Non ci sarà mai una Palestina “dal fiume al mare”

Uno slogan ingannevole che alimenta pericolose illusioni. Serve i disegni dei jihadisti e dei capi palestinesi che vivono di conflitto. Ma è delirante e imperdonabile quando viene urlato da studenti laici in Occidente

Di Todd L. Pittinsky

Todd L. Pittinsky, autore di questo articolo

Quando gli studenti protestano, spesso lo fanno nell’ingenua convinzione di poter rendere il mondo come pensano che dovrebbe essere urlandogli contro. Può trattarsi di un rito di passaggio che suscita tenerezza, persino ammirazione. Ma quando gli studenti gridano in massa “la Palestina sarà libera dal fiume al mare” (from the river to the sea, Palestine will be free), si tratta di qualcos’altro: qualcosa di pericoloso e persino letale.

Secondo alcune ricerche, molti degli studenti che gridano questo slogan non sanno nemmeno indicare con esattezza di quale “fiume” e di quale “mare” si stia parlando. Né sono in grado di indicarli su una mappa. In breve, non hanno la minima idea di cosa stanno effettivamente dicendo.

Ma Hamas lo sa bene. Hamas ha detto e ripetuto chiaramente, più e più volte, che “Palestina libera dal fiume al mare” è un appello per uno stato palestinese arabo musulmano che comprenda tutto il moderno Israele. Il che lo rende un esplicito appello per l’annientamento dello stato ebraico e il genocidio degli ebrei, cosa che Hamas ammette volentieri.

Non ci sarà mai una Palestina dal fiume (Giordano) al mare (Mediterraneo). Dunque, quale danno reale può derivare da studenti che a migliaia di chilometri di distanza urlano questa rivendicazione: una rivendicazione tanto insensata che persino Rashida Talib (nota congressista palestinese-americana anti-israeliana ndr) ha cercato di descrivere, abbastanza curiosamente, come un appello meramente “aspirazionale”?

In realtà, possono derivarne molti danni per le persone che vivono a Gaza, cioè le persone a nome delle quali i manifestanti sostengono di protestare.

“Palestina dal fiume al mare” è un appello per uno stato palestinese arabo musulmano che comprenda tutto il moderno Israele: un esplicito appello per l’annientamento dello stato ebraico e il genocidio degli ebrei

Quando gli islamisti urlano “Palestina dal fiume al mare”, non stanno facendo una dichiarazione politica: stanno esprimendo la volontà di morire da martiri pur di annientare gli ebrei. Nella loro mente, non stanno combattendo un conflitto sui confini: stanno combattendo una guerra santa. Se sono maschi e muoiono in quella guerra, nell’aldilà Allah concederà loro 72 vergini per farci esattamente quello che state pensando.

Quando studenti laici in Occidente gridano lo stesso slogan, non fanno che promuovere sciaguratamente un insieme di credenze religiose e un sistema statale teocratico al quale loro per primi non aderirebbero né si sottometterebbero mai. Ma, cosa ancora peggiore, ostacolano il progresso dei palestinesi alimentando la falsa speranza che un giorno uno stato palestinese rimpiazzerà lo stato ebraico, anziché coesistere al suo fianco. Il rifiuto della dirigenza palestinese di optare per la coesistenza anziché l’annientamento è stata, ed è, una delle principali cause delle sofferenze dei palestinesi da 76 anni.

Ai palestinesi fu offerta la possibilità di diventare uno stato con il piano di spartizione originario delle Nazioni Unite del 1947, con gli Accordi di Camp David del 1978, col vertice di Camp David del 2000, con le offerte israeliane del 2008. Il ritiro di Israele da Gaza nel 2005 fu un’altra opportunità per i palestinesi di iniziare a costruire uno stato, ma la vittoria di Hamas alle elezioni del 2006 (elezioni che Hamas non ha più permesso che si tenessero) e la sua violenta presa del potere a Gaza nel 2007 hanno portato a rilanciare in grande stile la “guerra santa” e la falsa speranza che un giorno l’intero Medio Oriente sarà judenrein “ripulito dagli ebrei”. Questo è ciò che di fatto invocano tanti studenti nelle piazze d’America e d’Europa. E se non se ne rendono conto, la loro ignoranza è voluta perché Hamas non ne ha mai fatto mistero.

Una versione soft dello slogan “dal fiume al mare” rivendica un “diritto al ritorno” per i palestinesi sfollati (e tutti i loro discendenti), che trasformerebbe da un giorno all’altro Israele in uno stato arabo musulmano. Per non parlare che, se i palestinesi hanno un diritto al ritorno, lo stesso dovrebbe valere per tutti gli ebrei (e loro discendenti) “etnicamente ripuliti” da Iraq, Egitto, Libia, Siria, Yemen, Marocco, Tunisia e altri paesi arabi a metà XX secolo.

Il punto, in ogni caso, e che quand’anche si concludesse che la Palestina dovrebbe estendersi dal fiume al mare, ciò non accadrà. Israele è forte ed è disposto a usare tutta la forza per difendere la propria esistenza.

È già abbastanza grave che la dirigenza palestinese abbia sprecato tutti questi decenni alimentando nei palestinesi questa falsa speranza. Ma almeno c’è una certa logica in questo comportamento: serve a mantenere al potere quel particolare gruppo dirigente (che si sostiene grazie al conflitto infinito).

Ma quando lo fanno gli studenti americani ed europei, è semplicemente delirante e imperdonabile. Sono moralmente colpevoli di condannare un’altra generazione di bambini palestinesi a vivere in uno stato di inutile povertà e sotto una feroce tirannia islamista, dilapidando la loro idea di futuro in una fantasticheria distruttiva e autodistruttiva.

(Da: Times of Israel, 22.12.23)