Gaza nella morsa fra Hamas e Jihad Islamica

Israele cerca di preservare la relativa calma, ma prima o poi dovrà affrontare il pericolo posto a sud dai terroristi al servizio dell’Iran

Di Ron Ben-Yishai, Anna Ahronheim

Ron Ben-Yishai

Scrive Ron Ben-Yishai su YnetNews: Dopo la raffica di razzi palestinesi lanciati venerdì sera da Gaza contro le comunità civili israeliane, i rappresentanti israeliani si sono affrettati a sottolineare che Hamas, la fazione che controlla la striscia, in realtà non vuole un’escalation e si sta anzi impegnando nel tentativo di preservare la calma al confine con Israele. Ma a quanto pare vi sono alcuni elementi della Jihad Islamica palestinese, la seconda più grande fazione terroristica a Gaza, che stanno cercando di sabotare gli sforzi di Hamas.

Il comandante militare della Brigata settentrionale della Jihad Islamica a Gaza, Baha Abu al-Ata, è emerso come l’uomo che guida gli attacchi contro Israele, e la cui agenda militante è persino più estremista di quella della dirigenza della sua stessa organizzazione, che ha sede nella capitale siriana Damasco. A differenza di Hamas, Abu al-Ata non ha una popolazione civile di cui occuparsi e, di conseguenza, è insensibile ai corteggiamenti e alle minacce degli ufficiali dell’intelligence egiziana che vorrebbero impedirgli di trascinare Gaza in una guerra aperta.

Il momento in cui il razzo palestinese colpisce la casa di Sderot, colto dalle telecamere di sicurezza

La Jihad Islamica, un’organizzazione sostenuta dall’Iran, dispone di migliaia di razzi e missili, molti dei quali assai più efficaci di quelli a cui Israele è abituato: alcuni sono persino in grado di raggiungere la parte settentrionale della costa israeliana. La dirigenza di Hamas da una parte fa notevoli sforzi (invano) per frenare Abu al-Ata, ma dall’altra i capi di Gaza temono di essere etichettati come “collaborazionisti di Israele”. Come che sia, Hamas sta cercando di preservare il più possibile la recente (relativa) calma lungo l’instabile confine. Specie dopo che le sue richieste iniziali hanno ricevuto risposta dagli israeliani nei colloqui mediati dall’Egitto su un potenziale cessate il fuoco a lungo termine. Persino le richieste più pericolose dal punto di vista della sicurezza di Israele, come quella di un porto indipendente a Gaza, non sembrano più inverosimili come una volta.

Israele, tuttavia, continua a prendere in considerazione drastiche opzioni militari con lo scopo di fermare il comandante della Jihad Islamica, compreso l’eventuale ricorso a uccisioni mirate. Quindi, Israele si trova di fronte al dilemma: lanciare una robusta operazione militare contro Hamas e la sua ala militare per costringerla a intervenire contro Abu al-Ata, rischiando però di avviare un’escalation nella striscia di Gaza dal momento che Hamas sarebbe obbligata a vendicarsi? Oppure evitare per il momento qualsiasi importante azione militare, lasciando che la Jihad Islamica coltivi l’infondata sensazione di essere al sicuro per poi lanciare un attacco quando meno se lo aspetta?
(Da: YnetNews, 3.11.19)

Anna Ahronheim

Scrive Anna Ahronheim sul Jerusalem Post: All’improvviso venerdì sera, come un fulmine a ciel sereno, c’è stata una raffica di razzi palestinesi lanciati sulle comunità israeliane del sud. Ma in questa regione tutto è collegato.

Si ritiene che i razzi, uno dei quali ha colpito un’abitazione civile nella città di Sderot, siano stati lanciati dalla Jihad Islamica palestinese, al comando di Baha Abu al-Ata. Hamas, bbenché sia la fazione al potere nella striscia, negli ultimi anni ha perso il controllo della strada e il vuoto è stato riempito da al-Ata, il comandante militare della Brigata settentrionale del gruppo, espressamente indicato dalle Forze di Difesa israeliane come colui che ha ordinato i recenti lanci di razzi contro il sud di Israele.

Sostenuta dall’Iran, la Jihad Islamica palestinese, il secondo gruppo più numeroso nella striscia di Gaza dopo Hamas, viene considerata dall’intelligence militare israeliana come uno dei principali fattori che aumentano il rischio di un’escalation nell’enclave costiera perché non è sotto il diretto controllo di Hamas e agisce in modo indipendente secondo suoi propri fini e interessi. Al-Ata è persino più estremista dei suoi capi, come Ziad Nahala, che stanno nella capitale siriana Damasco. Di fatto fa quello che vuole e quando vuole.

Secondo le Forze di Difesa israeliane, sotto al-Ata la Jihad Islamica palestinese cerca di realizzare attacchi di basso livello e di mantenere un profilo basso in modo che Hamas non trovi il modo di opporsi alla sua determinazione di minare l’ipotetico cessate il fuoco a lungo termine tra Hamas e Israele. “Ci sono decine di paesi in tutto il mondo che stanno cercando di migliorare la situazione umanitaria nella striscia – ha detto l’ex portavoce militare, Ronen Manelis – ma ci sono un uomo dentro Gaza e un uomo fuori da Gaza che fanno di tutto per silurarla”. Al-Ata, il principale uomo di Teheran a Gaza, è considerato uno dei maggiori terroristi nell’enclave costiera ed è implicato nella pianificazione di attacchi contro Israele, nella produzione di armi e nel potenziamento delle capacità di lancio di missili a lungo raggio.

Baha Abu al-Ata, al centro della foto

Quest’ultimo lancio di razzi è arrivato poche ore dopo i consueti scontri settimanali del venerdì lungo la barriera di confine tra Israele e Gaza, ma non si erano registrate vittime. Ed è da un mese e mezzo che perdura una relativa calma, con i fondi del Qatar distribuiti in contanti alla popolazione di Gaza e il miglioramento delle forniture di energia elettrica alla striscia. Allora perché al-Ata ha deciso di sparare i razzi?

A quanto pare, Hamas è non è in grado o non è disposta a porre fine alle sue azioni. Al-Ata capisce che Hamas, nonostante un certo miglioramento della situazione economica di Gaza, sta perdendo il controllo sulla striscia. La popolazione sta anche perdendo interesse per i tumulti settimanali alla frontiera. Può ben darsi che al-Ata voglia sabotare la calma che Hamas preferirebbe invece mantenere.

Bisogna guardare a nord. L’Iran è in difficoltà in due paesi che sono fondamentali per le sue aspirazioni regionali: nell’ultimo mese milioni di persone si sono riversate nelle strade del Libano e dell’Iraq per protestare contro i loro governi, che sono alleati dell’Iran, e le élite politiche accusate di corruzione e pessima gestione delle finanze statali. La repressione sempre più violenta, specie in Iraq, fa pensare a un ruolo dell’Iran. Alti ufficiali della difesa israeliana avvertono che tutti i fronti sono interconnessi a causa della Repubblica Islamica, facendo notare per esempio il lancio di razzi da Gaza che si ebbe, a sud, il giorno dopo che Hezbollah aveva lanciato, a nord, un missile anticarro Kornet contro un’ambulanza militare israeliana. Può essere che, questa volta, al-Ata abbia ricevuto l’ordine di cercare di distrarre l’attenzione dei militari dal fronte nord, anche solo per una infornata di news?

Con tensioni elevate sul confine settentrionale e la preoccupazione che l’Iran stia diventando sempre più temerario e disposto a tentare ulteriori attacchi, le Forze di Difesa israeliane cercano ancor più del solito di evitare un deterioramento della situazione nel sud. Israele, che si è adoperato per contenere le violenze a Gaza al fine di prevenire uno scontro militare, reputa Hamas responsabile di tutti gli attacchi che provengono dal territorio sotto il suo controllo, anche se per mano della Jihad Islamica palestinese. Questo rischia di incoraggiare al-Ata, che può continuare a lanciare razzi senza temere ripercussioni. Ma oggi al-Ata potrebbe trovarsi nel mirino delle Forze di Difesa israeliane così come l’iraniano Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds, e il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah. Anche se Israele continua a considerare Hamas responsabile di ciò che accade nella striscia, un giorno la Jihad Islamica potrebbe subire le conseguenze dirette delle sue aggressioni.

(Da: Jerusalem Post, 3.11.19)