Cari ambasciatori europei

Se dovesse verificarsi, qui, una seconda Shoà, voi sicuramente protestereste...

Da un articolo di Yosef (Tommy) Lapid

image_1192“Perché Israele non è disposto ad assumersi dei rischi?”. Questa la domanda mi che è stata ripetuta più volte, in tutta una serie di varianti, durante un recente incontro con gli ambasciatori dell’Unione Europea a Tel Aviv. Dopo tutto, dicevano, Israele è forte. E i palestinesi sono deboli. E le minacce dei leader arabi sono fatte solo ad uso e consumo interno. Molti paesi si assumono dei rischi per comporre le dispute, perché Israele non si accontenta delle garanzie offerte dalle superpotenze? Non sapete che se Israele non accetta un compromesso, non ci sarà mai la pace in questa parte del mondo?
Quando riflettete su cosa fa o non fa Israele, ho risposto agli ambasciatori, dovete tenere in considerazione gli stessi fattori che terreste in considerazione se foste al nostro posto. Solo così potrete capire come mai un paese democratico, liberale e moderno come Israele possa respingere offerte di compromesso dell’Onu, del Quartetto, dell’Unione Europea. Comprensibilmente voi dite che, se aveste ricevuto offerte simili, in circostanze analoghe, le avreste accettate subito. Anche noi esprimeremmo la stessa fiducia in quelle offerte, se fossimo al vostro posto. Ma c’è una differenza fra noi e voi, una differenza abissale. Una differenza che ci impedisce di affidare la nostra a sicurezza a chiunque che non sia noi stessi, e questa è la ragione per cui non possiamo accettare quelle offerte. Quella differenza si chiama Shoà (Olocausto).
Quando scrivete i vostri rapporti ai vostri rispettivi ministri degli esteri cercando di spiegare la posizione di Israele, quando cercate di spiegare la differenza fra la logica internazionale e il comportamento del governo israeliano, quando cercate di capire le ragioni della caparbietà e della diffidenza di Gerusalemme, avete una sola risposta: la Shoà.
Se dovesse verificarsi, qui, una seconda Shoà, voi sicuramente protestereste, esprimereste profondo rincrescimento e probabilmente, per placare le coscienze, creereste anche un paio di orfanotrofi per accogliere i poveri bambini israeliani sopravvissuti. Forse istituireste anche un fondo per commemorare le vittime della seconda Shoà. Scuotendo gravemente la testa, esprimereste visibile disappunto per il destino cinico e baro di questi poveri ebrei, senza rinunciare a domandarvi nel profondo del cuore come mai gli ebrei si tirino sempre addosso tali catastrofi. E dopo siffatte meditazioni sul fato degli ebrei, tornereste a controllare le quotazioni di borsa sul vostro giornale, berreste un ultimo sorso della vostra tazza di caffè, e vi dimentichereste il tutto.
Noi, invece, non possiamo dimenticare. Abbiamo perduto sei milioni di fratelli nella Shoà. In Israele oggi vivono circa sei milioni di ebrei. Non ci faremo spaventare dalle minacce dei nostri nemici, non ascolteremo le esortazioni dei nostri amici. Non faremo assegnamento su nessun altro. Per noi, questa è la lezione più importante della Shoà.
Dunque, quando trovate delle difficoltà a capirci, pensate alla Shoà. Quando vi ritrovate a cercar di capire le nostre motivazioni, ricordate la Shoà. Quando tentate di capire le nostre scelte, tenete presente la Shoà.
La memoria collettiva del popolo ebraico non manca di eventi traumatici, dalla distruzione del Tempio, all’inquisizione spagnola, ai pogrom in Europa orientale. Ma nessuna memoria storica può essere paragonata a quella della Shoà. Nessuna tragedia ha lasciato una tale cicatrice sulla nostra coscienza. Non esiste motivazione delle nostre azioni dietro alla quale non troverete la Shoà.
Pertanto, illustri ambasciatori europei, se volete capire Israele, dimenticate per un momento tutto quello che sapete di diplomazia, di Medio Oriente, di palestinesi, di Consiglio di Sicurezza, di relazioni internazionali e di Casa Bianca. E afferrate infine la parola chiave per capire il popolo ebraico: Shoà.

(Yosef Lapid, sopravvissuto alla Shoà, ex parlamentare israeliano, su: Jerusalem Post, 25.04.06)

Nella foto in alto: Qalqiliya, 28.04.06: manifestazione Hamas a sostegno del governo palestinese. Israele è cancellato dalla mappa della Palestina