Yoram Kaniuk

Il ladro generoso (a cura di Francesca Lazzarato, illustrazioni di Beppe Giacobbe, Mondadori, Milano 2002)

image_169Il ladro generoso, di Yoram Kaniuk

Il ladro generoso di Yoram Kaniuk (a cura di Francesca Lazzarato, illustrazioni di Beppe Giacobbe, Mondadori, Milano 2002), apparso in Israele nel 1980, si presenta come un libro per ragazzi, ma, come sempre, ci permettiamo di consigliarne la lettura anche ai “grandi”.

Il romanzo è costruito come un giallo, di cui il ladro costruisce la trama fin nei minimi particolari. L’abilità narrativa di Kaniuk sa come costruire la suspence, ma questa diventa quasi secondaria perché il movente del furto viene spiegato sin dalle prime pagine ed è estremamente insolito: Naftali Bamburgher, consigliere finanziario di una solida banca di ebrei tedeschi, decide di rubare cinquecentomila lire israeliane per distribuirle nei campi dove si raccolgono i profughi sopravvissuti alla persecuzione nazista, trasformandosi in un «Robin Hood travestito da mago della finanza.» L’autore ci conduce così nella Tel-Aviv degli anni ’50, quella dove si incontravano gli jecke (gli ebrei tedeschi), gli immigrati dei paesi arabi, e quelli appena giunti dall’Europa, mentre in Israele l’ideologia sionista veniva messa duramente alla prova all’indomani della nascita dello Stato e della Guerra d’Indipendenza. «Gli occupanti di innumerevoli campi di transito chiudevano la nostra città in un cerchio possente. Sì, la città era assediata senza saperlo. La furia che nasce dal dolore cingeva la nostra città, la nostra città che cercava invano di illudersi, di credere che il mondo continuasse a girare come sempre» [p. 15]. Quello dei profughi europei è un tema caro a Kaniuk, che ha dedicato un libro a Yossi Harel, l’eroe di Exodus (Il comandante dell’Exodus, trad. di M. Rapin, Einaudi, Torino 2001). Qui ritroviamo inoltre, presentato da un punto di vista letterario, molto di quello cha ci ha raccontato Tom Segev ne Il settimo milione (Il settimo milione. Come l’Olocausto ha segnato la storia di Israele, traduzione di C. Lazzari, Mondadori, Milano 2002), ad esempio la vita degli ebrei tedeschi che cercavano in tutti i modi di conservare le loro abitudini “europee”, come l’amore per la musica e i concerti, indifferenti alle pressioni di una ideologia che con la “Vecchia Europa” traditrice non voleva più avere a che fare; soprattutto ritroviamo qui la realtà durissima di persone che, sfuggite ai campi di sterminio, dopo avere visto i campi profughi in Europa, e poi, spesso, quelli inglesi, si ritrovavano in quelli israeliani. Cito da Segev: «Nella seconda metà del 1945 arrivarono in Palestina circa 90.000 profughi. Avevano tutti conosciuto l’occupazione tedesca e alcuni erano stati nei campi di concentramento. Nei tre anni seguenti ne giunsero altri 60.000 e quasi 200.000 fra il 1948 e il 1949. All’inizio del 1950 in Israele vivevano all’incirca 350.000 superstiti dell’Olocausto, più o meno un israeliano su tre» [p. 143]. E ancora: «Israele guardava con apprensione i profughi e desiderava cambiarli, voleva che assumessero una nuova identità e nuovi valori» [p. 146]. Dietro ai giudizi negativi della maggior parte degli israeliani si nascondeva anche «la paura di trovarsi faccia a faccia con le vittime, con le loro infermità fisiche e psicologiche, le sofferenze e i terrori. Come faremo a vivere insieme? ci si domandava in Israele. Non era un timore irragionevole. Quegli uomini e quelle donne venivano da un altro mondo e ne sarebbero stati prigionieri per sempre» [id.].

Questo vuole essere solo un accenno a quello che è lo sfondo storico e sociale di questo romanzo. Quanto alle vicende dei protagonisti, è vietato svelare di più. Il libro è costruito di proposito per coinvolgere il lettore. Basti dire che quello che Kaniuk ci ha dato è un affresco doloroso e affascinante a un tempo della Israele di una volta, distruggendone, come già ha fatto in altre opere, i miti, ma anche offrendocene una immagine priva di facili giudizi, di accuse, di banalizzazioni, in poche parole priva di retorica. La questione, non facile, era quella di riuscire a trasformare in nazione migliaia di persone segnate da indicibili sofferenze. Farne un libro per ragazzi, significa mescolarvi anche una certa dose di allegria e, più di tutto, fiducia nel prossimo. E in questo Kaniuk è davvero riuscito.