Iran, l’arsenale della tirannia

Teheran arma jihadisti, terroristi e neo-imperialisti. Non è interesse delle nazioni libere e civili permettere che il suo bellicoso impero si allarghi

Di Clifford D. May

Clifford D. May, autore di questo articolo

Più di 3.000 fucili d’assalto, 578.000 proiettili, 23 missili anticarro guidati. Una spedizione di armi americane agli ucraini che si difendono dagli invasori russi? No, una spedizione dalla Repubblica Islamica d’Iran ai ribelli Houthi che tentano di conquistare lo Yemen.

La buona notizia è che queste armi non sono arrivate a destinazione. In coordinamento con le forze armate statunitensi, le forze speciali francesi le hanno sequestrate lo scorso 15 gennaio nel Golfo di Oman. È incoraggiante vedere gli alleati occidentali operare insieme contro nemici comuni.

Ma non è stato un incidente isolato. Poco prima, il 6 gennaio, le forze americane avevano intercettato una nave che trasportava 2.100 fucili d’assalto dall’Iran verso lo Yemen. E a dicembre, la Marina degli Stati Uniti ha sequestrato un’imbarcazione con a bordo 1.400 fucili AK-47 (Kalashnikov), 226.000 proiettili e propellenti per razzi. Nessuno sa quante spedizioni di questo genere siano invece arrivate nelle mani del movimento Houthi. Ma è un fatto che gli insorti dispongono di una potenza di fuoco sufficiente per controllare gran parte dello Yemen occidentale, inclusa la capitale Sana’a.

La Repubblica Islamica d’Iran è diventata l’arsenale della tirannia. Grazie ai suoi aiuti militari, Hezbollah in Libano surclassa le forze armate libanesi. Il regime iraniano fornisce armi alle sue truppe e ai suoi gregari in Siria e Iraq, oltre che a Hamas e Jihad Islamica Palestinese a Gaza nonché, sempre più spesso, nelle aree nord della Cisgiordania su cui l’Autorità Palestinese sta perdendo il controllo. Israele fa del suo meglio per individuare e distruggere questi arsenali durante il percorso o all’arrivo.

Le Guardie Rivoluzionarie Islamiche iraniane hanno esibito lo scorso 8 febbraio a Isfahan (centro Iran) un missile balistico con la scritta in ebraico “Morte a Israele”

Ultimamente Teheran ha inviato droni alla Russia perché Vladimir Putin li utilizzi per massacrare gli ucraini. Di recente è stata danneggiata o distrutta una fabbrica di armi a Isfahan (Iran centrale). Gli israeliani non hanno né confermato né smentito la propria responsabilità. Poco dopo è stato rivelato che Mosca e Teheran stanno costruendo una fabbrica di droni in Russia. Questa dovrebbe essere la pietra tombale sull’accordo nucleare con l’Iran concluso dal presidente Obama e dal quale Trump si è ritirato. Il presidente Biden ha tentato di rianimarlo in una forma più debole. In cambio della promessa, non di interrompere, ma di ritardare il loro sviluppo di armi nucleari, i governanti iraniani riceverebbero centinaia di miliardi di dollari che potrebbero utilizzare per armare ancora di più i loro compari all’estero, fabbricare missili più sofisticati e continuare a uccidere, torturare e imprigionare i dissidenti in casa loro.

Tornando allo Yemen, la guerra civile è in corso dal 2014 e ha prodotto quella che le Nazioni Unite definiscono la peggiore crisi umanitaria del mondo. L’insurrezione è stata lanciata dal movimento Houthi, ufficialmente denominato Ansar Allah, “Partigiani di Dio”, un gruppo che raccoglie seguaci fra gli zayditi-sciiti che costituiscono circa un quarto dei 30 milioni di abitanti dello Yemen. La maggior parte delle altre tribù sono sunnite. Sostenere gli Houthi di Ansar Allah è uno dei modi con cui i governanti iraniani hanno propagato la loro rivoluzione. Attraverso Hezbollah, sono diventati la forza più potente in Libano. Fianco a fianco con la Russia, hanno sostenuto la dittatura di Assad in Siria. E stanno lentamente trasformando l’Iraq in una colonia (anche se questo esito non è ancora certo).

Lo Yemen si trova sulla sponda orientale di uno dei corsi d’acqua più strategici del mondo: Bab-el-Mandeb, lo stretto che collega il Mar Rosso al Golfo di Aden e, per estensione, il Mediterraneo all’Oceano Indiano. Sarebbe un punto di svolta radicale se Teheran prendesse il controllo di quel passaggio nonché dello stretto di Hormuz che separa l’Iran dalla penisola arabica e attraverso il quale passa quotidianamente il 30% del traffico mondiale di greggio via mare.

Il logo degli Houthi: “Dio è grande, morte all’America, morte a Israele, maledizione sugli ebrei, vittoria per l’islam”

Un cessate il fuoco tra gli Houthi e il governo yemenita è stato negoziato lo scorso aprile ma è scaduto a ottobre. Teheran farà tutto il possibile per impedire un accordo diplomatico finché la vittoria gli sembra a portata di mano. Il governo yemenita è sostenuto dai sauditi, un partner strategico americano da quando il presidente Franklin D. Roosevelt incontrò re Abdul Aziz Ibn Saud il giorno di San Valentino nel 1945. Da allora, il tacito accordo per cui gli Stati Uniti avrebbero fornito sicurezza e i sauditi avrebbero mantenuto il flusso di petrolio a livelli e prezzi ragionevoli per alimentare la crescita economica internazionale. Il presidente Obama ha violato quell’accordo quando ha aperto a Teheran e ha detto ai sauditi che dovevano “condividere il quartiere”. L’assassinio nel 2018 di Jamal Khashoggi, dissidente saudita e collaboratore del Washington Post, ha ulteriormente inasprito le relazioni. Da candidato alla presidenza, Joe Biden promise di far “pagare un prezzo ai sauditi e di renderli di fatto i paria che sono”. Subito dopo l’ingresso alla Casa Bianca, ha rimosso gli Houthi dalla lista nera dei terroristi (un gesto conciliante immeritato e non ricambiato) e “ha disposto la fine del sostegno degli Stati Uniti alle operazioni militari offensive della coalizione a guida saudita contro gli Houthi nello Yemen”. I governanti dell’Iran ne furono senza dubbio ben contenti. I sauditi, ovviamente, costernati. Perché mai il presidente americano dovrebbe aiutare i gregari di Teheran? Gli Houthi lanciano missili e droni contro obiettivi sauditi e degli Emirati. Perché Biden non intende farne dei paria? Non capisce cosa significherebbe se gli Houthi governassero lo Yemen sulla porta di casa dei sauditi a sud e Teheran consolidasse la sua mezzaluna sciita a nord della penisola arabica?

Alcuni analisti sostengono che gli Stati Uniti dovrebbero perseguire la distensione con gli Houthi. In certi casi si tratta degli stessi analisti che sostenevano – e ancora sostengono – che all’interno dei talebani vi sono dei moderati con cui si può andare d’accordo. Lo slogan del movimento Houthi è: “Dio è grande, morte agli Stati Uniti, morte a Israele, maledizione sugli ebrei e vittoria per l’islam”. Dite quel che volete, ma non riesco a vedere come nazioni libere e civili possano trovare molto terreno comune con gente del genere. Se è così, l’America dovrebbe fare tutto il possibile per impedire alle armi di Teheran di raggiungere i suoi gregari: con l’aiuto dei francesi, degli israeliani e di altri alleati. Non è nell’interesse nazionale degli Stati Uniti che lo Yemen diventi un’altra colonia dell’impero bellicoso e in espansione della Repubblica Islamica d’Iran.

(Da: Israel HaYom, 9.2.23)