Palestinesi verso la guerra civile?

Tutto indica che potrebbe presto consumarsi uno scontro sanguinoso far Fatah e Hamas

Da un articolo di Moshe Elad

image_2262L’incontro che ha avuto luogo la scorsa settimana a Beit El, che ha visto la partecipazione di dieci capi della sicurezza palestinese in Cisgiordania e di diversi ufficiali delle forze armate e di polizia israeliane, attesta un cambiamento spostamento da parte di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e dei suoi. Non si tratta ancora di un cambiamento strategico, e certo non ancora di un’alleanza tra Fatah e Israele contro Hamas; ma è senz’altro uno spostamento.
Il campo nazionalista palestinese guidato da Fatah e il campo estremista palestinese guidato da Hamas sono più vicini che mai ad uno storico scontro violento a tutto campo: una vera e propria guerra civile.
Le dichiarazioni fatte da alti rappresentanti di Fatah durante l’incontro sono senza precedenti. Gli ufficiali di Fatah hanno parlato apertamente di una “azione congiunta con Israele contro il nemico comune Hamas”, e hanno espresso la loro “volontà di occuparsi delle moschee e delle istituzioni di Hamas usando informazioni fornite da Israele”.
Si tratta senz’altro di una novità interessante. Mi domando quale sarà la reazione di Jibril Rajoub e Mohammad Dahlan, che giuravano che Fatah non sarebbe mai diventata un contractor della sicurezza di Israele nei territori. Forse questo è il motivo per cui oggi Dahlan è un imprenditore edile e Rajoub guida un’associazione calcistica palestinese.
La prima “intifada intra-palestinese” potrebbe scoppiare nei prossimi due o tre mesi e raggiungere l’apice nel gennaio 2009. Tre sono gli elementi alla base di questa guerra civile, che per la prima volta potrebbe trasformarsi in una resa dei conti sanguinosa e senza compromessi, fino alla disfatta del nemico interno.
Il primo elemento è la prevista sfida di Hamas alla legittimità della presidenza di Abu Mazen. Il mandato di quattro anni del presidente palestinese scadrà nel gennaio 2009. Mentre Abu Mazen ignora “i golpisti di Hamas a Gaza” e sembra deciso a restare in carica per un quinto anno, il leader di Hamas Khaled Mashaal lo ha già sollecitato a concludere l’incarico e lasciare che si indicano libere elezioni presidenziali, nella speranza che il prossimo presidente sia un uomo di Hamas. Dal canto suo Abu Mazen ha già annunciato che una sfida alla sua presidenza lo spingerebbe a dichiarare la striscia di Gaza “territorio sovversivo”, conducendo al completo distacco tra i due territori dell’Autorità Palestinese.
Il secondo elemento è la volontà di Abu Mazen di impedire che si ripetano in Cisgiordania gli eventi di Gaza del giugno 2007. L’imbarazzo – come lo chiamano i palestinesi –, vale a dire l’imbarazzante umiliazione di Dahlan a delle sue forze a Gaza, costituisce un ammonimento che sviluppi simili potrebbero prodursi anche in Cisgiordania. Sebbene Hamas non abbia in Cisgiordania di robuste basi militari e forze combattenti paragonabili a quelle di cui dispone nella striscia di Gaza, il sostegno ideologico di cui gode l’organizzazione jihadista palestinese in Cisgiordania non è minore di quello su cui può contare a Gaza.
Non meno preoccupati di Abu Mazen sono il generale americano Keith Dayton, che si sta adoperando per ricostruire le forze difensive dell’Autorità Palestinese, e gli ufficiali delle Forze di Difesa e dei servizi di sicurezza israeliani, che raccomandano di fornire assistenza israeliana a Fatah in vista della guerra civile. Molti palestinesi sono convinti che, senza l’appoggio delle Forze di Difesa israeliane ad Abu Mazen in Cisgiordania, Hamas avrebbe già da tempo buttato fuori Fatah a bastonate. Sia Dayton che i militari israeliani sono angustiati dalla “sindrome del giugno 2007”, quando lo zelo ideologico di Hamas sconfisse la ricca e corrota Fatah, odiata dai palestinesi della strada di Gaza.
Bisognare tenere a mente che in Cisgiordania Fatah è percepita come un’organizzazione corrotta imbottita di denari e armi occidentali: percezione che certamente non aiuta quando si tratta di raccogliere consensi nell’opinione pubblica locale. Alla fin fine quello che ci si può aspettare in Cisgiordania è uno scontro tra le forze militari di Fatah e la forza popolare di Hamas. E la vittoria di Fatah è tutt’altro che scontata.
Il terzo motivo per un imminente scontro fra palestinesi è il fatto che, per la prima volta dagli Accordi di Oslo, Abu Mazen e le sue forze sono davvero con le spalle al muro. Abu Mazen gode, è vero, del sostegno occidentale; ma sa bene che, differenza delle precedenti battaglie che hanno visto Fatah sconfitta, la prossima avrà luogo anche nei quartieri governativi di Ramallah. E non ha nessuna voglia di vedere masse religiose esaltate assediare il suo ufficio chiedendo la sua testa.
I leader di Fatah hanno piani di fuga di emergenza, e la maggior parte di loro possiede già case all’estero. Non dovremo stupirci se torneranno a farne uso in questa circostanza. Ma questa volta sembra che Abu Mazen ordinerà come minimo a Fatah di aprire il fuoco contro Hamas: questa volta assisteremo a un definitivo braccio di ferro per il potere in campo palestinese.

(Da: YnetNews, 22.09.08)

Nella vignetta in alto: Re Salomone ai nostri tempi. “La buona notizia è che la maggior parte dei palestinesi oggi vuole la soluzione due-stati”. “E la notizia cattiva?”. “Vogliono uno stato per Hamas e un altro per Fatah”.