Scarcerata Ahed Tamimi, il prodotto perfetto dell’indottrinamento all’odio e della glorificazione del terrorismo

La giovane, simbolo di un’intera generazione di palestinesi cresciuti nell’odio per ebrei e Israele, non poteva che diventare l’icona delle campagne anti-israeliane

Il post di Amnesty International che elogia il “coraggio” di Ahed Tamimi e della sua famiglia

E’ stata accolta come un’eroina, dai palestinesi e dalla stampa internazionale, Ahed Tamimi, la giovane palestinese scarcerata domenica da Israele dopo aver scontato otto mesi di detenzione per istigazione esplicita al terrorismo e aggressioni, reiterate per anni, a calci pugni insulti e sputi contro soldati israeliani, sempre calcolatamente inscenate davanti alle telecamere (senza peraltro essere mai riuscita a suscitare la desiderata reazione violenta, da filmare e diffondere).

La detenzione di Ahed Tamimi (che nel frattempo, in carcere, ha compiuto 17 anni e ha completato gli studi di scuola superiore sostenendo l’esame di diploma) è stata accompagnata da una ininterrotta campagna internazionale per il suo rilascio incondizionato.

Ha scritto Bradley Martin (su JNS, 2.4.18): «Da Londra, Amnesty International si è spinta al punto di elogiare il “coraggio” della giovane e della sua famiglia nella loro battaglia contro Israele, descrivendoli come attivisti dediti alla resistenza pacifica e non violenta. Ma a quali membri della famiglia Tamimi allude Amnesty International?

Forse l’ammirata zia di Ahed, Ahlam Tamimi, la mai pentita organizzatrice della strage suicida alla pizzeria Sbarro di Gerusalemme del 2001 che uccise 15 civili e ne ferì o mutilò altri 130. “Ammetto di essere un po’ delusa perché speravo in un bilancio più pesante” ha dichiarato fiera e compiaciuta Ahlam Tamimi, in un’intervista rilasciata in Giordania poco dopo essere stata scarcerata da Israele nell’ambito del ricatto per la liberazione dell’ostaggio di Hamas Gilad Shalit. E’ la stessa donna che continuò a sorridere serafica quando, intervistata in carcere, apprese per la prima volta dal giornalista che tra le persone che aveva assassinato c’erano anche otto bambini e una donna incinta. Nel 2012 Ahed Tamimi, ancora bambina, partecipò entusiasta al matrimonio dell’adorata zia.

Il post diffuso dalla madre di Ahed Tamimi, con le istruzioni grafiche su dove conficcare i coltelli per ottenere l’effetto più letale possibile

O forse Amnesty International decanta le virtù di zia Manal Tamimi, una furibonda fanatica antisemita che per anni ha inondato il web con espressioni di adorazione per Hitler, e che rigetta l’intera storia ebraica e qualunque legame fra ebrei e Terra di Israele?

E i genitori della giovane Ahed? La madre, Nariman Tamimi, è quella che si è sperticata in elogi delle terroriste palestinesi che hanno complessivamente assassinato 55 israeliani, tra cui 21 bambini, e ferito o mutilato più di 300 persone. Quando alla fine del 2015 è iniziata la cosiddetta “intifada dei coltelli”, Nariman ha persino rilanciato sul web le istruzioni grafiche per i potenziali terroristi palestinesi su dove conficcare i pugnali per ottenere l’effetto più letale possibile.

Non è da meno il padre di Ahed, Bassem Tamimi, uno che promuove e diffonde regolarmente alcune delle più vergognose teorie complottiste antisemite, come l’accusa agli israeliani di incarcerare bambini palestinesi per rubare i loro organi e ai “sionisti” di controllare tutti i mass-media imponendo loro di tacere queste “informazioni”. Eppure Amnesty International considera quest’uomo così retto e credibile da aver sponsorizzato per lui nel 2015 (prima dell’arresto della figlia) un tour di conferenze negli Stati Uniti, compresa una tappa in una classe di terza elementare.

Come meravigliarsi, dunque, se la giovane Ahed ha fedelmente seguito l’esempio della sua impeccabile famiglia, giungendo al punto di esortare in un video i palestinesi ad assassinare gli israeliani con i coltelli, le pietre e “operazioni di martirio”, cioè attentati suicidi?

L’istigazione palestinese a odiare ebrei e israeliani è diffusa a ogni livello. Bambini palestinesi vengono regolarmente presentati sulle emittenti palestinesi mentre sono sollecitati a demonizzare gli ebrei come “le più cattive fra tutte le creature”, a glorificare i terroristi palestinesi e ad invocare lo sterminio degli ebrei “discendenti da scimmie e maiali”. Le scuole palestinesi esaltano i terroristi come modelli da seguire, al punto che vi sono almeno 75 scuole dell’Autorità Palestinese intitolate al nome di terroristi e persino di collaboratori dei nazisti.

Non è certo nuova, poi, la tecnica palestinese di usare minorenni per provocare i soldati israeliani, sperando in una reazione scomposta da filmare e far circolare in tutto il mondo. Si è visto persino un palestinese incitare i soldati israeliani a uccidere il figlioletto perché la scena venisse catturata dalle videocamere. Il padre spingeva il figlio di 4 anni verso un soldato armato, il quale dal canto suo ha reagito dando “un cinque” al bambino e stringendogli la mano. In un altro caso, in una delle innumerevoli (vane) provocazioni che hanno visto protagonista la giovanissima Ahed Tamimi, si poteva vedere un altro bambino palestinese ripetutamente spinto in malo modo da un adulto verso un soldato israeliano nel tentativo (anche quella volta andato a vuoto) di provocare una risposta violenta.

Certo che Ahed Tamimi è una vittima, ma non di Israele. La tragedia è che la mente di una giovane ragazza, come quella di un’intera generazione di giovani palestinesi, è stata avvelenata fin dalla nascita da una famiglia e una società che non esitano ad abusarne, fino al punto di farla diventare pericolosa per se stessa e per gli altri.

Anziché continuare a diffondere il mito fasullo di Ahed come vittima della “terribile occupazione israeliana”, gli ipocriti autori della campagna a suo nome dovrebbero piuttosto rivolgere le loro scandalizzate reazioni verso i palestinesi come il clan Tamimi, che odiano gli ebrei e Israele più di quanto amino i loro stessi figli.»

(Da: JNS, 2.4 – israele.net, 29.7.18)

Fermo-immagine dal video in cui Ahed Tamimi, sollecitata dalla madre, esorta i palestinesi ad accoltellare e compiere “operazioni di martirio” (attentati suicidi)