La calunnia del vaccino negato ai palestinesi

Quando anche giornali presunti autorevoli abboccano alla bufala secondo cui Israele starebbe in qualche modo impedendo ai palestinesi di vaccinarsi contro il coronavirus

Di Lahav Harkov, Uri Pilichowski

Lahav Harkov, autrice di questo articolo

Lo scorso marzo la Anti-Defamation League pubblicò sul proprio sito web un articolo intitolato: “La crisi del coronavirus rilancia i cliché antisemiti e razzisti”. L’articolo conteneva svariate immagini condivise su social network e app di messaggistica da parte di suprematisti bianchi e antisemiti anti-israeliani che accusano gli ebrei, tra l’altro, di diffondere intenzionalmente il covid-19. Chi non figurava, allora, fra gli esempi citati erano i principali organi di stampa. Dieci mesi più tardi si potrebbero aggiungere parecchi nuovi esempi all’elenco dei casi in cui viene rilanciata, oggi, la secolare calunnia antisemita secondo cui gli ebrei diffondono apposta malattie. Account Twitter con centinaia di migliaia di follower diffondono la calunnia secondo cui Israele, leader mondiale per tasso di vaccinazione della popolazione contro il coronavirus, starebbe intenzionalmente lasciando i palestinesi a languire sotto il giogo della pandemia. Ma in fondo, è Twitter: uno strumento dove chiunque abbia un’alzata d’ingegno può esprimerla e farla circolare anche se totalmente infondata.

Tuttavia, negli ultimi giorni siti di news che si presumono autorevoli e rispettabili, e che dovrebbero controllare la verità dei fatti e rispondere di ciò che pubblicano, stanno diffondendo lo stesso livore manifestato nelle vignette citate dalla Anti-Defamation League del disegnatore Carlos Latuff, guarda caso uno dei premiati nel concorso iraniano per vignette negazioniste della Shoà. “Mentre Israele guida la classifica delle vaccinazioni pro capite contro covid-19, i palestinesi aspettano ancora le dosi” recita un titolo di NPR (National Public Radio) che implica una correlazione fra i due fatti. Così come un titolo dell’Associated Press, ristampato da innumerevoli organi di stampa tra cui PBS e Al Jazeera: “I palestinesi lasciati ad aspettare, mentre Israele si appresta a distribuire il vaccino”.

Esplicita l’accusa contenuta in un titolo del Guardian: “Palestinesi esclusi dal lancio del vaccino covid israeliano mentre le iniezioni vanno ai coloni”. Recita il sottotitolo: “Gruppi per i diritti umani accusano Israele di sottrarsi ai suoi obblighi verso milioni nei territori occupati, che potrebbero aspettare la vaccinazione per mesi”. A leggere questi presunti reportage giornalistici si riceve l’impressione che Israele si sia impegnato in una sorta di cospirazione per fregare i palestinesi con il coronavirus. Bisogna arrivare fino a metà dell’articolo del Guardian per leggere quanto segue:

The Guardian, 3.1.21

“Nonostante il ritardo, l’Autorità Palestinese non ha ufficialmente chiesto aiuto a Israele. Il coordinamento tra le due parti si è fermato lo scorso anno dopo che il presidente palestinese ha interrotto i contatti sulla sicurezza per diversi mesi”.

In altre parole, la dirigenza palestinese si rifiutava persino di parlare con Israele quando quest’ultimo ordinava dosi di vaccino, figuriamoci coordinare con Israele una complessa operazione di lancio della campagna. Prima di allora, il sito di notizie ufficiale delle Nazioni Unite aveva pubblicato un articolo intitolato: “Covid-19: l’inviato delle Nazioni Unite saluta la forte cooperazione Israele-Palestina”. In risposta alla petizione di una ong secondo cui Israele non stava aiutando abbastanza i palestinesi, il governo israeliano ha sottoposto a maggio all’Alta Corte di Giustizia un lungo elenco di azioni intraprese, tra cui l’organizzazione di corsi di formazione per squadre palestinesi di medici, paramedici e tecnici di laboratorio e la donazione di kit per i test tampone del coronavirus. In altri termini, Israele era pronto ad aiutare prima che i palestinesi tagliassero i rapporti. Più di recente, il mese scorso, il ministro della salute Yuli Edelstein ha dichiarato al New York Times che è ovviamente nell’interesse di Israele contribuire a fermare la diffusione del virus tra i palestinesi. Come ha riportato Khaled Abu Toameh sul Jerusalem Post due settimane fa, “i palestinesi non si chiedono che Israele venda loro, o acquisti per loro, il vaccino da qualsiasi paese. I palestinesi affermano che riceveranno presto quasi quattro milioni di vaccini di fabbricazione russa. L’Autorità Palestinese dice che, con l’aiuto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è riuscita ad assicurarsi il vaccino da altre fonti”. L’attuale valutazione dell’Autorità Palestinese è che a febbraio inizierà a ricevere dosi di vaccini Sputnik V e AstraZeneca. Il che è del tutto paragonabile ai paesi mediorientali vicini, compresi quelli con importanti popolazioni palestinesi come Libano e Giordania, che non hanno avviato operazioni di vaccinazione, così come molti altri paesi che si affidano al programma di aiuto vaccinale dell’OMS.

3 gennaio 2021: una donna riceve la vaccinazione contro il coronavirus nella città arabo-israeliana di Umm El-Fahem

Non basta. Gli Accordi di Oslo degli anni ’90 – cioè gli accordi che, sebbene provvisori, sono internazionalmente considerati legalmente vincolanti per i rapporti tra Israele e palestinesi – stabiliscono che l’Autorità Palestinese è responsabile dell’assistenza sanitaria per i palestinesi in Giudea, Samaria e striscia di Gaza, comprese le vaccinazioni. Da quasi trent’anni l’Autorità Palestinese tutela gelosamente questa sua prerogativa prevista dagli Accordi di Oslo, come sanno bene i reporter che citano costantemente i rapporti del Ministero della salute di Ramallah e di quello a Gaza gestito da Hamas.

Allora perché così tanti mass-media apparentemente rispettabili hanno completamente toppato su questa vicenda? In parte vale la vecchia regola generale per cui le notizie “cattive” piacciono sempre di più, non importa se infondate. Ad essa si aggiungono i consueti pregiudizi anti-israeliani, sui quali è stato detto e scritto tanto. Ma in questo caso particolare sembra che molti giornalisti si siano fatti prendere per il naso da attivisti faziosamente schierati. L’accusa che sia la colpa di Israele la lenta introduzione del vaccino da parte dell’Autorità Palestinese è stata diffusa nelle ultime settimane sui social network di attivisti e ong. Molti giornalisti sono follower di questi attivisti e il gioco è fatto. Considerando che l’Autorità Palestinese non ha nemmeno chiesto l’aiuto di Israele, è evidente che gli attivisti che hanno diffuso queste falsità, che poi sono passate sulle testate giornalistiche, non si pongono nemmeno l’obiettivo di fare qualcosa che corrisponda ai desideri della dirigenza palestinese. L’unica cosa a cui mirano è calunniare Israele. Come ha scritto su Twitter l’ex parlamentare laburista Einat Wilf, “Se Israele promuove lo status delle persone LGBTQ, Israele sta solo facendo ‘pinkwashing’ (tutelare i gay per distogliere l’attenzione dalla condizione dei palestinesi ndr). Se Israele ha il più alto numero di vegani, evidentemente sta facendo ‘vegan-washing’. Se è il primo a mandare un ospedale da campo nella devastata Haiti, lo fa per ‘depredare organi umani’. Se è leader mondiale nella vaccinazione, lo fa a scapito dei palestinesi. Abbastanza patetico, non vi pare?”.

Dovrebbe essere compito dei giornalisti e dei direttori non farsi prendere in giro da gente che cerca solo il modo di mettere in cattiva luce Israele, e non dare libero corso ai loro pregiudizi. Fortunatamente, nel mondo reale non tutti prendono i tweet anti-israeliani per oro colato. Ma è motivo di allarme il fatto che una narrativa che riecheggia antiche calunnie antisemite sugli ebrei che diffondono apposta le malattie abbia fatto presa così facilmente in alcuni importanti ambienti mediatici.

(Da: Jerusalem Post, 4.1.21)

Uri Pilichowski, autore di questo articolo

Scrive Uri Pilichowski: È molto facile scrivere un articolo che attacca Israele. Richiede pochissimo sforzo e nessuna ricerca. Tutto ciò che serve è trovare qualcosa che Israele sta facendo bene, confrontarlo con la situazione dei palestinesi e incolpare Israele per la discrepanza. Per rendere l’articolo più efficace, giornalisti e titolisti non devono far altro che aggiungere termini come “colono” o “occupazione”. In questo modo l’articolo verrà facilmente bevuto dai principali mass-media e si diffonderà rapidamente, ripubblicato e condiviso dalle principali tesate. Ci sono milioni di persone che adorano leggere un articolo che demonizza Israele.

L’ultimo esempio di questo ottuso modo di veicolare calunnie anti-israeliane è un recente articolo del Guardian. Con un controllo dei fatti prossimo a zero, il Guardian si è fatto in quattro per cercare di diffamare Israele e il suo successo nella campana vaccinale anti-coronavirus. Parlare di questo successo sarebbe stato facile, visto che Israele sta vaccinando tre volte più (pro capite) dei paesi più avanzati. Ma dovendo scegliere tra scrivere un articolo che indagasse come mai Israele sta riuscendo bene, magari fornendo ad altri governi informazioni preziose su cui riflettere, oppure capovolgere la notizia in un articolo che faccia passare Israele per cattivo, è normale aspettarsi che organi anti-israeliani optino per l’automatica diffusione di odio verso Israele. Un po’ meno ovvio che lo facciano autorevoli organi d’informazione che dovrebbero puntare a standard un po’ più elevati.

Vignetta di Carlos Latuff (autore premiato nell’edizione 2006 del concorso iraniano per vignette negazioniste della Shoà)

Il Guardian ha scelto di confrontare le vaccinazioni in Israele con la mancanza di vaccinazioni tra i palestinesi e di incolpare Israele per la discrepanza. Ovviamente hanno aggiunto nel titolo la parola “coloni”, la tipica strizzata d’occhio ai pregiudizi anti-israeliani. Il titolo recita infatti: “Palestinesi esclusi dal lancio del vaccino covid israeliano mentre le iniezioni vanno ai coloni”.

Gli accusatori di Israele sostengono che il governo israeliano sarebbe tenuto a trattare i palestinesi allo stesso modo dei cittadini israeliani (ebrei e arabi). Il loro argomento è un Comma-22: esigono che Israele dia massima autonomia ai palestinesi e allo stesso tempo pretendono che Israele garantisca ai palestinesi tutto ciò che garantisce ai propri cittadini. E’ un argomentazione che ignora i fatti. I fatti sono che i palestinesi hanno voluto l’autonomia anche per quanto riguarda l’assistenza sanitaria della propria gente. In base agli Accordi di Oslo,

“i poteri e le responsabilità nella sfera della salute in Cisgiordania e nella striscia di Gaza saranno trasferiti alla parte palestinese, compreso il sistema di assicurazione sanitaria. La parte palestinese continuerà ad applicare gli attuali standard di vaccinazione dei palestinesi e li migliorerà secondo gli standard accettati a livello internazionale in questo campo, tenendo conto delle raccomandazioni dell’OMS. A questo proposito, la parte palestinese continuerà a vaccinare la popolazione” (Accordo ad interim israelo-palestinese, Allegato III, Appendice 1, art. 17, comma 1 e 2, 28 settembre 1995)

Questo hanno firmato israeliani e palestinesi, per cui i palestinesi sono responsabili dell’assistenza sanitaria della loro popolazione. È semmai l’incompetenza dei palestinesi ciò che ha portato alla loro incapacità di fornire i vaccini alla propria popolazione.

L’articolo del Guardian sostiene anche che l’Autorità Palestinese è “a corto di soldi”. Ma l’Autorità Palestinese destina più di 300 milioni di dollari all’anno a vitalizi versati a terroristi in carcere o parenti di terroristi morti compiendo attentati: uno stipendio tanto più alto quanto più è alto il numero di israeliani uccisi o feriti. Questa “paga per uccidere” pesa sul bilancio palestinese, precludendo la possibilità di finanziare meglio l’assistenza sanitaria della loro popolazione.

Come non bastasse, a dimostrare quanto siano infondate le accuse contro Israele c’è il fatto che i palestinesi stessi hanno declinato l’aiuto di Israele per ottenere le vaccinazioni, mentre i funzionari del Ministero della sanità palestinese annunciavano di essersi assicurati le forniture di vaccini.

Quando l’unico stato calunniato con informazioni false da un giornale come il Guardian è lo stato ebraico, è legittimo nutrire qualche sospetto. Come gli ebrei hanno dolorosamente imparato, quando un comportamento puzza di antisemitismo, in genere è proprio antisemitismo.

(Da: Times of Israel, 4.1.21)