Israele di fronte all’eterno dilemma della democrazia: mettere al bando gli anti-democratici?

L’analisi di un opinionista di rigorosa ispirazione liberale

Di Jonathan S. Tobin

Jonathan S. Tobin, autore di questo articolo

Promuovendo l’accordo fra il partito HaBayit HaYehudi (La casa ebraica) e il partito Otzma Yehudit (Forza ebraica), guidato dai seguaci del rabbino estremista Meir Kahane, Benjamin Netanyahu può darsi che abbia aumentato le sue chance di vincere le prossime elezioni per la Knesset del 9 aprile. Ma ha anche reso probabile che entri alla Knesset un esponete kahanista di Otzma Yehudit, Michael Ben-Ari, e così facendo si è esposto all’accusa d’aver sdoganato il razzismo.

Secondo i partiti laburista e Meretz (ai quali si è poi aggiunta la lista centrista Blu e Bianco ndr), a Otzma Yehudit non dovrebbe essere permesso candidarsi, sia da sola sia con il suo nuovo partner. I due partiti di sinistra hanno presentato petizioni alla Commissione Elettorale in cui chiedono di bandire dal voto Otzma Yehudit perché è razzista e in contrasto con i principi democratici su cui si fonda lo stato d’Israele. Alcuni hanno anche menzionato il fatto che Otzma Yehudit riceverebbe finanziamenti da una yeshivà (scuola talmudica) fondata da Kahane, considerata dal Dipartimento di stato americano come parte di un’organizzazione terroristica.

Non sappiamo se la Commissione Elettorale considererà in modo favorevole le petizioni o se l’attiva Corte Suprema israeliana riterrà di intervenire per estromettere Otzma Yehudit. Certo, la vicenda richiama alla mente lo sforzo fatto a suo tempo per bandire Meir Kahane dalla Knesset, e solleva la questione se questo esercizio costituisca una difesa della democrazia o se, di fatto, la indebolisca.

Alcuni partiti hanno chiesto di bandire dal voto Otzma Yehudit perché in contrasto con i principi democratici su cui si fonda lo stato d’Israele

Nel 1988, la stessa Commissione votò l’esclusione del partito Kach di Meir Kahane dalle elezioni. Kahane aveva ottenuto un solo seggio nel 1984, ma dopo lo scoppio della prima intifada i sondaggi dicevano che ne avrebbe potuti conquistare fino a tre. Anche se l’allora primo ministro Yitzhak Shamir aveva affermato che non avrebbe mai incluso il problematico Kahane nella coalizione di governo, alcuni nel suo partito Likud ritenevano che lasciarlo correre avrebbe fatto sì che la sinistra non conseguisse un risultato tale da poter formare un governo: la stessa strategia che ha spinto oggi Netanyahu a tirare dentro Otzma Yehudit. Molti invece, sia nel Likud che negli altri partiti, vedevano Kahane, che aveva proposto leggi per vietare le relazioni sessuali tra ebrei e arabi e per proibire incontri tra giovani ebrei e arabi, come una sciagura per la democrazia israeliana e lo volevano bandire dalla Knesset con ogni mezzo possibile. Già nel 1984 la Commissione lo aveva messo al bando, ma la Corte Suprema aveva annullato la decisione dicendo che Kahane non aveva violato nessuna legge in vigore. Negli anni successivi, la Knesset approvò una legge che proibisce la partecipazione alle elezioni di partiti “razzisti” o “antidemocratici” e così, nel 1988, la Corte Suprema confermò il bando del partito Kach.

Kahane venne assassinato a New York nel 1990 da un terrorista jihadista egiziano. Quattro anni dopo, il suo movimento venne proibito come gruppo terroristico sia negli Stati Uniti che in Israele dopo che il 25 febbraio 1994 uno dei suoi seguaci, Baruch Goldstein, uccise 29 fedeli musulmani nella Tomba dei Patriarchi a Hebron (rimanendo a sua volta ucciso dalla reazione della folla). Ma la rinascita del movimento, benché sotto un nuovo nome e su una piattaforma che non include più la richiesta di espulsione in massa degli arabi, è un affare controverso perché gli esponenti di Otzma Yehudit considerano ancora Kahane il loro mentore.

I critici di Netanyahu non hanno torto quando lo accusano d’aver fatto un patto col diavolo. Permettere ai kahanisti di entrare a far parte di una coalizione di governo supera un limite estremamente rischioso, anche se ha una sua logica sul piano matematico in base al macchinoso sistema di voto proporzionale in vigore in Israele. Di certo renderà molto più facile il lavoro di coloro che amano descrivere l’intero paese come uno “stato da apartheid” e diffondono le bugie del movimento BDS, anche se, come è probabile, Otzma Yehudit non avrà alcuna influenza su un futuro governo Netanyahu.

“E l’Oscar per il migliore dramma va a…” – Le elezioni israeliane

Tutto questo non significa, tuttavia, che laburisti e Meretz abbiano ragione a cercare di bandire dalle elezioni quel partito o sui suoi alleati. Un primo problema con le loro argomentazioni è che appaiono piuttosto ipocrite. Né i laburisti né il Meretz hanno mai mostrato di avere alcun problema con la presenza alle elezioni di partiti arabo-israeliani che sono “anti-democratici”, come nel caso dei comunisti di Hadash e degli islamisti di Ra’am, questi ultimi allineati con il movimento della Fratellanza Mussulmana. La posizione anti-sionista radicale di Ra’am, inoltre, può essere a buon diritto accusata di “razzismo” (per loro,  gli ebrei non hanno diritto all’autodeterminazione ndr). Quei due partiti, così come gli islamisti più moderati di Ta’al e i nazionalisti arabi laici di Balad, non solo si oppongono ai principi sionisti che stanno alla base dello stato, ma perseguono espressamente la sua eliminazione. Eppure la sinistra non ha nulla da obiettare al fatto che questi partiti concorrano alle elezioni o addirittura entrino a far parte di un governo. La Corte Suprema è davvero disposta ad affermare che i partiti razzisti e antidemocratici sono da escludere ad eccezione dei partiti etnicamente arabi? Non basta. Bandire Otzma Yehudit perché si ritiene che sostenga ancora il “trasferimento” forzato degli arabi non può che attirare l’attenzione sul fatto che, dall’altra parte, molti di coloro che si candidano alla Knesset sono pronti a sostenere che centinaia di migliaia di ebrei andrebbero senz’altro sfrattati dalle loro case in Cisgiordania.

Ma a parte tutte queste ambiguità, rimane soprattutto preoccupante l’idea di impedire a qualcuno di candidarsi semplicemente perché riteniamo che le sue opinioni siano spregevoli. È vero che i nazisti arrivarono al potere in misura non trascurabile grazie alle loro vittorie elettorali nella Germania di Weimar. Alcuni ritengono che, giacché la democrazia non è un patto suicida, i fascisti i comunisti e forse anche gli islamisti non debbano avere posto in una libera elezione fondata sui principi che essi cercano di distruggere. Ma se crediamo veramente nella democrazia e nella forza delle idee buone, allora questa non è la strada da seguire. Qualunque cosa pensiamo di Otzma Yehudit – e non hanno torto coloro che lo detestano e lamentano il suo abbraccio a distanza da parte di Netanyahu – escluderlo dal voto non risolverà nulla. Vietare partiti o idee, per quanto odiosi possano essere, non tutela la democrazia. Coloro che vogliono sconfiggere Otzma Yehudit devono farlo alle urne, non nei tribunali.

(Da: jns.org, 26.2.19)