Chi vuole una terza intifada?

La dirigenza palestinese continua a diffondere idee incendiarie contro gli ebrei

Editoriale del Jerusalem Post

image_2624Per alcune ore, lunedì, è sembrato che i leader palestinesi stessero per scatenare una terza intifada. Se non l’hanno fatto è forse per un tardivo riconoscimento che il terrorismo centralmente pianificato – imboscate stradali, bombe sugli autobus, stragi di bambini nelle pizzerie – è ormai antiquato quanto lo è la loro precedente tattica, quella dei dirottamenti aerei. Ma c’è ancora molto spazio per le violenze “spontanee” fortemente ispirate, se non proprio coordinate, dall’alto.
La speciale benedizione sacerdotale della festa di Sukkot che ha portato decine di migliaia di fedeli al Muro Occidentale (“del pianto”), a Gerusalemme, è terminata senza incidenti. Nondimeno la gioia dell’occasione è stata alquanto guastata dalla palpabile tensione dovuta alle minacce di violenze arabe.
L’antefatto. Alla vigilia di Yom Kippur il capo del Waqf islamico (l’ente che gestisce il patrimonio islamico) aveva saputo che un gruppo ebraico assai marginale come ogni anno si proponeva di organizzare una visita sul Monte del Tempio (spianata delle Moschee). Si tratta di gente piuttosto innocua, parte di una corrente interna agli ambienti ebraici che vorrebbero stabilire un Terzo Tempio sul sito del Duomo della Roccia e ripristinare il rito dei sacrifici animali.
Generazioni di eruditi ebrei hanno studiato le pratiche e i rituali degli antichi Templi ebraici, pregando che un giorno il Messia ne faccia dono agli ebrei e che la presenza di Dio si manifesti a tutti. Ma il gruppo in questione si è spinto oltre, adoperandosi per confezionare i paramenti e gli oggetti sacri che di cui, secondo loro, i sacerdoti israeliti avranno “presto” bisogno.
La polizia israeliana, saputo che il Waqf era preoccupato, come ogni anno ha preventivamente vietato al gruppo l’accesso alla spianata del Tempio. Ma quando la polizia ha aperto l’area ad altri visitatori, scortandone un gruppo composto prevalentemente da cristiani francesi, i giovani musulmani appostati in attesa dello scontro hanno scatenato una fitta sassaiola contro gli ignari visitatori. La polizia è intervenuta portando in salvo i turisti e ha ripristinato l’ordine operando alcuni arresti fra gli aggressori (nei disordini che sono seguiti si sono registrati 26 feriti lievi: 9 poliziotti e 17 palestinesi). Ma l’atmosfera dentro e attorno alla Città Vecchia di Gerusalemme è rimasta molto tesa.
Vale la pena notare che, per contro, il mese del Ramadan era appena trascorso senza il minimo disturbo. In effetti le autorità israeliane avevano adottato una serie di misure per agevolare l’osservanza senza impedimenti del mese santo islamico in Israele, Cisgiordania ed anche a Gaza. Duole constatare che i leader palestinesi non hanno ritenuto di dover ricambiare permettendo agli ebrei di osservare le festività ebraiche con altrettanta tranquillità.
Ma, invero, non si possono paragonare mele e arance. Le autorità israeliane promuovono la coesistenza e si adoperano per garantire l’accesso più libero possibile a tutti i luoghi santi. Le fazioni palestinesi invece perseguono esattamente il fine opposto. Gli ebrei non si sognano di negare il valore religioso dei luoghi santi islamici sul Monte del Tempio. Invece i palestinesi non riescono proprio a tollerare il fatto che la presenza ebraica a Gerusalemme abbia preceduto di ben più di un millennio l’arrivo dei musulmani a Gerusalemme nel 636 e.v.
Nessuno sa perché i palestinesi abbiano deciso di aizzare le cose proprio adesso. Alcuni suggeriscono che faccia parte di un tentativo di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) di distogliere l’attenzione della sua gente dalla impopolare decisione dell’Autorità Palestinese di non sfruttare in questo momento il rapporto Goldstone. Quale che ne sia la ragione, una cosa è chiara: niente mette d’accordo fra loro Fatah in Cisgiordania, Hamas a Gaza e l’ala nord del Movimento Islamico israeliano in Galilea più degli slogan sulla “difesa” dell’Haram al-Sharif (la spianata delle Moschee) dai piani di “giudaizzazione”, per usare le parole del comunicato dell’Autorità Palestinese.
Purtroppo non c’è nessun leader palestinese disposto a dire alla propria gente che, naturalmente, esisteva eccome un Tempio ebraico dove oggi sorgono la moschea di al-Aqsa e la Cupola della Roccia. Ammettere un legame fra questo sito e la civiltà ebraica comporterebbe per i palestinesi accettare di condividere l’area e trattare con rispetto i luoghi santi ebraici. Il che ribalterebbe completamente la cultura politica palestinese che ha cresciuto intere generazioni nella convinzione che gli ebrei siano degli intrusi totalmente estranei a questa terra: un ribaltamento che né il Fatah di Abu Mazen, né il Hamas di Ismail Haniyeh né il Movimento Islamico israeliano di Raed Salah saranno mai disposti a fare.
Dopo la liberazione di Gerusalemme (occupata dai giordani fino al 1967), gli ebrei sono stati magnanimi, nella vittoria: le autorità israeliane non solo hanno permesso ai musulmani di mantenere il controllo amministrativo sui loro luoghi santi, ma hanno anche vietato che si tenessero preghiere ebraiche sul Monte del Tempio. La polizia israeliana limita le visite turistiche dei non musulmani nelle ore fra le 7.30 e le 10.30 del mattino e fra le 12.30 e l’1.30 del pomeriggio, esclusi tutti i giorni di festa islamici. Per non ferire la sensibilità dei musulmani, tutti i successivi governi israeliani hanno vietato all’Authority delle Antichità israeliana di fermare gli scavi illegali (e archeologicamente devastanti) compiuti dai palestinesi sotto la spianata del Monte del Tempio. E invariabilmente, ogniqualvolta che gli arabi minacciano violenze, è agli ebrei che viene subito vietato l’accesso al sito, allo scopo di ridurre le tensioni.
Sicché, mentre gli esaltati della setta del “Terzo Tempio” vengono scrupolosamente tenuti a freno dalla polizia ed emarginati dalla stragrande maggioranza della società ebraica, la dirigenza palestinese continua a diffondere nel grosso della società idee fanatiche ed incendiarie sugli ebrei, rendendo inaccessibile qualunque riconciliazione.

(Da: Jerusalem Post, 6.10.09)

Nella foto in alto: Raed Salah, capo del Movimento Islamico israeliano Ramo Nord

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La pura e semplice verità può aiutare la pace – Capi palestinesi disposti a passare per stupidi pur di negare il legame fra ebrei e Terra d’Israele

https://www.israele.net/articolo,2506.htm