Venerdi 1: se ne discute in Israele

Alcuni commenti dagli editoriali della stampa israeliana del 31 luglio

Yediot Aharonot afferma: “Ehud Olmert è morto nella guerra ed è sepolto dalle inchieste”. Gli editorialisti dicono che la gente all’improvviso ricorda che “i due anni sotto il suo governo, dopo la guerra, non sono stati così male. Sapeva come gestire il governo, come conversare con i leader mondiali, ha preso alcune imporanti decisioni di sicurezza e ha preparato il terreno per la pace. Presto, sotto Mofaz, Livni o Bibi, incominceranno a ricordare”.

Yisrael Hayom (Israele oggi) asserisce che “Il discorso di Olmert è stato, di per sé, un disperato e onorevole tentativo di essere uno statista, anche se un po’ tardi. Ha ragione, le considerazioni personali non vengono prima dell’interesse pubblico e dello stato”. Ma, dicono gli editorialisti, “lo stesso pubblico è stufo, non solo dei romanzetti ma anche delle ciniche sferzate che venivano da lui – direttamente o attraverso i suoi messaggeri – che minavano completamente le fondamenta del sistema legale”. Infine, il giornale conclude che “le belle parole non servono. Troppo poco, troppo tardi”.

Ma’ariv sostiene che il Primo Ministro Ehud Olmert “se ne va in ritardo di due anni”, e che “Olmert finirà i suoi giorni come Primo Ministro così come ha fatto dal 12 agosto 2006: solo, disprezzato, un esempio di fallimento per generaztioni”.

Il Jerusalem Post loda il Primo Ministro Olmert per la sua decisione di dimettersi e per il modo dignitoso in cui l’ha annunciata. L’editorialista avverte che, se non dovesse essere immediatamente incriminato e poi condannato, le autorità legali israeliane andrebbero incontro all’accusa di essere complici nel rimuovere un primo ministro eletto dalla sua carica, con implicazioni terribili per la democrazia israeliana.

Ha’aretz critica duramente la decisione del governo di posporre l’attuazione delle raccomandazioni della Commissione Dorner, che hanno stabilito che un ulteriore appannaggio debba essere pagato immediatamente a 43.000 sopravvissuti all’Olocausto, e chiede a questi di bloccare l’ingresso del museo di Yad Vashem per sottolineare che Israele ha perso il diritto morale di parlare a nome loro.