Il paradosso della sinagoga del Cairo

Israele è diventato di fatto il principale patrocinatore delle battaglie per i diritti nel mondo arabo.

Da un articolo di Guy Bechor

image_670La scorsa settimana la vista dalle finestre dell’unica sinagoga funzionante in tutto il Cairo è cambiata. Come riferisce Yedioth Aharonoth, ora i visitatori della sinagoga possono godere della vista su un enorme poster dove i leader presenti e passati dello stato d’Israele sono raffigurati come macellai e assassini. Il fatto che il poster sia un omaggio del sindacato artisti egiziani potrebbe suscitare qualche sorpresa, dal momento che in tutto il resto del mondo gli artisti assumono tradizionalmente il ruolo di apostoli dei valori di libertà e in generale amano dipingersi come i più aperti e più illuminati nella loro percezione dell’Altro.
Dunque può accadere che, un quarto di secolo dopo la firma del trattato di pace fra Israele ed Egitto, le associazioni professionali egiziane insistano ancora nel rappresentare Israele e gli ebrei in modo demoniaco, malvagio e antisemita?
Non v’è dubbio che nel corso dell’ultimo anno il regime egiziano, per lo più intimorito dal precedente rappresentato dalla sorte di Saddam Hussein, ha permesso la crescita di qualche germoglio di società civile nel paese. La prima manifestazione di tali spiragli è il moltiplicarsi dei candidati per le elezioni di quest’anno, fra i quali una donna, e il permesso di creare alcune associazioni votate alla promozione dei diritti liberali.
Di conseguenza, secondo logica, ci si aspetterebbe che questi nuovi attivisti egiziani dei valori di libertà fossero aperti alla cooperazione con la società israeliana. E invece anche qui, di nuovo, si deve prendere atto del fatto che gli attivisti egiziani per i diritti di libertà professano aperti sentimenti di ostilità verso Israele: un altro esempio del paradosso del poster della sinagoga del Cairo.
C’è una spiegazione. I gruppi liberali trovano difficile combattere su due fronti contemporaneamente: da una parte per le loro posizioni e dall’altra per migliori rapporti con Israele. In realtà, anzi, è proprio la caparbia ostilità verso Israele che permette loro di legittimarsi. La professione di anti-israelismo costituisce di fatto la base che permette ai liberali egiziani di perseguire i loro obiettivi politici. Il loro dichiarato odio per Israele è ciò che li rende accettabili all’opinione pubblica, almeno a un livello superficiale.
Fra il serio e il faceto, si potrebbe allora affermare che di fatto, negli ultimi tempi, Israele è diventato il principale patrocinatore delle battaglie per i diritti civili e delle donne nel mondo arabo.
Non è una novità. Già in passato in Europa l’odio per gli ebrei è stato usato come una valvola di sfogo o come mezzo per perseguire altri fini. Almeno in questo senso l’avvocato americano Alan Dershowitz ha ragione quando sostiene che Israele assolve oggi il ruolo che è stato tradizionalmente dell’ebreo.
E così nel mondo arabo tocca a Israele e agli ebrei pagare il prezzo per l’avanzamento dei temi del femminismo e della modernità. Per la verità non tutte queste organizzazioni sono davvero liberali. Talvolta un’organizzazione che si definisce “civile” rappresenta in realtà un gruppo islamico fanatico. Associazioni votate ai “diritti umani” spesso nascondo gruppi che con i diritti umani non hanno nulla a che fare. Ciò pone un dilemma non solo a Israele, ma anche alla maggior parte dell’occidente che tende a trattare le organizzazioni civili arabe con la stessa reverenza che si riserva in genere a queste organizzazioni in Europa occidentale. Forse è tempo di sollevare il sottile strato superficiale che copre alcune di queste organizzazioni ed esaminare meglio il loro contenuto.
Se gli egiziani aspirano a maggiori diritti civili e per le donne, non dovrebbero perseguirli a spese di altri. Forse è tempo che Israele smetta di funzionare come base per garantire legittimità alle organizzazioni liberali arabe. Al contrario, l’odio verso Israele dovrebbe essere motivo per negare quella legittimità: il “test Israele” per queste organizzazioni dovrebbe ancora funzionare, ma completamente capovolto.

(Da: Yedioth Aharonoth, 21.04.05)

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