Ancora una volta, “ebreo discolpati”

Evidentemente al momento viviamo in un mondo capovolto

Di Miriam Feiler

Miriam Feiler, autrice di questo articolo

Ciò che Israele e le comunità ebraiche di tutto il mondo stanno sperimentando, a partire dal massacro del 7 ottobre, è un mondo alla rovescia, un’atmosfera in cui siamo costretti a dimostrare il nostro diritto di esistere, sia nella nostra patria ancestrale in Terra d’Israele sia come ebrei che vivono nella diaspora.

E’ dilagata per il mondo una narrazione piena di menzogne e di odio con l’obiettivo di cancellare ciò che siamo, per cosa ci battiamo, a cosa apparteniamo. Questa narrazione da universo parallelo, che oggi si è diffusa a macchia d’olio, è stata forgiata nel corso di decenni in modo subdolo e martellante da persone che vogliono semplicemente che gli ebrei scompaiano: da Israele e da ogni altra parte.

A quanto pare, nel mondo alla rovescia viene più facile odiare che amare.

In un mondo che non fosse capovolto, i popoli e i loro governi sarebbero rimasti profondamente scossi e ammutoliti dalla furia terrorista scatenata da Hamas il 7 ottobre, e avrebbero immediatamente condannato Hamas e i suoi complici in modo forte, netto e inequivocabile.

Il mondo avrebbe affermato con chiarezza che spetta ai responsabili dello spietato attacco del 7 ottobre (Hamas & co.) dimostrare che non sfruttano ospedali, scuole e abitazioni per le loro attività terroriste. Sarebbe stato inconcepibile pretendere che le vittime dell’attacco (gli israeliani) si mettessero ulteriormente in pericolo per fornire le prove di quegli abusi.

Manifestazione anti-Israele. Sul cartello: “Tieni il mondo pulito”, getta lo stato ebraico nella spazzatura

Le organizzazioni umanitarie avrebbero fatto tutto ciò che era in loro potere per localizzare rapidamente e assistere gli ostaggi israeliani deportati da Hamas a Gaza.

Le organizzazioni femminili avrebbero espresso profondo orrore, ripugnanza e compassione per le centinaia di donne e ragazze brutalizzate il 7 ottobre.

In un mondo non capovolto, tutti i finanziamenti (diretti e indiretti) alle organizzazioni terroristiche sostenute dall’Iran, come Hamas e Jihad Islamica, sarebbero stati immediatamente congelati. I capi di Hamas che vivono all’estero da milionari sarebbero stati arrestati.

In un mondo non capovolto, personalità e mass-media avrebbero espresso unanimemente shock e simpatia per gli israeliani uccisi, mutilati, sequestrati e deportati e si sarebbero fatti portavoce del messaggio che il terrorismo non deve trovare spazio né indulgenza in nessuna società.

Nelle principali città del mondo, centinaia di migliaia di persone sarebbero scese in piazza in modo unitario per esigere il rilascio degli ostaggi innocenti e la liberazione della Palestina da Hamas e dai suoi boss.

I campus universitari sarebbero stati luoghi in cui gli ebrei avrebbero potuto continuare a studiare e insegnare in serena sicurezza.

In un mondo non capovolto, la attivista filo-palestinese Gigi Hadid avrebbe utilizzato la sua piattaforma da 79 milioni di follower per denunciare la condizione dei palestinesi sotto i capi psicopatici e guerrafondai di Hamas a Gaza e la dirigenza dispotica e corrotta dell’Autorità Palestinese in Cisgiordania, e per esprimere la necessità che vengano soppiantati da una leadership moderata e pragmatica che cerchi davvero di costruire uno stato palestinese vitale e pacifico accanto al suo vicino, Israele.

Ma evidentemente, al momento viviamo in un mondo alla rovescia. È tempo che tutti decidano se vogliono vivere in un mondo capovolto in cui viene più facile odiare che amare.

(Da: Times of Israel, 29.11.23)

Clifford D. May

Scrive Clifford D. May: “Hamas ha individuato qualcosa, nel mondo moderno, che ha fatto sì che le più grandi manifestazioni a livello globale, invece d’essere contro le sue atrocità e la deportazione di ostaggi, si tengono contro la vittima, Israele”. Lo ha scritto il pluripremiato storico Andrew Roberts in un articolo significativamente intitolato “Ciò che rende Hamas peggiore dei nazisti”. Non pochi leader europei impersonano questo “mondo moderno”.

In una dichiarazione in cui non nomina nemmeno una volta Hamas, il primo ministro irlandese Leo Varadkar ha parlato del rilascio di Emily Hand, una bambina israeliana-irlandese di nove anni che era stata rapita dai terroristi jihadisti palestinesi, dicendo: “Un giorno di enorme gioia e sollievo. Una bambina innocente che era perduta è stata ora ritrovata ed è tornata”. Perduta e ritrovata? Cosa crede, che Emily si fosse persa allontanandosi da un gruppo di boy scout in gita e che sia stata trovata da un pastore gentile?

Al valico di Rafah tra striscia di Gaza ed Egitto, mentre passavano i rifornimenti, il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha ammonito: “Se l’Unione Europea non riconosce lo stato indipendente di Palestina, la Spagna prenderà da sé la decisione”. Se Pedro Sanchez non capisce che farlo in questo momento significa ricompensare Hamas per le atrocità che ha commesso, allora è uno di quelli che i sovietici definivano “utili idioti”.

Melbourne (Australia), 29 novembre. In alto a sinistra, manifestanti pro-palestinesi bloccano l’ingresso in albergo di una delegazione di famigliari di ostaggi israeliani rapiti e deportati da Hamas a Gaza

Sempre a Rafah, il primo ministro belga Alexander De Croo ha proclamato: “L’unica via d’uscita da questo conflitto è il dialogo”. E su cosa immagina che si possa impostare il dialogo con Hamas? Sul fatto che accetti di mandare i suoi squadroni della morte in Israele solo in determinate festività ebraiche, magari fra un “cessate il fuoco umanitario” e l’altro? O forse Hamas chiederà agli israeliani di aumentare la quantità di elettricità che forniscono a Gaza dal momento che Hamas, concentrata com’è sullo stupro di ragazze e sulla decapitazione di bambini ebrei, non ha tempo per occuparsi di questioni così banali?

Vale la pena ricordare che la carneficina del 7 ottobre e questa guerra imposta a Israele sono state precedute proprio da un dialogo. Nel 1988 un tribunale israeliano condannò Yahya Sinwar a quattro ergastoli per una serie di omicidi sia di israeliani che di palestinesi. Nel 2011 Sinwar venne scarcerato come uno degli oltre 1.000 terroristi palestinesi rilasciati nell’ambito del ricatto per la liberazione di un solo israeliano, il soldato Gilad Shalit, sequestrato e tenuto in ostaggio a Gaza per più di cinque anni. Da quel momento la carriera del signor Sinwar è decollata. Nel 2017 è diventato il capo di Hamas a Gaza. Oggi è ritenuto una delle menti dietro al massacro del 7 ottobre.

(Da: Israel HaYom, 30.11.23)