I caschi blu accusano Hezbollah ed esercito libanese di violare le risoluzioni e ostacolare il loro lavoro

“La sera non lasciamo mai la caserma perché le forze libanesi non sono amichevoli, ma è proprio allora che succedono le cose"

Di Anna Ahronheim

Anna Ahronheim, autrice di questo articolo

I caschi blu dell’Onu in Libano accusano Hezbollah e l’esercito libanese di violare le risoluzioni e ostacolare il loro lavoro al confine con Israele. E’ quanto emerge da un reportage apparso a fine febbraio sul sito web del quotidiano francese Le Journal du Dimanche. Il reportage cita un ufficiale in comando del contingente francese che dice nell’intervista: “La sera non lasciamo mai la caserma perché le forze libanesi non sono amichevoli. Tuttavia, è proprio allora che accadono le cose. Siamo presi nella morsa dell’aggressore. Fare il minimo indispensabile è diventata una scelta politica”.

Un ex ufficiale di collegamento dell’Unifil, la Forza interinale delle Nazioni Unite in Libano, trasferito da poco in un altro posto, ha detto al giornale: “Quando rileviamo attività militari nella nostra zona, specialmente vicino alla linea blu [il confine con Israele sancito dall’Onu], l’esercito libanese ci impedisce di posizionare i nostri osservatori. È come se quelle decisioni non arrivassero da loro. Tutti sanno che Hezbollah sta usando l’area per la prossima guerra”.

“Rispetto agli anni 2006-2007 abbiamo molta meno autonomia – ammette un soldato francese della brigata di fanteria meccanizzata – Prima pattugliavamo i villaggi di Hezbollah, come Bint Jbeil, anche se eravamo seguiti a distanza dai loro miliziani. Oggi è impossibile entrare. Quindi aggiriamo quelle località. In gergo diciamo: niente palle, niente problemi”.

“Tutte le nostre iniziative sono limitate – lamenta un ufficiale francese – ma c’è anche grande inerzia nei comandi. E’ frustrante”.

Il ministro della difesa israeliano Avigdor Liberman e gli alti ufficiali delle Forze di Difesa hanno ripetutamente avvertito che l’esercito libanese ha perduto di fatto la propria indipendenza per diventare “parte integrante” della rete di Hezbollah. Le Forze di Difesa israeliane hanno accusato numerose volte l’organizzazione terrorista sciita libanese al servizio dell’Iran di violare la risoluzione del Consiglio di Sicurezza che ha fissato i termini in base ai quali venne posto termine ai 34 giorni di guerra combattuta in Libano tra Israele e Hezbollah nell’estate del 2006.

Oggi sono circa 10.500 i soldati dell’Onu schierati nel sud del Libano, compresi alcuni da paesi che non riconoscono Israele, affiancati da 585 membri del personale civile libanese. Un comandante finlandese ha persino detto al giornale francese che alcune forze presenti nell’Unifil in realtà aiutano Hezbollah. “Posso garantirvi che le forze di pace indonesiane riferiscono costantemente i movimenti israeliani a vari soggetti libanesi”, ha detto l’ufficiale. E ha aggiunto che alcuni dei dipendenti civili locali “non fanno mistero della loro appartenenza a Hezbollah”.

Un soldato dell’Unifil in servizio di pattuglia ad Adeysseh, nel sud del Libano. Dietro di lui, il ritratto di Hassan Nasrallah, capo dei terroristi filo-iraniani Hezbollah

Lo scorso giugno le Forze di Difesa israeliane hanno accusato Hezbollah d’aver istituito sin da aprile dei posti d’osservazione vicino alla Linea Blu camuffati da strutture di una ong ambientalista chiamata “Green Without Borders”, allo scopo di raccogliere informazioni militari. L’esercito ha diffuso filmati di membri di Hezbollah che raccolgono informazioni di intelligence su Israele, spiegando che il gruppo terrorista continua a utilizzare la ong come prima linea per la raccolta di informazioni, e  “riesce a mantenere la segretezza delle sue intenzioni e ad eludere le critiche dell’Unifil grazie agli avvertimenti da parte dell’esercito libanese”.

Un rapporto dell’Unifil di cui il Jerusalem Post ha preso visione afferma che ai caschi blu è stato negato l’accesso a un luogo pubblico, in un villaggio del Libano meridionale, da tre uomini vestiti in abiti militari usciti da una moschea addobbata con la bandiera di Green Without Borders. “Quando la pattuglia ha raggiunto l’area – si legge nel rapporto – i tre uomini hanno intimato alla pattuglia di fermarsi. Il capo-pattuglia ha cercato di negoziare varie ipotesi di percorso alternativo, ma ha ricevuto sempre lo stesso messaggio, educato ma irremovibile: abbandonare l’area”. Il rapporto afferma che si è valutato che i tre uomini lavoravano per Green Without Borders “in quanto il loro aspetto e modo di vestire erano simili a quelli che sono stati segnalati in alcuni dei luoghi in cui sono attivi gli uomini di Green Without Borders”.

La portavoce delle Nazioni Unite Eri Kaneko ha cercato di respingere le accuse di Israele. A luglio ha sostenuto che l’Unifil è in contatto con le forze armate libanesi per garantire che non vi siano violazioni della risoluzione e “per evitare malintesi o tensioni che potrebbero mettere a rischio la cessazione delle ostilità”. Ha aggiunto che i membri di Green Without Borders hanno effettivamente piantato alcuni alberi nella zona e che l’Unifil “non ha rilevato nessuna persona armata non autorizzata in quei luoghi, né scoperto alcuna base da segnalare come violazione della Risoluzione 1701/2006 del Consiglio di Sicurezza”.

Il capo di stato maggiore delle Forze di Difesa israeliane, Gadi Eisenkot, ha dichiarato che l’Unifil contribuisce a preservare la calma nel sud del Libano, ma i suoi comandi non fanno abbastanza per impedire a Hezbollah di violare la risoluzione. Eisenkot accusa Hezbollah di continuare a prepararsi per la guerra nei villaggi e nelle città a sud del fiume Litani (dove non dovrebbe nemmeno essere presente, in base alla risoluzione Onu) “ammassando armi sempre più letali e precise con lo scopo di colpire il fronte interno israeliano”, cioè i civili.

Lo scorso agosto il capo della Direzione intelligence delle forze israeliane, Herzi Halevi, ha detto al Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, in visita a Gerusalemme, che Hezbollah sta stringendo la presa sul Libano e ha esortato le Nazioni Unite a prendere ulteriori provvedimenti per prevenire una guerra.

(Da: Jerusalem Post, 22.2.18)

Scrive Moshe-Mordechai van Zuiden: No, non esiste un’imminente minaccia di guerra al confine con il Libano. Per ora. Ma sappiamo dall’esperienza cosa accadrà quando scoppierà la guerra. Hezbollah ha piazzato 150.000 missili all’interno dei villaggi più meridionali del Libano. Anche all’interno delle aree edificate è stato molto preciso su dove installarli: meglio vicino a un asilo d’infanzia che alla casa di una sola famiglia. La domanda non è se Hezbollah inizierà a lanciare mille missili al giorno sui centri abitati e sugli ospedali israeliani. La domanda è quando lo farà. Nessuno crede davvero che quei razzi siano destinati alla difesa. Per i terroristi, non usarli sarebbe uno spreco di denaro ed energie. Quando scoppierà la guerra, o appena prima, Israele, abbandonato dal mondo che si rifiuta di contrastare questa palese violazione da parte di Hezbollah, non avrà altra scelta che bombardare intensivamente missili e lanciamissili per metterli fuori uso prima che possano fare troppi danni ai civili israeliani. Potrebbe non avere nemmeno il tempo di avvertire la popolazione locale. Ma se anche la avvertisse, non se ne potrebbe comunque andare: come già accaduto in Libano e a Gaza, saranno trattenuti come “scudi umani” giacché ogni libanese morto per Hezbollah sarà un trofeo da esibire. E’ un eufemismo dire che gli abitanti del Libano meridionale sono seduti su una polveriera che di sicuro un giorno esploderà. (Da: Times of Israel, 28.2.18)