Quando si tratta di Israele, la propaganda trionfa sui fatti

Volendo fare un paragone, il più adatto è fra la nakba palestinese e quella dei tedeschi dopo la guerra mondiale: un aggressore che voleva annientare viene sconfitto e coloro che si sono schierati con esso ne hanno pagato il prezzo

Di Ben-Dror Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

Il Goethe-Institut di Tel Aviv, un istituto di lingua e cultura tedesca, stava organizzando la scorsa settimana un evento intitolato “L’Olocausto, la Nakba e la memoria culturale tedesca”. A seguito di un’ondata di proteste, anche da parte del Ministero degli esteri israeliano, l’evento è stato rinviato rinominandolo “capire il dolore degli altri”. A seguito di ulteriori proteste, l’istituto ha annunciato che l’evento sarà nuovamente rinviato per via dei “considerevoli disordini previsti”. Il Goethe-Institut ha poi rilasciato una dichiarazione in cui afferma: “La memoria rimane un campo politicamente controverso. Gli ebrei si concentrano sull’Olocausto, mentre i palestinesi si concentrano sul fatidico anno 1948, quando centinaia di migliaia di loro furono costretti a fuggire in quella che in arabo è conosciuta come la Nakba [catastrofe]”.

Che male c’è a discutere del “dolore degli altri”? Suona molto bello. Ma in questi termini è una frode. Mettere a confronto un trauma nazionale con la memoria culturale è legittimo, ma in questo caso lo si fa a beneficio di una propaganda politica volta a manipolare il collegamento storico che esiste tra Nakba e Shoà. Entrambi gli eventi si sono verificati a causa di una ideologia di eradicazione. Fu il leader degli arabi palestinesi Hajj Amin al-Husseini, che nel 1941 raggiunse Berlino, ad esortare a uccidere ogni ebreo: dategli la caccia, Allah lo vuole. Fu il Segretario generale della Lega Araba Abdul Rahman Azzam che, mentre stava negoziando con i leader delle prime comunità ebraiche in Israele, intanto minacciava: “ci sarà una guerra di annientamento”. Fu il fondatore della Fratellanza Musulmana, Hassan al-Banna, che disse: “Se verrà creato uno stato ebraico, il popolo arabo getterà in mare gli ebrei”. Fu Fawzi al-Qawuqji, eminente figura militare del nazionalismo arabo nel periodo tra le due guerre, che sostenne l’opera di propaganda dei nazisti e poi servì come comandante di campo dell’Esercito di Liberazione Arabo durante la Guerra d’Indipendenza del 1948. All’epoca, la maggior parte degli arabi palestinesi, come i loro leader, sosteneva i nazisti.

Profughi ebrei iracheni in un campo d’assorbimento in Israele negli anni ’50. Ben-Dror Yemini: “Quanti eventi vengono organizzati nel mondo in commemorazione della nakba degli ebrei dai paesi arabi?”

E’ oggi all’opera una distorsione della memoria che cerca di cancellare ogni ricordo del fatto che la guerra araba contro l’istituzione stessa di Israele fu direttamente influenzata dall’ideologia nazista. È lecito presumere, tuttavia, che nessuno di questi temi sarebbe stato discusso durante l’evento del Goethe-Institut previsto a Tel Aviv: giacché l’obiettivo era, e continua ad essere, quello di giustificare l’avallata narrativa secondo cui gli ebrei sono state le vittime dei nazisti e ora i palestinesi sono le vittime degli ebrei. Uno dei relatori dell’evento doveva essere il prof. Amos Goldberg, che avrebbe dovuto tenere una conferenza intitolata: “La realtà del conflitto, dell’occupazione e dell’apartheid”. Come una volta si perpetuavano false narrazioni contro il popolo ebraico, ora vengono perpetuate contro lo stato ebraico.

Si possono certamente fare paragoni, ma il paragone più appropriato sarebbe quello tra la Nakba palestinese e le nakbe che si sono verificate in tutto il mondo sin dalla fine della prima guerra mondiale. Nella prima metà del XX secolo si è verificata una enorme serie di deportazioni di minoranze: nakbe senza alcuna fine all’orizzonte. Anche i tedeschi hanno sofferto una loro nakba: oltre 12 milioni di tedeschi deportati da Repubblica Ceca, Polonia e altri paesi dopo la fine della seconda guerra mondiale. Se si vuole fare un paragone, lo si può fare tra la nakba tedesca e quella palestinese, che hanno un forte denominatore comune: un aggressore che voleva annientare viene sconfitto e alla fine coloro che si sono schierati con l’aggressore ne hanno pagato il prezzo.

Si può anche tracciare un confronto tra la nakba ebraica e quella palestinese. Gli ebrei che vivevano negli stati arabi non dichiararono guerra ai paesi in cui vivevano. Tuttavia subirono pogrom, persecuzioni e l’esproprio di tutti i loro beni. Gli arabi, per contro, dichiararono guerra a Israele. Il risultato fu la Nakba. Ma quanti eventi vengono organizzati nel mondo in commemorazione della nakba degli ebrei dai paesi arabi? Trionfa la propaganda, non la ricerca storica.

La Fondazione Rosa Luxemburg, fondata da Die Linke, il partito di sinistra tedesco, è incaricata di finanziare il summenzionato evento a Tel Aviv. La Fondazione Rosa Luxemburg si occupa del conflitto israelo-palestinese finanziando fra l’altro organizzazioni che negano il diritto di Israele ad esistere e sostengono il cosiddetto “diritto al ritorno” palestinese, l’idea secondo cui tutti i profughi palestinesi e tutti i loro discendenti avrebbero il diritto di insediarsi all’interno di Israele. Non è per caso se, nonostante nel 2016 il parlamento tedesco abbia approvato la definizione di antisemitismo dell’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance), la Fondazione Rosa Luxemburg continua a finanziare organizzazioni che sono da considerare antisemite secondo quella definizione. A proposito, il prof. Amos Goldberg ha firmato un appello in cui si esorta il governo tedesco a non adottare la definizione IHRA.

(Da: YnetNews, 13.11.22)