Offensiva di Assad sul Golan: sfide e pericoli per Israele

Nelle ultime settimane il regime si è lanciato alla conquista di diversi villaggi presso il Monte Hermon, una mossa che apre molte incognite

Di Seth J. Frantzman

Seth J. Frantzman, autore di questo articolo

Negli ultimi cinque anni Israele si è trovato sulla prima linea nella guerra civile siriana, mentre vicino al Golan si verificavano scontri armati tra gruppi ribelli e forze del regime di Bashar Assad. Nelle ultime settimane il regime ha lanciato un’offensiva secondaria volta a isolare e riconquistare diversi villaggi situati vicino al Monte Hermon (che sorge esattamente sul confine fra Siria e Israele). La manovra viene vista come la prima di una serie di mosse che porteranno sul confine israeliano le forze del regime e i suoi sostenitori Iran e Hezbollah, il che non può che suscitare preoccupazione in Israele. Ecco una breve carrellata dei principali problemi che Israele si troverà ad affrontare su questo fronte.

Profughi. Attualmente i gruppi ribelli controllano decine di villaggi che separano il Golan israeliano dall’area sotto controllo del regime di Damasco. Molti di questi si trovano in una zona coperta dall’accordo di cessate il fuoco sottoscritto lo scorso luglio da Stati Uniti, Russia e Giordania. Al momento, la presa dei ribelli risulta molto precaria nel villaggio di Beit Jinn e nei vicini villaggi di Mazra’at Beit Jinn e Mugh al-Mir, che si trovano in una piccola fascia di territorio controllato dai ribelli vicino al Monte Hermon. Questi villaggi sono già circondati su tre lati dal regime e dai suoi alleati. Se cadono, cosa che potrebbe accadere presto, alcuni dei feriti e dei civili dei villaggi potrebbero cercare riparo in Israele. Questo perché Israele ha già curato migliaia di siriani negli ultimi anni. Il totale fino al luglio scorso è stimato in circa 3.000 feriti e malati trattati, compresi 1.000 bambini. Costoro non hanno cercato di rimanere in Israele, ma la cosa potrebbe cambiare se si trovassero nell’impossibilità di tornare ai loro villaggi senza temere rappresaglie. Sembra che fra regime e alcuni gruppi ribelli siano in corso trattative e/o ultimatum. Tuttavia, anni di assistenza e aiuti da parte israeliana alle popolazioni di confine potrebbero aver lasciato il segno. Quando i villaggi cadranno nelle mani del regime, Israele dovrà monitorare cosa accade e stabilire una politica rispetto agli eventuali profughi in cerca di asilo.

Il villaggio di Beit Jinn, ai piedi del Monte Hermon. In tratteggio, il confine attuale fra Israele e Siria (clicca per ingrandire)

Terrorismo e ISIS. Mescolati ai gruppi ribelli sul versante siriano del Golan vi sono elementi di Hay’at Tahrir al-Sham, che in origine era al-Qaeda in Siria, conosciuto per un certo periodo come Fronte Nusra. Questa organizzazione jihadista potrebbe rappresentare una minaccia per Israele se pensasse di poter ridurre la pressione ostile del regime di Damasco coinvolgendo Israele nel conflitto. Il problema è che Hay’at Tahrir al-Sham non opera entro confini netti e non fa parte dell’accordo di cessate il fuoco sul Golan. Come tale può effettuare varie operazioni, come il bombardamento del villaggio druso di Khadr, controllato dal regime. Gli attacchi a Khadr hanno suscitato vivaci discussioni in Israele perché i drusi sul versante israeliano del Golan si sentono coinvolti dalla sorte dei loro correligionari in Siria e hanno chiesto a Israele di intervenire in loro difesa. C’è poi lo Stato Islamico, che controlla un’area del Golan meridionale vicina al confine con la Giordania. Si tratta di un gruppo affiliato all’ISIS chiamato Armata Khalid ibn al-Walid. Anch’esso non fa parte dell’accordo di cessate il fuoco, e ha trascorso gli ultimi anni a combattere i ribelli siriani anti-regime. Alla fine, le forze del regime o le forze ribelli cercheranno di eliminare questa sacca dell’ISIS, il che comporterà battaglie molto vicine alle forze israeliane. Finora c’è stato un solo scontro fra Israele e questo gruppo dell’ISIS, nel 2016. Ma i mutamenti sul terreno in Siria potrebbero favorirne altri.

Iran. Israele ha ripetutamente sottolineato la necessità di impedire all’Iran di stabilire in Siria basi permanenti (sue o di suoi surrogati sciiti, come Hezbollah), in particolare nei pressi del Golan. Il bastione di Hezbollah nel Libano meridionale si trova a pochi chilometri dall’enclave ribelle. Per Hezbollah, assicurare una linea di rifornimento fra la sua roccaforte libanese e la provincia siriana di Quneitra costituirebbe un grande vantaggio strategico contro Israele. Secondo l’agenzia di stampa araba con sede a Londra Asharq al-Awsat, a luglio Israele ha chiesto, via Mosca, che Assad mantenga le forze iraniane e affini ad almeno 40 km dal confine. Il 2 dicembre i mass-media del regime siriano hanno accusato Israele d’aver bombardato una base iraniana a Kiswah, a sud di Damasco: uno dei tanti raid spesso attribuiti a Israele da fonti siriane e di altri paesi. A novembre Russia, Stati Uniti e Giordania hanno rilanciato il cessate il fuoco nel sud-ovest della Siria. Inizialmente i mass-media israeliani avevano riferito che la Russia si era impegnata ad allontanare dal Golan le forze sostenute dall’Iran, ma successivamente lo stesso ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha smentito, affermando che la presenza iraniana in Siria è “legittima” perché l’appoggio dell’Iran è stato ufficialmente richiesto dal regime siriano. Dunque, qualsiasi mossa verso il Golan da parte del regime di Assad solleva la questione del ruolo che stanno giocando l’Iran e i suoi succedanei, aumentando le possibilità di tensioni e scontri.

Il Monte Hermon visto dall’altura di Bental, sul Golan israeliano, al confine con la Siria

Russia. All’inizio di dicembre, il presidente russo Vladimir Putin è volato in Siria e ha annunciato che le truppe russe stavano iniziando a ritirarsi (sebbene non completamente). Mosca ha proclamato la vittoria sull’ISIS. Il sostegno militare russo al regime, a partire dal 2015, è stato uno elemento chiave che ha permesso ad Assad di rimanere al potere. Da allora la Russia ha ospitato delle conferenze ad Astana e a Sochi per cercare di delineare una stabilizzazione del conflitto. In questo quadro ha appoggiato la creazione di zone di “de-escalation”, una delle quali si trova nel Governatorato sud-occidentale di Quneitra (sul Golan siriano). L’idea è quella di congelare alcune parti del conflitto. Tuttavia, Damasco ha giurato di riprendersi l’intero paese e nel 2017 ha ottenuto importanti risultati  in questo senso, riconquistando dall’ISIS una vasta distesa di deserto vicino all’Eufrate. La domanda per Israele è se l’alleanza fra Russia e regime di Assad finirà mai per oltrepassare la linea rossa israeliana circa la presenza militare iraniana. Mosca non sembra intenzionata a difendere le forze iraniane in Siria, e la riduzione della presenza russa tempera un po’ le preoccupazioni, grazie anche agli stretti rapporti tra Putin e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Tuttavia, potrebbe arrivare il momento di un’avanzata siriana (iraniana) sul Golan, dove le posizioni di Israele e Russia non sono necessariamente coincidenti.

Il cessate il fuoco. L’accordo di tregua nel sud-ovest della Siria è stato firmato all’inizio di luglio e un memorandum di principi è stato redatto all’inizio di novembre. Il cessate il fuoco dovrebbe durare almeno un anno. Per il regime, è probabile che i combattimenti più seri si concentreranno a Idlib, nel nord, contro gruppi ribelli più estremisti. Inoltre, Damasco vuole riprendersi da sei anni di guerra. Ha bisogno di aiuti internazionali e di sostegni per la ricostruzione delle città, e deve ancora imporre il suo ordine in vaste zone del paese solo recentemente strappate all’ISIS. Ha fatto molto affidamento sul sostegno di Iran e Hezbollah, quest’ultimo particolarmente provato dalla guerra. Il cessate il fuoco è il principale strumento per garantire la calma sul Golan. Ma se i ribelli o il regime dovessero pensare di alterarlo, allora Israele dovrà stare in allerta. Al momento la situazione al confine è molto complessa, ma per lo più tranquilla. Ciò riguarda anche aree in cui le forze del regime di Assad sono molto vicino a Israele, ad esempio presso Khadr. Finora il mantenimento di questa calma si può considerare un successo di Israele, Siria, Russia, Stati Uniti e Giordania.

(Da: Jerusalem Post, 27.12.17)

Scontri a fuoco in Siria, visti dal versante israeliano del confine

ULTIMORA. Forze del regime siriano e di Hezbollah hanno lanciato l’assalto a una roccaforte dei ribelli siriani assediati a circa 11 chilometri dal confine israeliano, nonostante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu abbia avvertito che Israele non accetterà surrogati iraniani sulle proprie frontiere. Fonti dei gruppi ribelli hanno riferito mercoledì sera di pesanti bombardamenti e fuoco d’artiglieria sulle loro posizioni, mentre l’esercito siriano ha affermato d’aver circondato Mughr al Mir, ai piedi del Monte Hermon, il rilievo che domina le alture del Golan. Ai ribelli asserragliati nella zona è stato ordinato dalle forze del regime di arrendersi entro 72 ore, per poi essere trasferiti a Idlib. Secondo Hadashot, le forze di Assad e Hezbollah stanno anche preparandosi ad avanzare su Beit Jinn, l’ultima enclave significativa dei ribelli a sud-ovest di Damasco. I ribelli hanno ancora il controllo di altre aree nella parte centrale e meridionale di Quneitra, sulle alture del Golan. Si tratterebbe di migliaia di combattenti sciiti contro alcune centinaia di ribelli, compresi quelli dell’Esercito Libero Siriano, un eterogeneo gruppo di milizie, alcune delle quali hanno ricevuto aiuti militari da paesi occidentali, fra cui gli Stati Uniti. A settembre un comandante di Hezbollah aveva dichiarato che il suo gruppo dispone di 10.000 combattenti nella Siria meridionale pronti a confrontarsi con Israele. Si ritiene che Hezbollah disponga complessivamente di un arsenale tra i 100mila e i 150mila missili a corto, medio e lungo raggio, e una forza combattente di circa 50.000 uomini, inclusi i riservisti. Mercoledì Netanyahu ha ribadito che Israele non intende permettere ai surrogati iraniani di stabilire una roccaforte in Siria: “Agiremo per impedire la produzione di micidiali armi sofisticate puntate contro di noi”, ha detto il primo ministro israeliano. (Da: Times of Israel, 27.12.17)