L’altro virus che si diffonde alla velocità del corona: l’antisemitismo

La rete è inondata di commenti anti-ebraici che vanno da "gli ebrei hanno creato il coronavirus" alle calunnie secondo cui Israele riserverebbe un trattamento medico separato ai cittadini non ebrei

By Emily Schrader

Emily Schrader, autrice di questo articolo

Praticamente da quando esistono, gli ebrei vengono incolpati di ogni tipo di malattia, sociale o biologica. Eppure, con tutta la nostra tecnologia e i nostri progressi scientifici, non siamo ancora riusciti a trovare un vaccino o una cura per il brutto virus dell’antisemitismo. Anzi, con la velocità della comunicazione e la capacità di attraversare digitalmente i confini, l’antisemitismo si sta risollevando e con maggiore virulenza. Mentre la pandemia di coronavirus si allarga a livello globale, anche l’odio pregiudiziale anti-ebraico è in aumento. Le ricerche dimostrano che, in tempi “normali”, sui social network viene postato un contenuto antisemita ogni minuto e mezzo. Con l’avvento della paura da coronavirus, e sulla base dell’esperienza empirica di queste settimane, mi azzardo a stimare che ora sono molti di più e più frequenti.

I social network appaiono inondati di commenti antisemiti, che vanno da “gli ebrei hanno creato il coronavirus” alle assurde calunnie secondo cui Israele riserverebbe un trattamento medico separato ai cittadini non ebrei (questa è stata diffusa da un professore americano). Ben note piattaforme della alt-right (destra alternativa) come Gab hanno visto un’esplosione di teorie complottiste relative a ebrei e coronavirus e, naturalmente, noti antisemiti come David Duke si sono scatenati nel disseminare l’idea che “Israele e l’élite sionista globale sono implicati fino al collo” nella pandemia di covid-19.

Prendono piede demenziali teorie complottiste, con l’Iran che insinua pubblicamente che dietro al coronavirus ci sono “ebrei americani” e che “elementi sionisti hanno sviluppato il ceppo mortale di coronavirus”. Naturalmente, si tratta innanzitutto di una tattica del regime iraniano volta a distogliere l’attenzione dal suo abissale fallimento nel contrastare il coronavirus. La televisione giordana ha dato voce a un religioso islamico che predica che gli ebrei sono “più pericolosi di coronavirus, Aids e colera”.

Nella vignetta postata su Telegram il 15 marzo, il coronavirus è visto come un cavallo di Troia manovrato dal “globalista” ebreo (raffigurato secondo la classica iconografia antisemita nazista)

Un analista politico iracheno ha informato i telespettatori che il coronavirus è un “complotto israeliano per ridurre la popolazione mondiale”. In Turchia, sono stati citati politici giornalisti e cittadini comuni che accusano Israele per il virus, compreso un politico che ha detto: “Questo virus serve all’obiettivo del sionismo di ridurre il numero di persone e impedirne l’aumento, e lo affermano importanti ricerche. Il sionismo è un microbo antico di cinquemila anni che causa sofferenze alle persone”.

Le cose non vanno molto meglio nei territori palestinesi, nonostante Israele stia cooperando con l’Autorità Palestinese nella lotta per contrastare il virus. I social network palestinesi, compresi alcuni ufficiali, hanno diffuso vignette antisemite che paragonano Israele al coronavirus e accusano Israele di diffondere il coronavirus nelle comunità palestinesi, nonostante si sappia che il virus è stato portato in Cisgiordania da un gruppo di pellegrini greci in visita a Betlemme ed è arrivato nella striscia di Gaza con due palestinesi rientrati, via Egitto, da una conferenza islamica in Pakestan. Una vignetta raffigurante una stella di David bianca e blu recita: “Da oltre 70 anni combattiamo il corona e lo distruggeremo con l’aiuto di Dio”.

Anche Hollywood non è immune dal virus dell’antisemitismo che accompagna il coronavirus: l’attrice Rosanna Arquette ha postato l’accusa senza fondamento secondo cui Israele disporrebbe del vaccino già da un anno e un’azienda gestita da ebrei starebbe trattenendo informazioni a scopo di lucro.

Dal canto suo, il movimento BDS se n’è stato finora relativamente zitto circa la questione se userebbe o meno un (ipotetico) vaccino israeliano, ma si sa di almeno un giornalista pro-BDS di Press TV, Roshan Salih, che ha twittato che preferirebbe essere infettato dal coronavirus che usare un prodotto israeliano. Evidentemente per alcuni attivisti BDS odiare Israele è più importante che sopravvivere. Quando Salih è stato irriso sui social network, ha fatto ricorso a un’altra classica teoria complottista sostenendo che era stato attaccato “dall’esercito di troll di Israele”.

La piaga dell’antisemitismo è un problema persistente sui social network, poiché i social network offrono una piattaforma senza censure e spesso anonima per diffondere contenuti in tutto il mondo. Ma questa pandemia globale ha dimostrato, nel giro di pochi giorni, che oggi l’antisemitismo attecchisce non solo nelle solite frange relativamente marginali islamiste e neonaziste, ma anche presso il grande pubblico: leader mondiali, giornalisti, attivisti per i diritti umani e altri. Ancora una volta, l’ossessione irrazionale per gli ebrei dimostra che l’antisemitismo non è marginale, ma è ben radicato nella società in generale.

(Da: Jerusalem Post, 24.3.20)