Di fronte a un calo delle vaccinazioni, Israele passa all’attacco contro la disinformazione

Mentre il Ministero della salute rafforza la task force digitale anti-fake news, le autorità mettono in campo un mix di ammonimenti e incentivi anche piuttosto fantasiosi

Un centro vaccinazioni anti-coronavirus a Tel Aviv nei giorni del calo dell’affluenza

Benché sempre in testa nella campagna di vaccinazione anti-coronavirus, Israele sta ora affrontando un netto rallentamento nel tasso di iniezioni che viene attribuito soprattutto alla disinformazione on-line. Ora il Ministero della salute ha deciso di passare al contrattacco impiegando un mix di ammonimenti e incentivi nello sforzo di persuadere i riluttanti a farsi vaccinare. A tale scopo è stata potenziata una task force digitale incaricata di contrastare le false affermazioni sui vaccini, mentre i governi locali fanno ricorso a testimonial DJ e persino alla distribuzione di cibo per attirare le persone ai centri di vaccinazione. “Decidete se far parte dei festeggiamenti o se restare indietro” ha scritto su Twitter il ministro della salute Yuli Edelstein, che ha poi aggiunto con un gioco di parole: “Offrite una spalla al vaccino”.

Da quando Israele ha lanciato a dicembre la sua campagna di vaccinazioni, più di un quarto della popolazione totale (2,5 milioni di persone) ha ricevuto entrambe le dosi del vaccino Pfizer/BioNTech, mentre più del 44% ha ricevuto almeno la prima dose. Si tratta di tassi di vaccinazione tra i più alti al mondo, ma un motivo di seria preoccupazione è dato dal calo registrato da quando, questo mese, il vaccino è stato reso disponibile a tutti gli abitanti di età superiore ai 16 anni. A febbraio Israele ha registrato una media di poco più di 106.000 vaccinazioni al giorno contro la media giornaliera di gennaio di oltre 127.000 al giorno. La riluttanza a farsi vaccinare di alcuni gruppi della popolazione è una delle ragioni principali per cui i tassi di contagio rimangono alti.

La scorsa settimana, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che il vero ostacolo al completamento della missione è costituito da “fake news e credenze superstiziose, a volte malevole, che vengono propinate alla gente attraverso internet”. Il Ministero della salute sta investendo milioni di dollari nello sforzo di informare il pubblico in modo corretto: compito complicato, perché alcuni segmenti della società tendono a opporsi all’appello a vaccinarsi per diversi motivi. Nel caso degli ultra-ortodossi, alcuni leader religiosi influenti hanno detto ai loro seguaci di non farsi vaccinare. Dal canto suo, la minoranza araba di Israele registra tassi di vaccinazione più bassi verosimilmente legati a un livello più alto di diffidenza verso le autorità. Infine, alcuni giovani israeliani prendono la cosa alla leggera ritenendo di non potersi ammalare gravemente.

Operatori della task force digitale anti-fake news del Ministero della salute

Einav Shimron, vicedirettrice del Ministero della salute per le relazioni internazionali, dice che il Ministero sta lavorando con medici e leader religiosi per contrastare la disinformazione e ha istituito un centro di comando con un crescente numero di “tracciatori” che monitorano i post anti-vaccinazione in ebraico, russo, amarico, arabo e inglese su Facebook, Twitter, Instagram e Telegram. E’ come una battaglia contro le teorie complottiste. Spiega Shimron che il centro segnala al Ministero della giustizia i casi di disinformazione, e questo fa immediatamente pressione sui social network affinché rimuovano le false affermazioni. “In alcuni casi abbiamo persino chiamato la polizia”, aggiunge, sulla base del fatto che certe affermazioni false rappresentano un rischio concreto per la salute pubblica.

Yuval Hacohen Asherov, un famoso predicatore ultra-ortodosso con un cospicuo seguito on-line, ha affermato in uno dei suoi video che i germi non causano malattie. In un altro video ha lanciato la falsa notizia che il vaccino anti-coronavirus avrebbe causato dei morti. “Perché affrettarsi? Perché vaccinarsi ora? – ha chiesto Ashrov in un suo video – Facciamolo, forse, tra sei mesi. Perché svizzeri e cinesi devono usarci come cavie per vedere cosa succede?”. Il Ministero della salute ha chiesto al Ministero della giustizia di cercare di ottenere che YouTube tolga questi video che “mettono in pericolo ila popolazione”. Avishai Matia, un anti-vax non collegato con le comunità ultra-ortodosse, ha accusato Facebook e Twitter d’aver sospeso i suoi account in quella che ha definito una “reazione violenta da parte dei giganti della tecnologia in collaborazione con l’OMS e altri gruppi”. Matia aveva falsamente descritto il vaccino Pfizer come “un farmaco sperimentale” che viene testato su cittadini israeliani. In realtà il vaccino ha ottenuto l’approvazione ufficiale sia negli Stati Uniti che in Europa. Israele ha accettato di condividere i primi risultati della vaccinazione di massa con Pfizer, ma non sta conducendo nessun esperimento.

Un pallone a forma di coronavirus sul fiume Yarkon, a Tel Aviv

Le autorità israeliane stanno anche escogitando incentivi per spingere i riluttanti  a vaccinarsi. I Ministeri della salute e della cultura hanno annunciato domenica che alla fine di questo mese riapriranno musei, biblioteche, sale per concerti e altri eventi culturali, ma solo per coloro che risultano completamente immunizzati. Il Ministero della salute sta anche reclutando decine di influencer israeliani sui social network per promuovere la vaccinazione in contemporanea con la sua campagna video. Un video diffuso nel giorno di San Valentino mostra un uomo che offre alla sua ragazza una piccola scatola come quella di un anello e le dice: “Ti farai vaccinare con me?”, mentre lei apre la scatola e trova una fiala di vaccino.

La città ultra-ortodossa di Bnei Brak ha cercato di incoraggiare la vaccinazione servendo gratuitamente piatti di cholent (un sostanzioso stufato) ai residenti che si presentavano per il vaccino. Un portavoce municipale ha detto che l’Operazione Cholent di giovedì ha triplicato il numero medio di presenze. Holon, un sobborgo di Tel Aviv, con l’aiuto di vari DJ ha creato un’atmosfera di festa per attirare i giovani over-16, dal momento che i dati del Ministero mostrano che gli israeliani tra i 16 e i 30 anni si sono finora vaccinati a livelli molto inferiori della media nazionale.

Tuttavia, per la grande maggioranza degli israeliani di ogni classe d’età, il vero e principale incentivo per mettersi in coda è stata la disponibilità dei vaccini. In un ambulatorio a Tel Aviv, Moran Keret, 44 anni, dice che un amico l’ha convinta a presentarsi. “Il coronavirus non sta andando via – dice – Quindi, siccome lui non scompare, eccomi qui”.

(Da: YnetNews, 15.2.21)