Amos Oz e la centralità dell’ebraico nel sionismo e nella vita ebraica

Come i giganti della letteratura ebraica moderna Bialik Agnon Amichai e Applefeld, l’ebraico del grande autore da poco scomparso ha contribuito a trasformare una raccolta di immigrati in una vera nazione

Di Jonathan S. Tobin

Jonathan S. Tobin, autore di questo articolo

Per coloro che vedono Israele unicamente come un campo di battaglia, Amos Oz era solo uno scrittore che esprimeva vigorose opinioni sui dilemmi politici e di sicurezza in cui si dibatte il suo Paese. Le prese di posizione di Amos Oz a favore della soluzione a due stati e la sua opinione nettamente negativa sull’attuale governo israeliano, e su molti dei governi che l’hanno preceduto, figurano in modo preponderante negli articoli commemorativi che hanno fatto seguito alla sua morte, lo scorso 28 dicembre, all’età di 79 anni.

Amos Oz, una figura importante nella letteratura israeliana degli anni ’60, divenne una star della letteratura mondiale dopo la traduzione del suo romanzo del 1968 Michael mio (edito in inglese nel 1972 e in italiano nel 1975). Ma il fatto che fosse uno dei fondatori di Shalom Akhshav (“Pace adesso”) sembrava altrettanto e più importante della sua scrittura, agli occhi di coloro il cui interesse per Israele inizia e finisce con le discussioni sul conflitto con i palestinesi.

Le attitudini politiche di Amos Oz meritano di essere discusse soprattutto perché egli rappresentava una forma di sionismo liberal che sta diventando sempre più fuori moda nella sinistra. In un periodo in cui gli attacchi alla legittimità stessa dello stato ebraico – indipendentemente da dove siano fissati i suoi confini o quale sia la maggioranza che lo governa – sono diventati moneta corrente tra coloro che ossequiano l’ideologia della “intersezionalità”, l’intenso patriottismo israeliano di Amos Oz e la sua ferma convinzione nel diritto all’autodifesa del suo Paese apparivano ormai in dissonanza con le opinioni di molti critici dello stato ebraico, inclusi molti ebrei. Al contempo, i sostenitori della destra respingevano la sua altrettanto ferma convinzione che il futuro del Paese potrà essere garantito solo da un accordo di pace che dia spazio a due stati per due popoli, e le sue conseguenti critiche nei confronti del movimento degli insediamenti in Cisgiordania.

Amos Oz (1939-2018)

In effetti, dopo che la fiducia nel processo di Oslo si è infranta su Yasser Arafat e sull’intifada delle stragi suicide, oltre che sui reiterati rifiuti palestinesi di ogni plausibile offerta di statualità indipendente, la posizione politica di Amos Oz era considerata obsoleta da molti israeliani su entrambe le estremità dello spettro politico.

Ma sarebbe un errore guardare ad Amos Oz principalmente attraverso lenti politiche o misurare il suo valore unicamente sulla base delle proprie idee circa il processo di pace. Il posto di Amos Oz nella storia ebraica emerge innanzitutto come quello di una eminente figura della letteratura ebraica e israeliana. E cosa ancora più importante, commemorare la sua vita significa ricordare la centralità che riveste l’ebraico non solo nell’aver contribuito a garantire le basi per la creazione di Israele, ma anche come elemento essenziale per garantire il futuro del popolo ebraico. Le opere di Amos Oz, insieme a quelle di altri straordinari scrittori israeliani, devono essere lette come ciò che ha contribuito a forgiare la lingua con cui comunicare la più autentica espressione dell’identità ebraica e israeliana.

La rinascita dell’ebraico come lingua moderna fu importante per il successo dell’impresa sionista almeno quanto gli sforzi per riscattare la terra e per edificare e difendere lo stato ebraico. È perfettamente legittimo celebrare e preservare le gioie e i successi dello yiddish, così come del giudeo-spagnolo e delle altre lingue (incluse le lingue europee) in cui si è espresso il pensiero ebraico. Ma l’ebraico è l’unica lingua e l’unica letteratura che unisce l’intero popolo ebraico, e non solo i suoi segmenti che vivevano nell’Europa orientale o settori della diaspora presenti nel Mediterraneo e in Medio Oriente.

“Una storia di amore e di tenebra”, l’edizione speciale pubblicata dopo che Amos Oz aveva vinto il Premio Goethe 2005

Rendere la lingua della Bibbia e della liturgia religiosa ebraica, che teneva collegati gli ebrei alla loro casa in Terra d’Israele, la lingua franca degli ebrei nuovamente riuniti fu essenziale per diventare una vera nazione, e non solo una raccolta di immigrati e di profughi. L’enorme realizzazione della letteratura ebraica non sta solo nel saperci raccontare le storie della comunità ricreata nell’antica patria degli ebrei, ma nel fornirci la narrazione di una nazione rinata in tutta la sua complessità, il suo dolore e la sua grandezza.

I racconti di Amos Oz e la sua prosa esemplificano questo processo con cui la letteratura ebraica moderna è diventata il contenitore attraverso cui si esprimono il pensiero e l’identità israeliani. Gli ebrei sono un popolo che ha sempre valorizzato la parola scritta, e in questo senso la letteratura del moderno Israele – e quella dei suoi più grandi scrittori e poeti come Chaim Nachman Bialik, Shmuel Yosef Agnon, Yehuda Amichai, Aaron Applefeld e Amos Oz – è uno dei successi più notevoli del sionismo e di Israele.

Non occorre essere d’accordo con tutto ciò che Amos Oz ha detto e scritto per ammirare e rispettare l’integrità delle sue opinioni e della sua vita, e per cogliere l’importanza della sua scrittura e quanto essa abbia contribuito a dare voce ai molti dilemmi che gli israeliani hanno dovuto e devono affrontare. La si apprezza e la si ammira perché ha contribuito a rappresentare Israele, con il suo splendore e i suoi difetti, agli occhi dei lettori di tutto il mondo in più di 40 lingue. Possa la sua memoria essere di benedizione.

(Da: jns.org, 31.12.18)