Il punto di forza del piano Trump è che si basa sulla realtà e non su chimere irrealizzabili

Indipendentemente dal fatto che questa particolare “Visione per la pace” abbia successo, una cosa è certa: quando finalmente il conflitto verrà risolto, si può scommettere che avverrà sulla base di questo quadro

Di Oded Revivi

Oded Revivi, autore di questo articolo

L’Israele del 2020 sarebbe irriconoscibile per un israeliano del 1948. Quando lo stato ebraico dichiarò la propria indipendenza non era affatto scontato che potesse sopravvivere, men che meno che potesse prosperare. A quei tempi, la coalizione dei paesi arabi era convinta che avrebbe cacciato in mare gli ebrei. Oggi, svariati stati arabi che non hanno mai firmato una pace formale con Israele stanno promuovendo relazioni diplomatiche inimmaginabili anche solo un decennio fa.

Per tutto questo tempo, la formula generalmente accettata per la pace era quella che prevedeva la creazione di uno stato palestinese. E nonostante il rifiuto da parte dei palestinesi di uno stato quando venne loro offerto dalle Nazioni Unite nel 1947, il loro rifiuto di creare uno stato quando la Giordania controllava la Cisgiordania dal 1948 al 1967 e il loro rifiuto di negoziare in buona fede negli anni successivi (con il conseguente rifiuto di varie offerte di compromesso che avrebbero visto la nascita di uno stato palestinese nei Territori ndr), nonostante tutto questo la formula iniziale non è mai stata modificata. L’approccio alla pace è rimasto statico mentre la regione cambiava.

E’ in questo contesto che si inserisce la “Visione per la pace” dell’amministrazione Trump, che ha iniziato il suo lavoro scegliendo di guardare la realtà dei fatti per come si presenta oggi nei territori contesi. Ciò significava riconoscere che il mezzo milione di israeliani che vivono in Giudea e Samaria vi si trovano legalmente (come ha affermato il Segretario di stato Mike Pompeo, gli Stati Uniti “non considerano più gli insediamenti israeliani di per sé incompatibili con il diritto internazionale”) e non costituiscono un ostacolo alla pace. E’ in questo senso che il piano “Visione per la pace” rappresenta un percorso verso il riconoscimento da parte degli Stati Uniti della sovranità israeliana sulle comunità israeliane in Giudea e Samaria.

In giallo/ocra, lo stato palestinese che esisterebbe già oggi se nel 2008 i palestinesi avessero accettato la proposta dell’allora primo ministro israeliano Ehud Olmert (clicca per ingrandire)

L’altra verità di fatto che è stata ignorata nei decenni scorsi è che Israele si è trovato costretto a negoziare con un avversario che ha continuato ad alimentare un’atmosfera ostile verso il compromesso e la pace. Non che non si sapesse della corruzione in campo palestinese, dell’indottrinamento e dell’istigazione all’odio e all’antisemitismo, delle violazioni dei diritti umani, degli incentivi finanziari al terrorismo e altro ancora. Ma dal momento che l’obiettivo finale era quello di creare uno stato palestinese e non una autentica pace, tutto questo veniva trascurato.

Ora che la “Visione per la pace” ha ricalibrato il processo con lo scopo di realizzare effettivamente la pace, è diventato ovvio che l’elenco appena ricordato è un vero ostacolo sulla strada per raggiungere l’obiettivo. Pertanto, la “Visione per la pace” richiede che, per avviare veri negoziati (per la creazione del loro stato a fianco di Israele ndr), i palestinesi debbano rinunciare a quelle politiche e operare sul serio per creare un’autentica atmosfera in cui la pace possa svilupparsi anche dopo una cerimonia di firma alla Casa Bianca.

Indipendentemente da quanto sia improbabile che i palestinesi aderiscano a questi parametri, è difficile negare la verità: l’unico scenario immaginabile in cui sia possibile arrivare a un’autentica pace è quando esiste un partner sinceramente motivato che rifiuta il terrorismo, l’istigazione all’odio dell’avversario e che rispetta i diritti umani. …

Israele è pronto per questo passaggio. Dopo tre elezioni in rapida successione, gli israeliani hanno eletto un governo di unità nazionale che si è impegnato ad attuare la “Visione per la pace”. E’ stato persino messo per scritto nell’accordo di coalizione.

Indipendentemente dal fatto che questa particolare “Visione per la pace” abbia successo nel risolvere il conflitto, una cosa è certa: quando finalmente il conflitto verrà risolto, si può scommettere che verrà risolto sulla base di questo quadro. Quello che occorre è un piano basato sulla realtà, non di miraggi che possono sembrare attraenti, ma che alla fine si sono dimostrati chimere irraggiungibili. Questo piano si basa sulla realtà e può funzionare se gli viene data la possibilità.

(Da: YnetNews, 27.6.20)

Una delle “mappe concettuali” allegate al Piano Trump (clicca per ingrandire)