Dietro la cortina di fumo – Parte Due: Il grande inganno

In un video di 11 minuti, la scioccante ipocrisia di chi condanna Israele parlando di manifestazioni pacifiche

Pierre Rehov, autore del cortometraggio

Dopo oltre due milioni di visualizzazioni del cortometraggio Behind the Smoke Screen (Dietro la cortina di fumo) che mostrava filmati esclusivi dall’interno della striscia di Gaza durante le cosiddette “marce del ritorno”, il regista Pierre Rehov ha prodotto un sequel intitolato The Great Deception (Il grande inganno).

“Ho girato questo video – aveva spiegato il regista francese al Jerusalem Post all’uscita della prima parte – perché ho constatato molte volte in prima persona come i palestinesi imbastiscono la loro propaganda, e credo fermamente che la pace non sarà possibile finché mass-media internazionali, Onu e ong continueranno a prendere per oro colato la propaganda palestinese invece di guardare ai fatti. Hamas sa di poter contare sulla comunità internazionale quando lancia iniziative come queste proteste sedicenti pacifiche, che hanno già mietuto troppe vite, mentre Israele non ha altra scelta che difendere i propri confini”.

Mentre la prima parte documentava soprattutto l’uso di donne e bambini come “carne da cannone” e i gravi danni ambientali causati dagli irresponsabili incendi di pneumatici, la seconda parte tratta soprattutto della vera natura delle “marce del ritorno”, affiancando in modo molto efficace le dichiarazioni fatte alle Nazioni Unite che condannano Israele per “uso eccessivo della forza”, alle immagini dei violenti assalti al confine e dei virulenti proclami dei capi di Hamas e dei loro seguaci fanatizzati.

Una mappa di Israele totalmente ricoperto dai colori della bandiera palestinese

Il video mostra manifestanti palestinesi che esibiscono una mappa di Israele totalmente ricoperto dai colori della bandiera palestinese, a conferma dell’obiettivo dichiarato di cancellare Israele dalla carta geografica. L’obiettivo indicato dalla mappa – puntualmente citata da una giovane manifestante che dice: “La mappa mostra tutta la nostra terra dal fiume al mare, e noi la prenderemo” – trova conferma nei proclami e negli slogan. “Il sangue delle nostre gesta è il carburante della rivoluzione – aggiunge la ragazza – Siamo qui per dire ai nostri nemici sionisti che siamo uniti e vogliamo tutta la Palestina, che non ne cederemo un solo centimetro”.

Mentre l’ambasciatore palestinese all’Onu Riyad Mansour denuncia al Consiglio di Sicurezza le “atrocità israeliane” (“Condanniamo nei termini più forti queste atrocità da parte delle forze di occupazione israeliane che usano una enorme potenza di fuoco contro civili che hanno il diritto di manifestare pacificamente, e che hanno manifestato pacificamente”), il video mostra il capo di Hamas Ismail Haniyeh che arringa la folla al grido “Khaybar, Khaybar! oh ebrei, l’esercito di Maometto ha cominciato a tornare”. Khaybar è uno slogan costantemente usato per ricordare agli ebrei l’annientamento delle tribù ebraiche di An Nadir, nella penisola arabica, ad opera dal profeta islamico Maometto nell’anno 628, come ricorda dettagliatamente un altro predicatore palestinese ripreso nel filmato, che dice: “Faccio appello a tutti i musulmani: non restate inerti e non lasciate che gli ebrei spargano corruzione sul paese, compite gesta eroiche contro di loro come al tempo degli ebrei della tribù Qurayza che violarono il trattato con il profeta Maometto e il profeta Maometto li sterminò tutti fino all’ultimo”.

“La mappa mostra tutta la nostra terra dal fiume al mare, e noi la prenderemo”

“La resistenza non ha ceduto le sue armi – continua il comizio di Haniyeh, davanti alla folla che scandisce “Morte a Israele” – Le armi non sono negoziabili. Oggi il nostro nuovissimo esercito, che è potentissimo, può fare cose spaventose e terribili ai nostri nemici, e questo grazie al nostro popolo. All’inizio i razzi Qassam potevano andare solo 2 o 3 km oltre il confine. Ma i nostri eroi delle Brigate Ezzedin al Qassam sono riusciti coi nostri missili ad arrivare fino a Haifa”.

Seguono le scene dei funerali militari dei morti al confine con Israele che lo stesso portavoce di Hamas rivendica apertamente in tv come membri del gruppi armati; le immagini dei volantini di Hamas che esortano ad attaccare il confine con “pugnali e pistole nascosti sotto i vestiti” e a “rapire civili israeliani per consegnarli immediatamete a Hamas”; le immagini di una donna che invoca Allah perché mandi “dal cielo combattenti e fuoco a bruciare gli sporchi ebrei e i loro soldati”, e quelle di un altro predicatore che afferma: “Questo è un messaggio per il mondo intero: il popolo palestinese libererà la sua terra con il sangue, con i martiri, con le donne e coi bambini”.

Gran parte del video continua in tono simile, mostrando diversi rappresentanti alle Nazioni Unite (Bolivia, Polonia, Svezia) che condannano Israele e indicono momenti di silenzio per le vittime palestinesi, alternandoli con varie voci palestinesi che fanno appello a conquistare Gerusalemme, “controllata dai nostri nemici”, proclamando che “il nostro sangue è il prezzo da pagare per il controllo della nostra terra”; che sperano di incendiare “campi e case” con le molotov attaccate agli aquiloni; che esortano ad abbattere la recinzione di confine “con le unghie dei nostri bambini” per irrompere “nella terra occupata”, cioè in Israele, e “ad Allah piacendo, accendere una rivoluzione contro il nemico sionista”.

“Oh ebrei, ricordate Khaybar, oggi veniamo a massacrarvi”

A queste scene di fanatismo, il video accostata le parole di un palestinese di Gaza catturato dai soldati dopo che aveva attraversato il confine, che dice: “E’ Hamas che ci manda messaggi di testo e via Facebook dicendoci di andare, e fanno appelli nelle moschee e distribuiscono volantini che ci dicono di andare alla recinzione (di confine). Controllano la striscia di Gaza, e tutto quello che succede là passa da loro. Quelli di Hamas organizzano queste sommosse così che la gente non si rivolti contro di loro. Si dicono: anziché avere la gente che si ribella e si rivolta contro di noi, mandiamoli alla recinzione e lasciamo che si ribellino là liberamente. Quando c’è l’elettricità, i televisori sono accesi e traboccano: la grande marcia del ritorno, marcia, marcia, andate, marciate e ribellatevi. Alcuni vanno alle sommosse, altri no. Loro preparano dei bus che partono da Shuja’iyya e che aspettano anche alle moschee. Dicono alle donne di andare avanti: sei una donna, vai avanti, l’esercito (israeliano) non spara alle donne. Dicono ai bambini piccoli di andare avanti: i soldati non sparano ai bambini piccoli. Dicono al bambino: vai avanti, e lui ci va. Lo imbrogliano. Hanno creato una commissione che è responsabile della marcia e di dire alla gente di andare. La gente è logorata e stufa, e io sono uno di questi”.

Appena superato il confine, alcuni “pacifici” manifestanti palestinesi armati di mannaia esultano gridando: “Oh ebrei, ricordate Khaybar, oggi veniamo a massacrarvi”.

The Great Deception, come la prima parte Behind the Smoke Screen, è stato girato nelle scorse settimane grazie anche a due operatori palestinesi che lavorano regolarmente con Rehov.

(Da: Jerusalem Post, israele.net, 24.5.18)

The Great Deception (Il grande inganno)