7 febbraio 2018

Abed al-Karim Adel Assi, il terrorista ricercato per l’assassinio lunedì vicino ad Ariel del rabbino Itamar Ben-Gal, è un cittadino israeliano 19enne di Giaffa (Tel Aviv), figlio di un palestinese di Nablus e di una israeliana di Haifa. Abbandonato dai genitori e con problemi di tossicodipendenza, Adel Assi ha trascorso gli ultimi anni vivendo per strada e in diversi istituti per giovani senzatetto. I servizi sociali israeliani hanno ripetutamente cercato di aiutarlo, ma nessuna delle soluzioni offerte è durata più di qualche mese. Adel Assi ha trascorso tre mesi in una casa-rifugio per adolescenti a rischio nel quartiere di Neve Tzedek, a Tel Aviv, gestito dall’organizzazione non-profit Shanti House, ma se andò quando il personale lo esortò a diradare le visite a suo padre a Nablus perché rischiava di essere strumentalizzato da elementi ostili. “Shanti House accoglie oltre 1.500 ragazzi all’anno senza distinzioni di religione, etnia o genere – ha detto a YnetNews Halit Levy, coordinatrice dell’istituzione – Qui ci sono ebrei, arabi, musulmani, cristiani, eritrei, etiopi, gay e lesbiche. Sono 50mila i ragazzi che sono passati da Shanti House e non abbiamo mai visto niente di simile”. Adel Assi ha trascorso anche sei mesi in un rifugio per senzatetto a Tel Aviv gestito dalla ong ELEM, e venne preso in cura dai servizi sociali di Haifa trascorrendo un certo tempo in varie case-rifugio sotto la supervisione del Ministero del welfare. In tempi recenti la pagina Facebook di Adel Assi si era riempita di elogi a Saddam Hussein e Ahed Tamimi, frasi inneggianti ai “martiri” e alla fine del sionismo e video con palestinesi che sparano in aria come sfoggio di forza. Martedì la madre ha lanciato un appello dicendo alla tv Canale 10: “Mio figlio non ha il diritto di colpire nessuno; condanno quello che ha fatto e lo esorto a consegnarsi perché quello che ha fatto non aiuterà nessuno, anzi, ha rovinato se stesso e tutto”. La madre ha anche detto che il figlio le venne portato via 40 giorni dopo la nascita: “L’ho rivisto solo 16 anni dopo e non potevo credere che fosse mio figlio”.