Perché è probabile che la giustizia israeliana arrivi all’incriminazione di Netanyahu (ma i sondaggi gli sono ugualmente favorevoli)

Breve guida per raccapezzarsi fra i casi 1000, 2000, 3000... e la reazione dell’opinione pubblica israeliana

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a passeggio con il cane di famiglia nel quartiere Rehavia di Gerusalemme

Persino un parlamentare israeliano, parlando alla radio la scorsa settimana delle varie inchieste che vedono coinvolto in un modo o nell’altro il primo ministro Benjamin Netanyahu, è andato in confusione e ha ammesso d’essersi un po’ perso. Ecco perché il Jerusalem Post ha proposto ai suoi lettori una breve sintesi dei principali aspetti e personaggi delle cinque indagini, in continua evoluzione, che interessano Netanyahu o suoi stretti collaboratori.

Caso 1000: l’affare dei regali di lusso. Netanyahu riconosce che i miliardari Arnon Milchan e James Packer hanno regalato a lui e a sua moglie Sara sigari, champagne e altri regali costosi per un totale di circa 233mila euro nell’arco di diversi anni. E ammette, d’altra parte, d’aver intrapreso alcuni atti per aiutare Milchan in vari casi economici e personali. Netanyahu nega tuttavia che vi fosse qualunque nesso tra i doni e l’aiuto a Milchan: un aiuto che, a suo dire, era giustificato da buone ragioni politiche. Testimone contro Netanyahu, riguardo a una delle questioni fiscali in cui Netanyahu ha cercato di aiutare Milchan, è Yair Lapid, leader di Yesh Atid e principale avversario politico di Netanyahu. La polizia ha inoltrato la raccomandazione di incriminare il primo ministro per corruzione al Procuratore generale Avichai Mandelblit, che ora dovrà prendere una decisione. Fino a quando non sono emersi il Caso 4000 e l’affare dell’incarico di Procuratore generale (vedi oltre), il caso 1000 costituiva la più significativa preoccupazione legale del primo ministro.

Caso 2000: l’affare Yediot-Israel HaYom. Netanyahu ammette di aver parlato con il proprietario di Yediot Aharonot, Arnon “Noni” Mozes, di uno spostamento del quotidiano su posizioni più favorevoli al primo ministro qualora il primo ministro avesse premuto sul suo amico Sheldon Adelson, proprietario del quotidiano concorrente Israel HaYom, per limitare la competizione con Yediot nella diffusione a beneficio economico di Mozes. Netanyahu nega che l’intenzione espressa nell’incontro (che sapeva essere registrato) fosse autentica, dicendo che si trattava piuttosto di un elaborato trucco per registrare Mozes e usare la registrazione contro di lui se Mozes a un certo punto avesse tentato in qualche modo di ricattare Netanyahu. Vera o no che fosse l’intenzione, nessuno contesta il fatto che, alla fine, l’accordo non è mai stato fatto. La polizia ha raccomandato di incriminare il primo ministro per corruzione, ma anche qui è il Procuratore generale Mandelblit che deve decidere.

Shlomo Filber in tribunale per un’udienza davanti alla Corte di Rishon Lezion lo scorso 18 febbraio

Caso 3000: l’affare dei sottomarini. Miki Ganor, rappresentante in Israele di ThyssenKrupp, alcuni alti funzionari della difesa israeliani e collaboratori di alto livello di Netanyahu sono accusati d’aver fatto la cresta su un importante accordo per l’acquisto di sottomarini dall’azienda tedesca. L’avvocato e confidente di Netanyahu David Shimron, il suo principale inviato personale all’estero Yitzhak Molcho, il suo ex capo dello staff David Sharan, il suo ex vice consigliere per la sicurezza nazionale Avriel Bar Yosef e l’ex capo della Marina Eliezer Marom sono tutti accusati di far parte dell’intrigo. Tecnicamente Netanyahu non è sospettato. Tuttavia Mandelblit ha annunciato che il primo ministro sarà interrogato, il che significa che potrebbe diventare un sospetto. L’indagine della polizia è ancora in corso.

Caso 4000: l’affare Bezeq-Walla. Nell’arco di una settimana questo caso è diventato quello più rischioso per la posizione di Netanyahu. Il suo ex braccio destro Shlomo Filber ha ammesso d’aver stretto un accordo corruttivo con Shaul Elovitch. Filber, allora direttore generale del Ministero delle comunicazioni, si sarebbe assicurato che la politica governativa privilegiasse la compagnia di telecomunicazioni Bezeq, di cui Elovitch possedeva una partecipazione di controllo, in cambio di una copertura favorevole al primo ministro da parte del principale sito di notizie Walla!, di proprietà di Elovitch. Mercoledì scorso, Filber è diventato testimone d’accusa contro Netanyahu, e sta accusando il primo ministro d’avergli ordinato di stringere l’accordo. Si tratta del primo collaboratore di Netanyahu che lo accusa direttamente di un reato. A differenza, per esempio, dell’ex capo dello staff di Netanyahu, Ari Harow, testimone d’accusa nei casi 1000 e 2000, che essenzialmente ha fornito dettagli alla polizia, ma non risulta che abbia accusato direttamente il primo ministro. Giacché Netanyahu smentisce le accuse del caso 4000, la questione in certo modo si riduce a decidere se si crede a Filber o a Netanyahu. Giudicare tra due testimonianze contestanti è proprio il compito di un tribunale, ed è questo che è difficile immaginatore che il caso non sfoci in un atto d’incriminazione. E un atto d’incriminazione ha forti possibilità di far vacillare la posizione politica del primo ministro, indipendentemente da ciò che i suoi alleati politici affermano in queste ore. Tuttavia, l’indagine è ancora nelle fasi iniziali.

L’affare dell’incarico del Procuratore generale. Il consulente di Netanyahu per le comunicazioni Nir Hefetz è accusato d’aver offerto all’ex giudice Hila Gerstl l’incarico di Procuratore generale in cambio della promessa di chiudere le cause intentante contro Sara Netanyahu. Hefetz nega l’accusa, ma è seriamente in difficoltà di fronte a un ex giudice di grande credibilità e al fatto che lei stessa aveva riferito l’offerta di scambio, che aveva rifiutato, alla presidente della Corte Suprema Esther Hayut. Molti pensano che Hefetz diventerà testimone d’accusa contro Netanyahu, il che renderebbe l’incriminazione quasi certa. Ma l’indagine è ancora nelle fasi iniziali.

(Da: Jerusalem Post, 23.2.18)

Gil Hoffman

Scrive Gil Hoffman: Come mai Netanyahu continua a risultare vincente, nei sondaggi che ipotizzano elezioni anticipate, nonostante le svariate indagini di polizia che in qualche modo lo vedono coinvolto? Ci possono essere diverse spiegazioni e i lettori possono autonomamente decidere quali e quante di queste sono effettivamente in gioco.

1. Agli israeliani non dispiace che i loro leader siano piuttosto spregiudicati. Se ne è avuta conferma in varie occasioni, dai 17 seggi conquistati dal partito Shas nel 1999 quando il suo leader Arye Deri stava per finire in carcere, ai ripetuti insuccessi elettorali di una come Tzipi Livni, che gode invece di un’immagine assolutamente pulita. A molti israeliani piace che i loro leader sappiano sgomitare, perché saranno chiamati a battersi per Israele sullo scacchiere mondiale in mezzo a molti nemici senza scrupoli. E la cosa peggiore, in Israele, è passare per un freier (babbeo).

2. Netanyahu preserva la sicurezza degli israeliani, e questo è quello che conta. Netanyahu ha persuaso molti israeliani che solo lui è in grado di proteggerli a fronte di minacce come il nucleare iraniano, il dilagare del jihadismo e tanti altri. Finché non spunterà qualcuno capace di far sentire al sicuro gli israeliani almeno quasi quanto Netanyahu, l’attuale primo ministro continuerà a vincere le elezioni indipendentemente dalle accuse che gli verranno mosse. Gli israeliani votano innanzitutto sulla sicurezza e su questa, al momento, non vedono alternative.

3. Netanyahu come mago del pubbliche relazioni. L’attuale primo ministro appare molto superiore a qualsiasi altro potenziale leader anche per quanto riguarda la diplomazia internazionale. Forse nessun altro al mondo ha incontrato negli ultimi due anni così tanti leader internazionali, in tutti i continenti, quanto lui. C’è chi insinua che Netanyahu abbia moltiplicato il tempo trascorso all’estero per evitare i guai con la polizia in casa. Ma è legittimo titolare del portafoglio degli affari esteri, e persino l’opposizione non nega i suoi successi in questo campo.

4. È l’economia, o stupidi. Con una forte crescita economica, tassi di turismo da record e bassa disoccupazione, chi vorrebbe cambiare l’uomo al timone? Persino il costo degli alloggi – annoso problema in Israele – ha iniziato a calare, per cui non è che gli israeliani intendano precipitarsi a sostituire il loro primo ministro.

5. Gli israeliani mentono nei sondaggi. Gli israeliani sono noti per il loro atteggiamento maldisposto, quando non ostile, verso le élite: categoria che include i mass-media, gli accademici, i vertici del sistema giudiziario e sì, anche i sondaggisti. Questo è uno dei motivi che è stato usato per spiegare il fatto che i sondaggisti non seppero pronosticare l’entità della vittoria di Netanyahu alle scorse elezioni. Potrebbero sbagliarsi anche ora, nell’altro senso. Ma fra tutte le possibili spiegazioni, questa è la più debole giacché le altre domande dei sondaggisti, ad esempio su quanto si ritenga Netanyahu effettivamente implicato nei fatti di corruzione, non danno risultati a lui favorevoli.

6. Niente alternative. Se l’ex ministro della difesa Moshe Ya’alon avesse accettato il portafoglio degli esteri che Netanyahu gli offrì quando diede ad Avigdor Liberman quello della difesa, oggi sarebbe visto come l’ovvio successore di Netanyahu in attesa dietro le quinte. All’intensificarsi delle indagini, i partner della coalizione avrebbero potuto persino estromettere Netanyahu chiedendo a Ya’alon di formare un nuovo governo. Ma Ya’alon commise un grosso errore politico bruciandosi i ponti alle spalle quando abbandonò il Likud. Senza di lui, non c’è ancora un’alternativa che appaia agli israeliani pronta ad assumersi uno degli incarichi più difficili al mondo.

7. Innocente fino a prova contraria. Infine, può ben darsi che gli israeliani siano semplicemente fedeli a valori democratici ed ebraici come il principio che l’accusato è “innocente fino a prova contraria” e il principio Dan lekaf lezchut, che può essere tradotto come “giudizio favorevole e col beneficio del dubbio”. (Da: Jerusalem Post, 23.2.18)