Anche l’Italia ha votato contro la mozione palestinese all’Onu che mira ad affossare ogni possibile negoziato

La mozione contraddice gli accordi firmati fra le parti e vorrebbe imporre le rivendicazioni di una parte sull’altra, spacciando per giuridico un conflitto che è di natura politica

Le bandiere di Israele e Italia davanti alla sede delle Nazioni Unite a New York

Il primo ministro israeliano Yair Lapid ha affermato che Israele respinge con forza la mozione palestinese (tecnicamente presentata dal Nicaragua) approvata venerdì sera dalla Quarta Commissione dell’Assemblea Generale Nazioni Unite, che chiede alla Corte di Giustizia Internazionale di indicare se l’occupazione israeliana nei territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania), rivendicati dai palestinesi, sia da condannare come “annessione illegale”. La mozione, approvata con 98 voti a favore, 17 contrari e 52 astenuti, dovrà passare entro la fine dell’anno all’Assemblea Generale di 193 membri (dove è praticamente certa la sua approvazione).

Tra le nazioni che hanno votato contro figurano Stati Uniti, Canada, Repubblica Ceca, Germania, Australia, Austria, Repubblica Ceca, Estonia, Guatemala, Ungheria, Liberia, Lituania e – per la prima volta in questo genere di votazioni – l’Italia. Fra i paesi che si sono astenuti si registrano Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Lettonia, Paesi Bassi, Norvegia, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito.

La Corte di Giustizia Internazionale è un organo delle Nazioni Unite incaricato di dirimere le controversie fra stati. I suoi pareri non sono vincolanti, ma una sua decisione nel senso auspicato dalla mozione contribuirebbe ad avallare la rivendicazione palestinese decretando arbitrariamente come “palestinesi” tutti i territori di Cisgiordania, in contraddizione con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e con gli accordi fin qui firmati, secondo i quali il destino di quei territori e il futuro confine devono essere negoziati dalle parti.

Fra l’altro, il testo della mozione fa riferimento alle politiche israeliane nella “Città Santa di Gerusalemme” indicando il Monte del Tempio con il solo termine arabo-islamico di al-Haram al-Sharif, e dunque disconoscendo ancora una volta il suo valore storico e religioso per ebrei e cristiani. La mozione fa anche riferimento a una decisione della Corte Internazionale del 2004 che decretava come illegale la barriera difensiva fra i Territori e Israele, e chiede che Israele proceda senza condizioni alla demolizione della struttura (che ha sostanzialmente contribuito a fermare l’ondata di attentati terroristici della cosiddetta seconda intifada).

La riunione dell’11 novembre 2022 della Quarta Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York

“Si tratta di una mossa unilaterale da parte dei palestinesi che mina i principi di base per porre fine al conflitto – ha detto Yair Lapid – e che può solo danneggiare ogni possibile futuro processo di pace. I palestinesi cercano continuamente di sostituire i negoziati con azioni unilaterali e continuano a usare le Nazioni Unite per attaccare Israele. Questa mossa non cambierà la realtà sul terreno, non porterà alcun vantaggio al popolo palestinese e potrebbe anzi portare a un’escalation di violenza. Sostenere questa mossa significa premiare le organizzazioni terroristiche e la campagna contro Israele. A tutti i paesi che hanno sostenuto la mozione – ha concluso Lapid – chiediamo di riconsiderare la loro posizione e opporsi quando verrà votata in Assemblea Generale. La strada per risolvere il conflitto non passa attraverso i corridoi dell’Onu o di altri organismi internazionali, e la mossa dei palestinesi all’Onu avrà delle conseguenze”.

Nella riunione di venerdì sera, sia gli Stati Uniti che Israele hanno denunciato la mozione come un tentativo di aggirare una soluzione negoziata del conflitto, in contrasto con le precedenti risoluzioni delle Nazioni Unite che prevedono invece tali negoziati. “I palestinesi hanno respinto ogni singola iniziativa di pace e ora coinvolgono un ente esterno con la scusa che il conflitto non è stato risolto – ha detto l’ambasciatore israeliano all’Onu Gilad Erdan – Ma l’unico motivo per cui non è stato risolto è a causa della loro intransigenza e del loro rifiuto. Dicono di essere pronti a negoziare, ma quello che non dicono è che sono pronti a farlo solo se viene garantito loro il 100% delle loro richieste ancora prima di sedersi al tavolo dei negoziati”. Erdan ha spiegato che è molto conveniente per i palestinesi rifiutare, nel corso della storia, tutti i piani di pace e poi sostenere che il conflitto è perenne e illegale perché Israele non si piega alla loro pretesa di un ritiro completo e totale sulle linee armistiziali precedenti il 1967. “Sfruttare un organismo delle Nazioni Unite facendo affidamento sulla maggioranza politicizzata anti-israeliana allo scopo di imporre le richieste di una parte sull’altra anziché negoziare – ha detto Erdan – è chiaramente un passo unilaterale che serve solo a garantire molti altri anni di stallo e dà ai palestinesi la scusa perfetta per continuare a boicottare i negoziati e perpetuare il conflitto”.

L’esito della votazione della Quarta Commissione dell’Assemblea Generale (clicca per ingrandire)

L’ambasciatore israeliano si è poi soffermato sul fatto che, non per caso, il testo della mozione disconosce il legame ebraico con il Monte del Tempio. “Non si tratta di un errore per ignoranza – ha detto – ma dell’ennesimo tentativo di distorcere la storia e cancellare ogni rapporto tra il popolo ebraico e Gerusalemme”. Anche il rappresentante degli Stati Uniti, Andrew Weinstein, ha affermato che il “mancato riconoscimento della storia condivisa sul Monte del Tempio/Haram al-Sharif, un sito sacro sia per gli ebrei che per i musulmani, è forse la dimostrazione più evidente che lo scopo di queste risoluzioni è solo denigrare Israele, non contribuire a raggiungere la pace”.

Questo genere di mozioni non cambiano in nulla la realtà sul terreno, osserva Ariel Kahana su Israel HaYom: “I paesi che sono già ostili allo stato ebraico – scrive – non hanno bisogno di un tribunale per giustificare la loro avversione. Allo stesso modo, gli stati che capiscono la situazione e il punto di vista di Israele non cambieranno le loro politiche a causa di un’opinione politica mascherata da diritto internazionale. Ce ne sono state già molte nel corso degli anni e siamo ancora qui. Sessantanove paesi si sono opposti a quest’ultima mozione, e non sono pochi. La maggior parte dei paesi occidentali ha votato contro o si è astenuta. Quelli che hanno sostenuto la mozione palestinese erano per lo più paesi arabi, musulmani e vari paesi africani. Con la notevole eccezione dell’Ucraina” (oltre a Irlanda e Polonia).

Domenica il Ministero degli esteri israeliano ha comunicato che intende convocare l’ambasciatore ucraino in Israele, Yevgen Korniychuk, per una formale reprimenda. Una fonte diplomatica a Gerusalemme citata dal Jerusalem Post ha spiegato che il problema non riguarda tanto le continue richieste di armi da parte di Kiev quanto la mancata reciprocità rispetto a Israele che ha votato contro la Russia e a favore dell’Ucraina in ogni votazione dall’inizio della guerra.

“In realtà – conclude Ariel Kahana – tutto il mondo sa che il conflitto è politico, non giuridico. Ed è proprio per questo motivo che molti paesi hanno esortato la Corte Penale Internazionale (l’altra corte con sede all’Aja ndr) a non promuovere le rivendicazioni unilaterali palestinesi contro Israele. A quanto pare, quell’esortazione era convincente visto che il procedimento davanti alla Corte Penale Internazionale risulta bloccato, il che è positivo”.

(Da: Jerusalem Post, jns.org, Israel HaYom, israele.net, 13.11.22)