Israele, dove l’archeologia è notizia da prima pagina

Una "città" vecchia di 9.000 anni, il palazzo dei cananei a Tel Hazor, la chiesa bizantina nella Betsaida del Vangelo, una delle più antiche moschee rurali del mondo e le mura “ciclopiche” della città di Golia

Scavi nella città di Gat, la città di Golia (clicca per ingrandire)

Colossali strutture nell’antica città di Gat potrebbero spiegare l’origine della storia di Golia. Archeologi israeliani hanno scoperto resti più antichi e impressionanti di quelli finora rinvenuti nella città filistea di Gat, dove nacque e visse il gigante guerriero Golia del racconto biblico. Scavi precedenti nel sito, noto come Tell es-Safi, avevano portato alla luce rovine risalenti al IX e al X secolo a.e.v., ma la nuova scoperta suggerisce che la città di Gat fosse al suo apice nell’XI secolo a.e.v., l’epoca in cui si colloca la celebre storia di Golia, il guerriero filisteo che David di Betlemme, destinato a diventare il secondo re d’Israele e Giuda, sconfisse in un celeberrimo duello (1 Samuele 17) Insieme a Gaza, Ashkelon, Ashdod ed Ekron, Gat fu una delle cinque città filistee fino alla sua caduta intorno all’830 a.e.v per mano del re arameo Hazael. Gli archeologi sapevano da decenni che Tell es-Safi conteneva le rovine del luogo di nascita di Golia, ma la recente scoperta sotto un sito preesistente rivela che la sua città natale era un luogo di imponenza architettonica ancora maggiore della Gat di un secolo dopo. Secondo Aren Maeir, il professore del Dipartimento di archeologia dell’Università Bar-Ilan che ha diretto gli scavi, i reperti offrono una possibile spiegazione del resoconto biblico che parla di giganti come Golia, a cui non corrispondono evidenze archeologiche. “Non vi sono scheletri di persone più alte dei cestisti della NBA” sorride Maeir, ma il mito riportato nella Bibbia potrebbe rispecchiare il modo in cui una società ha espresso allegoricamente i successi dei suoi antenati, interpretati alla luce delle imponenti strutture che si erano lasciati alle spalle. “A quel tempo Gat era la città più grande della Paese e sembra che avesse architetture molto impressionanti – continua Maeir – I filistei erano la cultura dominante nella regione politicamente, militarmente e forse anche culturalmente”. Il ricordo di quel dominio, spiega Maeir, accompagnato dalla presenza dei resti fisici di quella società, deve aver ispirato la tradizione secondo cui gli abitanti di Gat erano giganti, un tema che appare anche in altri racconti biblici. “Quando la gente vede i resti di un’architettura molto impressionante, si domanda: come può essere stata costruita? E a volte una delle spiegazioni che si dà è: deve essere opera di giganti del passato”. Maeir, che studia il sito Tell es-Safi da 23 anni, ha trovato resti impressionanti di varie culture, ma in particolare nella città di Gat. “Finora – dice – pensavamo fosse la più grande delle città filistee nel X e IX secolo a.e.v., ma la scoperta che abbiamo ora può indicare che era la più grande già dall’XI secolo”.
(Da: Jerusalem Post, 26.7.19)

Vista laterale della scalinata del palazzo di Hatzor. Si noti la forma delle lastre di basalto, tagliata per adattarsi al gradino successivo (clicca per ingrandire)

Una scalinata di 3.500 anni fa nel palazzo di Tel Hatzor. Archeologi dell’Università di Gerusalemme hanno scoperto, nel sito archeologico di Tel Hatzor, una rara scalinata ben conservata appartenente a un palazzo risalente a 3.500 anni fa. Si ritiene che il palazzo sia stato distrutto dall’incendio che devastò la città cananea di Hatzor, descritto nella Bibbia nel quadro della conquista di Israele (Giosuè 11, 10-13). La scala, non ancora completamente portata alla luce, conduceva probabilmente dal cortile selciato sino all’ingresso principale del palazzo, che comprendeva mura alte oltre due metri (anch’esse conservate). La scala, fatta in lastre di basalto, è larga 4,5 metri. Gli scavi ad Hazor sono guidati dai ricercatori dell’Università di Gerusalemme Amnon Ben-Tor e Shlomit Bechar, nell’ambito di un progetto intitolato alla memoria di Yigal Yadin, che guidò la prima spedizione nel sito nel 1955. “La scalinata – spiega Bechar – ci parla del potere del palazzo stesso, che deve ancora essere portato alla luce, e dello splendore che lo caratterizzava, ancora tutto da scoprire”. Ben-Tor e Bechar sono affiancati da decine di studenti e volontari da Israele ma anche da Francia, Regno Unito, Germania, Spagna, Stati Uniti, Canada, Finlandia, Australia e Cina. Tel Hatzor è considerato il sito archeologico più grande e importante d’Israele ed è riconosciuto dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.
(Da: Jerusalem Post, 25.7.19)

Pavimentazione a mosaico della chiesa di epoca bizantina di el-Araj, uno dei siti che potrebbero essere l’antica Betsaida (clicca per ingrandire)

Una chiesa bizantina sopra quella che potrebbe essere la casa degli apostoli Pietro e Andrea. Recenti scavi in Galilea hanno portato alla scoperta dei resti di un’antica chiesa che sarebbe sorta nel luogo dove si trovava la casa degli apostoli Pietro e Andrea. Lo ha annunciato il direttore dello scavo, Mordechai Aviam, del Kinneret Academic College, sulle rive del Kinneret o Lago di Tiberiade (nel nord di Israele), spiegando che l’attuale stagione di scavi ha confermato che l’ipotesi che la vicina el-Araj corrisponderebbe al sito di Betsaida, il villaggio di pescatori dove nacquero Pietro e suo fratello Andrea secondo il Vangelo di Giovanni. La chiesa bizantina, dice Aviam, è stata trovata vicino ai resti di un insediamento di epoca romana corrispondente alla posizione di Betsaida per come è descritta dallo storico ebreo-romano del I secolo e.v. Giuseppe Flavio. La chiesa appena scoperta, aggiunge, corrisponde al resoconto di Willibald, il vescovo bavarese di Eichstaett che visitò la zona intorno al 725 e.v. e riferì che a Betsaida era stata costruita una chiesa sul sito della casa di Pietro e Andrea. Secondo Willibald, continua Aviam, Betsaida si trovava tra i siti biblici di Cafarnao e Kursi. “Finora abbiamo scavato un po’ meno di un terzo dell’edificio, ma è una chiesa e questo è certo – ha dichiarato Aviam alla AFP – La pianta è quella di una chiesa, le date sono bizantine, i pavimenti a mosaico sono tipici, così come il perimetro del coro. Tra Cafarnao e Kursi c’è un solo posto dove è stata descritta una chiesa dal visitatore nell’VIII secolo, ed è questa: l’abbiamo scoperta”. Tuttavia el-Araj, noto in ebraico come Beit Habeck, non è l’unico sito candidato come il luogo dove sorgeva l’enigmatica Betsaida. A circa due chilometri di distanza, in località e-Tell, sono in corso scavi dal 1987 e, stando al sito web del National Geographic, sono state portate alla luce importanti fortificazioni del IX secolo a.e.v. insieme a “case di epoca romana con attrezzature da pesca, compresi ami e ancore di ferro, nonché i resti di quello che potrebbe essere un tempio romano”. Ma Aviam è convinto che lui e il suo team internazionale, con il professor R. Steven Notley del Nyack College di New York City come direttore accademico, stanno scavando nel posto giusto. “Abbiamo un villaggio romano – dice Aviam – Nel villaggio abbiamo ceramiche, monete, anche vasi di pietra che sono tipici della vita ebraica del primo secolo: quindi ribadiamo l’idea che el-Araj è un candidato molto migliore come Bethsaida di e-Tell, che viene scavato da 32 anni, mentre noi abbiamo iniziato a scavare due anni fa perché pensavamo che fosse un posto migliore e ora ne abbiamo le prove”. Notley, intervistato dal quotidiano Ha’aretz, è un po’ più cauto e dice che l’argomento decisivo arriverà se lo scavo completo della chiesa di el-Araj rivelerà un’iscrizione. “Sarebbe normale trovare un’iscrizione in una chiesa del periodo bizantino, che descrivesse ad esempio in memoria di chi venne eretta”, conclude Notley.
(Da: Times of Israel, 19.7.19)

La moschea rurale del VII-VIII secolo e.v. presso Rahat (clicca per ingrandire)

Nella città beduina di Rahat, una delle più antiche moschee in Terra d’Israele. La Israeli Antiquities Authority ha annunciato d’aver scoperto i resti di una delle più antiche moschee rurali del mondo nella città beduina di Rahat (nel sud di Israele). “Abbiamo scoperto i resti di una moschea all’aperto – hanno affermato gli archeologi Jon Seligman e Shachar Zur, incaricati degli scavi – Un edificio rettangolare con un semicircolare mihrab (nicchia di preghiera) rivolto a sud-sud-est verso la Mecca”. Secondo i ricercatori, si tratta di una scoperta rara, soprattutto perché si trova a nord della città israeliana di Beer Sheva “dove non erano stati scoperti altri edifici di questo tipo”. “La scoperta di una moschea nei pressi di un insediamento agricolo tra Beer Sheva e Ashkelon – spiega il professor Gideon Avni, un esperto di quel periodo che lavora per la Israeli Antiquities Authority – indica i processi di cambiamento culturale e religioso che il paese subì durante il passaggio dal periodo bizantino al primo periodo islamico. Si tratta di una delle più antiche moschee risalenti al periodo dell’avvento dell’islam, successivo alla conquista araba del 636 e.v. Le grandi moschee di quel periodo servivano grandi città come Gerusalemme e la Mecca, ma qui abbiamo testimonianza di un luogo di culto che serviva i contadini della zona”. Sebbene la conquista araba della Terra d’Israele abbia avuto luogo nel 636, l’islam divenne la religione predominante solo nel IX secolo. Altri resti scoperti durante gli scavi permettono, secondo Avni, di “capire meglio la storia del paese durante quel tumultuoso periodo”: una fattoria risalente al periodo bizantino (tra il VI e il VII secolo e.v.) e case risalenti all’inizio del periodo islamico (tra il VII e l’VIII secolo e.v.). Abitanti beduini della regione, così come altri giovani delle località vicine, hanno contribuito agli scavi nel quadro di un ampio progetto varato negli ultimi anni dall’Autorità per le Antichità. Le scoperte sono state fatte durante scavi preventivi condotti nel luogo dove la città beduina di Rahat sta per costruire un nuovo distretto. Attualmente l’Authority per lo sviluppo delle località beduine nella regione del Negev e la Israeli Antiquities Authority stanno discutendo della possibilità di integrare i reperti archeologici nel nuovo quartiere.
(Da: jerusalemonline, Times of Israel, 18-22.7.19)

Il grande insediamento del periodo neolitico scoperto all’incrocio di Motza, vicino a Gerusalemme (clicca per ingrandire)

Vicino a Gerusalemme, una “città” preistorica a cavallo fra paleolitico e neolitico. Appena fuori Gerusalemme gli archeologi hanno portato alla luce un insediamento risalente a 9.000 anni fa, con tanto di strumenti e manufatti, grazie a una stagione di scavi avviata dopo che degli operai avevano scoperto il sito mentre lavoravano a un nuovo accesso alla capitale israeliana. Gli archeologi hanno scavato il sito per un anno e mezzo portando alla luce strade, luoghi di sepoltura e oggetti di commercio che danno preziose indicazioni su come operava la società in epoca neolitica. “La cultura materiale era molto ricca, il che potrebbe indicare che l’abitato era ben organizzato da capi politici ed economici” ha detto al Jerusalem Post il direttore dello scavo, Hamoudi Khalaily. Grandi famiglie allargate vivevano insieme in quartieri designati, sparsi per tutta la città, spiega Jacob Vardi, un altro responsabile scientifico del sito. L’infrastruttura stradale fa pensare a una pianificazione prima della costruzione delle case. Secondo gli archeologi, la città è esistita per circa 1.500 anni come centro commerciale. Frecce e coltelli fatti di vetro vulcanico provenivano dal commercio con l’Anatolia, mentre gli strumenti di macinazione in basalto dimostrano i contatti con il Nord. Ossa di animali e scorte di semi mostrano l’utilizzo di bestiame e agricoltura. Altri segni, tuttavia, suggeriscono che per un certo periodo la società praticasse caccia e raccolta. Vardi ipotizza che l’insediamento sia passato da uno stile di vita all’altro, e che abbia conosciuto il suo apice nei suoi ultimi 300 o 400 anni. L’economia, spiega Vardi, iniziò a prosperare dopo l’adozione di animali domestici: “Quando ciò accadde, il sito divenne estremamente vasto: da circa un ettaro a 30 o 40 ettari”. I manufatti verranno esaminati da specialisti, in preparazione di una pubblicazione in quattro volumi. Poi i musei decideranno quali acquisire e mostrare al pubblico. Quelli restanti andranno alla Israel Antiquities Authority, che ha sponsorizzato lo scavo insieme a diverse università. “Abbiamo materiale per anni di ricerca”, conclude Vardi.
(Da: Jerusalem Post, 16.7.19)