Il prezzo di un tragico errore

I palestinesi saranno i primi a pagare le conseguenze delle loro elezioni.

Da un articolo di Sever Plocker

image_1090I palestinesi conoscono bene l’ideologia di Hamas, ma hanno ugualmente votato per Hamas.
La Carta di Hamas venne redatta dalla leadership del gruppo nell’agosto 1988. Da allora è stata diffusa in innumerevoli copie ed è stata citata moltissime volte dai mass-media palestinesi. Essa invoca la creazione di uno stato islamico palestinese sullo stile dell’Iran di Khomeini. Fra l’altro, la Carta di Hamas afferma che:
– Tutta la Palestina, dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo, è parte del Waqf (patrimonio islamico) fino alla fine dei tempi. Un compromesso su qualunque parte della Palestina equivale a un compromesso sulla religione islamica
– “L’unica soluzione del problema palestinese è il jihad (guerra santa)”, che costituisce “un obbligo personale per ogni singolo musulmano dunque si trovi”.
– Gli ebrei sono un “terrificante nemico, dal comportamento nazista”, e fanno parte di un complotto internazionale volto a “procurare il collasso delle società, distruggere i valori, infrangere gli accordi, infiacchire la morale ed eliminare l’islam”. Gli ebrei sono colpevoli dello scoppio di entrambe le guerre mondiali e “hanno creato le Nazioni Unite per controllare il mondo”.
– “La vittoria non verrà finché i musulmani non combatteranno e uccideranno gli ebrei, finché gli ebrei non si nasconderanno dietro alle rocce e agli alberi e questi grideranno: o musulmano, c’è un ebreo nascosto dietro di me, vieni a ucciderlo”.
Diversi autori israeliani, fra cui Benny Morris, descrivono la Carta di Hamas come un classico documento antisemita pieno di calunnie, che trasuda odio e che deriva direttamente dai Protocolli dei Savi di Sion. Bernard Lewis è convinto che la Carta di Hamas rappresenti uno dei peggiori esempi di antisemitismo islamico.
Durante la campagna elettorale palestinese, le dichiarazioni dei capi di Hamas e i loro slogan elettorali hanno cercato di mettere in sordina le citazioni dalla Carta offuscandone il messaggio. Per farlo, il gruppo ha messo i temi sociali in vetta alla propria agenda, formulando promesse elettorali populistiche completamente scollegate dalla realtà. Hanno promesso di incrementare l’assistenza pubblica, di investire in istruzione e sanità, di combattere la povertà, di mantenere le dimensioni delle forze di sicurezza, ecc. ecc. Si tratta di slogan ridicoli. Le condizioni finanziarie obiettive dell’Autorità Palestinese sono disastrose, sta affondando nei debiti e il suo funzionamento quotidiano dipende dal continuo afflusso di aiuti economici da parte di paesi che sono disgustati da Hamas. Per gli investitori stranieri, l’estremismo religioso (come quello dell’ayatollah Khomeini) e il rivoluzionarismo sociale (come quello di Fidel Castro) sono uno preciso segnale di stop, e giustamente. La performance economica delle dittature islamiste (Iran, Sudan, Afghanistan, Arabia Saudita) è negativa e distruttiva sotto ogni punto di vista.
E poi c’è il timore per la riprese dal terrorismo. Da quando Hamas è stata costretta ad abbandonare la sua campagna terroristica grazie ai colpi dell’anti-terrorismo israeliano, il prodotto interno lordo dell’Autorità Palestinese è aumentato del 25%, la disoccupazione è significativamente diminuita, sono stati creati nuovi posti di lavoro, gli stipendi sono aumentati e si sono persino registrati nuovi investimenti. Salta fuori che non è solo il mercato israeliano a beneficiare della fine dell’intifada. Ne beneficiano anche i palestinesi.
Hamas, si sa, non può stampare moneta, e sotto le dune di Gaza non i trovano riserve petrolifere. Per mantenere anche solo una delle sue promesse elettorali, Hamas dovrà fare affidamento su massicci aiuti stranieri. Questa è la leva con cui la comunità internazionale può esercitare pressione non solo perché Hamas “rinunci al terrorismo e riconosca Israele”, ma anche perché il gruppo abolisca i principali punti della sua Carta. Giacché finché la Carta, così com’è adesso, resta in vigore come il documento fondamentale di Hamas, qualunque aiuto internazionale a Hamas non farebbe che demolire ogni tentativo di dialogo fra israeliani e palestinesi, non farebbe che demolire gli embrioni di democrazia mediorientale, non farebbe che contribuire alla distruzione dell’economia e della società palestinese.
I palestinesi, più di chiunque altro, pagheranno il prezzo delle loro elezioni.

(Da: YnetNews, 05.02.06)