Reuven Rivlin: un presidente rassicurante in anni turbolenti

Nel corso di una presidenza non cerimoniale ma sempre politicamente impeccabile, Rivlin ha promosso la collaborazione tra le diverse “tribù” d’Israele

Editoriale del Jerusalem Post

Il presidente Reuven Rivlin con la moglie Nechama, dopo la nevicata a Gerusalemme del 20 febbraio 2015

Nel momento in cui ci felicitiamo con Isaac Herzog che assume la carica di 11esimo presidente d’Israele, rivolgiamo un affettuoso saluto al presidente uscente Reuven (Ruvi) Rivlin. Negli ultimi sette anni, Rivlin si è guadagnato il rispetto della maggior parte degli israeliani, degli ebrei della diaspora e degli stranieri, e lascia la carica come un leader amato, al centro del consenso nazionale.

Fin dall’inizio, quello di Rivlin non è stato un compito facile. Benché fosse membro del Likud da tutta la vita, la sua candidatura per succedere nel 2014 a Shimon Peres venne quasi affossata dall’allora primo ministro Benjamin Netanyahu, che fece un tentativo all’ultimo minuto per convincere Elie Wiesel ad accettare la presidenza.

La presidenza di Rivlin non è stata meramente cerimoniale. Nel suo primo atto significativo come capo di stato, il 25 marzo 2015 conferì a Netanyahu l’incarico di formare un governo, in base ai risultati delle elezioni della settimana precedente, pur avendo apertamente espresso la sua disapprovazione per l’appello fatto nella giornata elettorale dal leader del Likud che metteva in guardia sul fatto che gli elettori arabi venivano “portati a frotte” ai seggi elettorali. Il governo Netanyahu non diede seguito alla raccomandazione di Rivlin di adoperarsi per una maggiore stabilità politica allo scopo di evitare elezioni anticipate e ricucire dolorose lacerazioni nella popolazione. Solo cinque anni più tardi il presidente è riuscito a persuadere Netanyahu e Benny Gantz a unirsi in un governo di unità nazionale, che tuttavia si è stato sciolto dopo un anno.

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Durante il suo mandato, Rivlin ha perso l’amatissima moglie Nechama, e ha affrontato una serie di problematicità nazionali, tra cui quattro costose elezioni in due anni e la pandemia. Ha anche commesso alcuni errori, come quello di violare le restrizioni anti-coronavirus quando ospitò la figlia e la sua famiglia presso la Residenza presidenziale nella Pasqua 2020 (uno sbaglio che riconobbe e di cui si scusò pubblicamente). Ma per la maggior parte, Rivlin in questi sette anni ha interpretato il ruolo dell’adulto saggio e responsabile – il nonno d’Israele – e lo ha fatto con perfetto aplomb.

Dopo aver ostentatamente disertato la foto di gruppo con i leader di partito all’indomani della quarta tornata di elezioni anticipate del marzo 2021, Rivlin non ha fatto mistero della sua soddisfazione per l’insuccesso di Netanyahu nel formare una coalizione e del suo compiacimento nell’accogliere il nuovo governo guidato da Naftali Bennett e Yair Lapid.

Nato a Gerusalemme quasi 82 anni fa in una famiglia di attivisti fortemente impegnati presente nella città dal 1809 per sette generazioni, Rivlin non ha mai dimenticato le sue radici. I suoi genitori erano Rachel (Ray) Rivlin e Yosef (Yoel) Rivlin, quest’ultimo autore della prima edizione ebraica del Corano nonché candidato alla presidenza nel 1957 prima di ritirarsi a favore di Yitzhak Ben-Zvi.

In un gesto di addio a Reuven Rivlin, mercoledì il servizio di sicurezza Shin Bet ha diffuso una foto che mostra il presidente che indossa un travestimento in modo da muoversi fra la gente in modo anonimo senza essere riconosciuto. Nello scatto non datato, Rivlin con barba finta, sciarpa e parrucca, è attorniato da agenti Shin Bet sotto copertura

Rivlin, un leader di specchiata integrità, è sempre rimasto fedele ai principi della destra liberale nello spirito del suo modello, Ze’ev Jabotinsky. Sulla targa accanto al suo busto realizzato dallo scultore Sigalit Landau, inaugurato questa settimana nei giardini della Residenza presidenziale, si legge una significativa citazione dello stesso Rivlin: “Nella casa di mio padre e mia madre ho respirato lo spirito dell’umanità. Ho assorbito la tradizione ebraica, l’hadar e tagar (dignità e forza morale ndr) di Jabotinsky, ma soprattutto ho imparato ad ascoltare. Ho imparato a rispettare la fede dell’altro e ho imparato a riconoscere il suo dolore. A casa ho imparato che senza la capacità di ascoltare non c’è la capacità di apprendere, e senza la capacità di apprendere non c’è la capacità di rimediare”.

Rivlin ha dimostrato di saper ascoltare, imparare e rimediare. In generale, ha saputo porsi al di sopra della politica durante il suo mandato di presidente, e ha intrattenuto buoni rapporti con tutti coloro con cui è entrato in contatto: dal personale della Residenza presidenziale alla gente comune, dai diplomatici in visita ai massimi leader mondiali. Tra questi, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, che lo ha onorato con una recente visita, e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che lo ha ospitato alla Casa Bianca la scorsa settimana.

Rivlin sarà anche ricordato per lo storico discorso delle ”quattro tribù” che tenne alla 15esima Conferenza annuale di Herzliya nel 2015, quando parlò della trasformazione socio-demografica che rimodella la società israeliana dicendo che essa risulta composta da quattro principali “tribù”: quella laica, quella nazionale-religiosa, quella haredi (ultra-ortodossa) e quella araba. Questa trasformazione, sosteneva Rivlin, impone la formulazione di un “nuovo concetto di collaborazione” tra le diverse tribù. Rivlin ha saputo promuovere la collaborazione tra le tribù fungendo da leader di tutti, e sarà ricordato come un degno presidente, saldo e rassicurante nel corso di sette anni turbolenti.

(Da: Jerusalem Post, 7.7.21)