensiva volta a debellare l’organizzazione terrorista jihadista che controlla la striscia di Gaza dal 2007.

Coloro che sono fuggiti, o hanno seguito le istruzioni israeliane di allontanarsi dai campi di battaglia, versano in difficoltà sempre più gravi per carenza di cibo, assistenza medica e rifugi adeguati. I palestinesi non combattenti rimasti uccisi nella guerra a Gaza sono migliaia (non sappiamo esattamente quanti perché il “Ministero della sanità” gestito da Hamas non distingue mai fra terroristi, civili e persone uccise dagli stessi terroristi, deliberatamente o per errore).

Eppure nessun civile morirebbe né soffrirebbe come accade adesso, se la comunità internazionale e l’amministrazione americana non insistessero a mantenere i palestinesi confinati all’interno della striscia di Gaza.

Si getta su Israele (che deve debellare la minaccia tuttora posta da Hamas e gruppi simili ndr) la responsabilità di alleviare la crisi umanitaria consentendo l’ingresso di più aiuti pur sapendo che una buona parte di questi vengono rubati da Hamas a vantaggio dei suoi combattenti. Invece di stare a guardare i civili palestinesi costretti in aree sempre più ristrette man mano che i combattimenti si allargano, si potrebbe semplicemente permettere agli sfollati di spostarsi di qualche chilometro e uscire dalla striscia di Gaza per passare nel Sinai egiziano, dove potrebbero essere allestiti campi ben organizzati con tutta l’assistenza umanitaria di cui hanno bisogno, e senza alcuna interferenza da parte di Israele.

Terroristi di Hamas si impadroniscono, armi in pugno, di camion di aiuti umanitari destinati alla popolazione civile nella striscia di Gaza

L’amministrazione di Washington ha insistito affinché l’Egitto permettesse ai palestinesi con cittadinanza americana di passare in Egitto, ma non ha fatto lo stesso per gli altri civili palestinesi facendo in questo modo il gioco di Hamas (che conta sulle sofferenze di quei civili per ottenere più aiuti da rubare e quel cessate il fuoco di cui ha disperato bisogno per riprendersi prima d’essere sconfitta: non a caso Ismail Haniyeh, uno dei capi di Hamas, si è apertamente complimentato con l’Assemblea Generale e con il Segretario Generale delle Nazioni Unit Antonio Guterres per i loro sforzi volti a imporre a Israele un cessate il fuoco permanente, ma quasi nessun grande organo di informazione ha riportato le sue dichiarazioni ndr).

Domanda: si è mai vista in qualche altra parte del mondo tanta insistenza perché i civili in fuga fossero costretti a rimanere in una zona di guerra anziché mettersi in salvo oltre confine? Si è forse insistito perché civili siriani e palestinesi fossero costretti a rimanere in Siria mentre infuriava la guerra civile, o non si fece proprio il contrario? Si è forse chiesto alla Giordania di respingerli e ributtarli in Siria? Si è forse chiesto alla Polonia di sbarrare i confini e tenere fuori gli ucraini in fuga?

Come al solito, per qualche motivo con i palestinesi ci si comporta in modo diverso. Sono gli unici ad avere un’agenzia delle Nazioni Unite dedicata esclusivamente ai loro profughi (l’Unrwa) che programmaticamente non fa che aggravare il problema moltiplicando il numero dei profughi di generazione in generazione, e consentendo che le sue strutture siano utilizzate dai terroristi che distruggono le loro vite. Gli stati arabi che oggi si atteggiano a difensori dei palestinesi sono gli stessi che hanno sempre rifiutato di concedere loro diritti di cittadinanza (ad eccezione della Giordania) e che li hanno relegati per decenni nei campi profughi sin da quando loro, o i loro genitori e nonni, fuggirono durante la guerra del 1947-49. Anche allora furono vittime dei loro fratelli arabi che all’epoca, come oggi Hamas, miravano ad annientare il nascente stato ebraico e i suoi abitanti ebrei.

Oggi gli sfollati palestinesi potrebbero spostarsi in Egitto, ma gli egiziani fanno tutto il possibile per impedirne l’ingresso, compresa la costruzione di nuovi muri. Non vogliono farsi carico della loro condizione. E poi sanno che molti di loro sono sostenitori di Hamas, un’organizzazione terrorista collegata a quei Fratelli Musulmani che da decenni cercano di prendere il controllo dell’Egitto.

(Da: jns.org, 20.12.23)

Scrive Ron Ben Yishai: Negli ultimi giorni Israele ha avanzato delle iniziative sulla questione degli ostaggi. Ma queste iniziative si sono scontrate con la posizione intransigente di Yahya Sinwar e della dirigenza di Hamas a Gaza, oltre a quella della Jihad Islamica Palestinese, che vogliono la fine completa dei combattimenti, il ritiro delle Forze di Difesa israeliane e, solo allora, l’avvio di negoziati per la scarcerazione di terroristi detenuti in Israele in cambio della liberazione degli ostaggi deportati a Gaza (tra cui donne, anziani e minorenni).

Le pretese di Hamas sono sideralmente lontane dalla proposta israeliana che prevedeva una tregua di una settimana, o poco più, e un aumento degli aiuti umanitari, oltre al rilascio di detenuti (compresi alcuni importanti pezzi grossi condannati per omicidio).

A quanto pare Sinwar e suo fratello Mohammed, che attualmente dettano la posizione di Hamas ai capi che stanno in Qatar, sono convinti di poter fermare la controffensiva militare israeliana grazie alle pressioni internazionali. I capi di Hamas in Qatar hanno quindi fatto eco a tale richiesta, quando sono arrivati al Cairo per colloqui insieme al capo della Jihad Islamica Palestinese, Ziad Nahala. Dal canto suo Israele ritiene che, se e quando Sinwar verrà eliminato, Hamas sarà costretta a cambiare posizione.
(Da: YnetNews, 21.12.23)