Il rebus sul tavolo del presidente Rivlin

Fino a lunedì sera, molto difficile prevedere gli sbocchi della crisi politica israeliana

Il presidente d’Israele Reuven Rivlin

Non essendo riuscito a ottenere una netta vittoria elettorale per due volte in sei mesi, il primo ministro israeliano più longevo della storia del paese calcola evidentemente di poter rimanere al potere solo condividendolo.

A seguito della situazione di stallo prodotta dalle elezioni parlamentari del 17 settembre, un Benjamin Netanyahu indebolito nei numeri (dai 39 seggi di Likud+Kulanu è sceso a 31 seggi) lunedì ha rilanciato al suo rivale, il centrista Benny Gantz, l’offerta di varare un governo di unità nazionale, sottolineando come nessuno dei due abbia ottenuto abbastanza sostegno dai rispettivi alleati per arrivare alla fatidica maggioranza di 61 seggi sui 120 che compongono la Knesset. Ma nulla fa pensare che Gantz, leader della lista Blu&Bianco, abbia intenzione di accettare una coalizione con il Likud di Netanyahu: Gantz non manca di ricordare le accuse di presunta corruzione che incombono sul primo ministro uscente.

Il presidente d’Israele Reuven Rivlin, chiamato a scegliere un candidato cui conferire l’incarico di formare una coalizione, esorta a varare un governo di unità nazionale, ma non ha il potere legale di costringere Gantz e Netanyahu a farlo insieme. Alla conclusione dei due giorni di consultazioni con i rappresentanti di tutti i partiti che hanno ottenuto seggi alla Knesset nelle votazioni della scorsa settimana, Rivlin ha convocato lunedì sera Netanyahu e Gantz per una riunione a porte chiuse, verosimilmente allo scopo di esortarli a unire le forze e dare finalmente un governo stabile al paese.

Il leader di Blu-Bianco Benny Gantz (a sinistra) e il leader del Likud Benjamin Netanyahu

Sulla carta, Netanyahu dispone ora di un tenue vantaggio su Gantz essendo stato indicato dai 55 parlamentari del blocco destra+religiosi, contro i 54 parlamentari dei partiti di sinistra e arabi che hanno indicato Gantz. Ma, come si è detto, questi dati significano che nessuno dei due leader può vantare il sostegno di almeno 61 parlamentari. Il leggero vantaggio di Netanyahu potrebbe spingere Rivlin a chiedergli di provare a costruire una coalizione di stretta maggioranza, nel caso risultasse impossibile un governo di unità nazionale fra le due forze maggiori. L’incaricato avrà 28 giorni di tempo, più una eventuale proroga di 14 giorni, prima che Rivlin possa passare l’incarico a qualcun altro.

Domenica sera sembrava che Gantz avesse 57 sostenitori, ma lunedì mattina tre parlamentari dei 13 eletti nella Lista (araba) Congiunta hanno ritirato il sostegno che gli avevano promesso il giorno prima.

Avigdor Liberman, il cui partito laico di destra Israel Beitenu ha ottenuto otto seggi, si conferma l’ago della bilancia, in quanto potrebbe far pendere la maggioranza verso l’uno o l’altro dei due leader maggiori, qualora gli sforzi unitari fallissero. Nel suo colloquio con Rivlin, Liberman non si è impegnato né con Netanyahu né con Gantz, sottolineando piuttosto la sua incompatibilità con gli alleati ultra-ortodossi del Likud e coi sostenitori arabi di Blu&Bianco.

Difficile dire quante probabilità vi siano che nasca un governo di unità nazionale, sebbene non appaiano determinanti le differenze politiche tra Netanyahu e Gantz su molte questioni importanti come i rapporti con gli Stati Uniti, la lotta contro la minaccia iraniana, lo stallo nel conflitto palestinese. I due appaiono invece assai distanti sulla eventuale composizione di un governo di unità nazionale. Gantz parla di un governo “liberale”, termine in codice della politica israeliana per dire un governo che non includa i partner ultra-ortodossi di Netanyahu (o per lo meno, che non li veda in una posizione tale da poter esercitare una sorta di veto). Netanyahu, al contrario, subito dopo le elezioni si è precipitato a firmare un’alleanza di blocco coi partiti ultra-ortodossi e con la lista nazional-religiosa Yamina.

Nella vignetta di Shlomo Cohen, l’impossibile compito del presidente Rivlin di miscelare acqua e olio per formare un governo d’unità nazionale

Inoltre, ammesso e non concesso che Gantz accetti un’intesa con il Likud guidato da Netanyahu, resta la questione di chi sarebbe il primo ministro: Netanyahu, Gantz o entrambi a rotazione? L’unico precedente in  questo senso è dato dal governo di unità nazionale che, tra il 1984 e il 1988, vide avvicendarsi nella carica di primo ministro il laburista Shimon Peres e Yitzhak Shamir del Likud.

La situazione che si è prodotta è così paradossale che, secondo molti osservatori, a questo punto sia Gantz che Netanyahu preferirebbero essere incaricati per secondi, lasciando che sia il rivale a fare il primo tentativo, prevedibilmente fallimentare, per farsi avanti solo quando la minaccia di una terza tornata di elezioni anticipate diventasse così concreta da smuovere le acque. A quel punto, si può ragionevolmente pensare che tutte le parti in causa faranno del loro meglio per evitare un secondo scioglimento ravvicinato della Knesset, lasciando gradatamente cadere alcune delle pre-condizioni  che oggi paiono insuperabili.

Ma oltre all’orologio politico, ticchetta anche quello giudiziario. Ai primi di ottobre il procuratore generale israeliano ascolterà Netanyahu in un’audizione difensiva prima di annunciare la decisione se incriminalo formalmente su tre casi di presunta frode e corruzione. Come primo ministro Netanyahu, che nega ogni addebito, non sarebbe legalmente obbligato a dimettersi anche di fronte a un’incriminazione (che non è una condanna, ma solo l’inizio del processo). Lo stesso non varrebbe se ricoprisse una qualsiasi altra posizione ministeriale. Gli alleati di Netanyahu si sono impegnati ad approvare una legge d’immunità che proteggerebbe il primo ministro dalle incriminazioni finché è in carica, legge fortemente osteggiata dagli altri parlamentari. Qualsiasi accordo di unità con Gantz dovrebbe probabilmente fare i conti con tale questione. D’altro canto, se invece Netanyahu venisse incriminato, all’interno del Likud potrebbe aprirsi la partita della successione, dischiudendo la strada alla coalizione chiesta da Gantz fra Blu&Bianco e un Likud non più guidato da Netanyahu.

(Da: YnetNews, Times of Israel, Israel HaYom, 23.9.19)