Hamas, lasciate andare la vostra gente

Gli abitanti di Gaza doppiamente assediati

Di Julia Chaitin

“W.”, un giovane sui vent’anni del campo profughi al Shati a Gaza, era membro del Fatah e spesso organizzava celebrazioni per il movimento. Nel 2006, Hamas vinse le elezioni legislative palestinesi e formò un governo di unità nazionale con il Fatah. Nonostante la vittoria elettorale di Hamas, tuttavia, il Fatah rimase al potere nella striscia di Gaza. In giugno 2007, i combattenti di Hamas rovesciarono il governo e bandirono tutte le attività del Fatah. Da quel momento, la vita di W fu in pericolo.
Fui presentato a W da un amico americano che sapeva che ero interessato ad entrare in contatto con abitanti di Gaza che lavoravano per la pace, visto che vivo vicino al confine, dalla parte israeliana, e passo molto tempo a cercare di stabilire rapporti tra le nostre popolazioni. Incontrai W su Facebook nel 2008 e facemmo qualche chiacchierata e qualche telefonata. A causa delle nostre nazionalità, sapevamo che le probabilità di incontrarci di persona erano scarse. Anche se non ci sarebbe voluta più di mezz’ora per raggiungere le reciproche case, gli incontri personali erano impossibili visto che i nostri paesi sono in Guerra, Gaza è sotto assedio, noi israeliani non possiamo entrare, e loro – gli abitanti di Gaza – non possono quasi mai ottenere il permesso di uscire, se non per gravi ragioni umanitarie.
Non mantenemmo contatti stretti, ma ogni tanto W mi mandava messaggi e io speravo che la sua vita fosse un po’ migliorata dopo essersi sposato ed avere avuto figli. Egli accennava – aveva paura ad essere troppo esplicito poiché temeva che la polizia di Hamas monitorasse la sua pagina Facebook –che la vita a Gaza era estremamente pericolosa per chiunque non fosse un sostenitore di Hamas, e che se avessimo parlato contro il regime gli sarebbe costato caro.
Sono imbarazzato per non aver mantenuto contatti regolari con W. Forse era la mia frustrazione per aver cercato di sviluppare un’amicizia con qualcuno che probabilmente non avrei mai incontrato, forse mi sentivo sopraffatto dal senso di colpa per non poter far niente per migliorare le condizioni sue e di altri, visto che erano chiusi dietro un muro, sotto l’assedio israeliano e sotto il governo repressivo di Hamas. Recentemente, però, W mi ha raggiunto ancora una volta su Facebook: “Ho grandi notizie. Sono in Svezia.” Ancora una volta sono stato grato per questa piattaforma di internet; è stata essenziale nell’aiutare a mantenere vivi i rapporti Israele-Gaza. Estremamente curioso di sapere che cosa era successo, chiesi se avremmo potuto parlare via Skype quella sera. Ecco la storia di W:
Dal 2007 fino al 2012, Hamas lo rapì tre volte, picchiandolo e torturandolo quattro volte, per cui ebbe bisogno di cure di emergenza. Soffre ancora per una spalla slogata, risultato delle percosse. Gli inquisitori gli sequestrarono il telefono e videro che aveva dei numeri di israeliani (in realtà ero io l’unico, perché gli altri vivono fuori dal paese). W fu marchiato come traditore e subì sempre più numerose minacce di morte. L’ultima volta che la sua vita fu in pericolo fu alla fine del 2012; W fu nuovamente rapito e torturato. All’inizio di gennaio di quest’anno, ricevette una lettera da un funzionario del Fatah che diceva che la sua vita era in pericolo imminente, e che non avrebbe dovuto avventurarsi fuori. W decise che doveva lasciare Gaza se voleva continuare a vivere.
In gennaio, W fuggì a Rafah e di là fu fatto entrare clandestinamente attraverso un tunnel in Egitto, dove rimase 45 giorni. Cercò il mezzo per scappare in Europa e finalmente trovò un contrabbandiere che era disposto ad aiutarlo per $6,000. W riuscì a procurarsi la somma necessaria – enorme per un uomo in fuga che aveva dovuto lasciare tutto – perché sua moglie vendette i suoi gioielli e suo fratello gli spedì del denaro. Con un falso passaporto austriaco in mano, prese un aereo dall’Egitto alla Turchia, e di là uno per la Svezia. Quando W arrivò in Svezia, a metà marzo, chiese asilo politico. Fu intervistato ed è in attesa di sapere se gli sarà concesso lo status di profugo. Quando/se ottiene l’ambita Carta di residenza potrà far andare la moglie e i figli nel suo nuovo paese.
Dopo che W fu al sicuro in Svezia, suo fratello gli disse che ara arrivata un’altra lettera del Fatah . Questa gli notificava che il suo nome si trovava su una lista di Hamas di gente da assassinare. W prese il messaggio sul serio, in quanto uno dei suoi migliori amici, Jamal Obeid, un altro membro del Fatah , era stato colpito alle gambe in un tentativo di assassinio fallito. Dopo che W ebbe lasciato Gaza, la polizia di Hamas irruppe nella sua casa, causando distruzione e terrorizzando la moglie ed i figli. Confiscarono il computer e saccheggiarono la casa.
W parla con la moglie e i figli ogni giorno, ma è terrorizzato per la loro sicurezza. Mi ha detto: “Non c’è nessun posto a Gaza dove si sia al sicuro. Tutto quello che voglio è vivere in pace e continuare i miei studi. Non tornerò mai a Gaza. Non posso vivere là. Prego che il permesso arrivi in modo da poter far uscire mia moglie e i miei figli da quel luogo pericoloso.”
Mi piacerebbe poter dire che W è l’unico abitante di Gaza che conosco la cui vita è stata minacciata, ma non è così. Ho un amico, attivista per i diritti umani e giornalista, che è dovuto scappare da Gaza, senza la famiglia, dopo essere stato bollato come traditore perché aveva partecipato ad una conferenza di pace che il mio gruppo di base – Other Voice – organizzò al Sapir College all’inizio del 2011. Dopo oltre un anno di vita in Egitto senza soldi e senza lavoro, riuscì ad entrare in Marocco dove gli fu concesso asilo politico. Due giovani di Gaza, che avevano partecipato a seminari di pace che Other Voice organizzava per studenti di Israele e Gaza, si sono stabiliti in Europa; nessuno dei due ha intenzione di ritornare a Gaza. Come mi hanno detto spesso: “Non è vita…” Alcune donne di Gaza che conosco mi hanno chiesto di aiutarle a trovare borse di studio per programmi all’estero. Mi dicono che tutto quello a cui riescono a pensare è come uscire, visto che subiscono violenza dall’interno (Hamas) e dall’esterno (Israele).
Nel marzo scorso noi ebrei abbiamo celebrato la Pasqua, la festa che commemora la liberazione dalla schiavitù in Egitto oltre 3300 anni fa. L’aprile scorso noi israeliani abbiamo celebrato la nostra indipendenza, ottenuta 65 anni fa. Adesso è il turno dei palestinesi – quelli della West Bank e specialmente qualli di Gaza – di guadagnare la libertà. Io vivo a 15 minuti dalla striscia di Gaza, e mentre la mia vita è spesso messa in pericolo dagli attacchi dei missili, vivo una vita libera. La gente di Gaza vive in un posto pericoloso e opprimente. E’ ora che Hamas li lasci andare.

(Da: Times of Israel, 23.4.13)