Inviato di Biden all’Onu: gli Usa sono per la soluzione a due stati (senza prestabilirne i confini)

Al Consiglio di Sicurezza il ministro palestinese ribadisce le accuse a Israele sui vaccini, smentito dal coordinatore dell’Onu

il vice ambasciatore americano alle Nazioni Unite Richard Mills

Il presidente Joe Biden intende adottare “misure per riaprire le missioni diplomatiche che erano state chiuse dalla precedente amministrazione”. Lo ha detto martedì il vice ambasciatore americano alle Nazioni Unite Richard Mills, intervenendo alla riunione del Consiglio di Sicurezza dedicata ogni mese al conflitto israelo-palestinese. Mills non ha specificato a quali istituzioni si riferiva, ma si presume parlasse della rappresentanza dell’Olp a Washington e del Consolato Generale degli Stati Uniti a Gerusalemme, due canali di comunicazione diretta tra Autorità Palestinese e Washington. “L’amministrazione Biden – ha continuato Mills – ripristinerà un impegno credibile degli Stati Uniti verso palestinesi e israeliani. Ciò comporterà il rilancio delle relazioni degli Stati Uniti con la dirigenza e il popolo palestinese, relazioni che si sono atrofizzate negli ultimi quattro anni. Il presidente Biden ha chiaramente espresso l’intento di ripristinare i programmi di assistenza degli Stati Uniti a sostegno dello sviluppo economico e gli aiuti umanitari per il popolo palestinese”.

Mills ha poi sottolineato l’importanza di preservare la fattibilità di una soluzione a due stati, anche in assenza di un processo di pace. “Gli Stati Uniti – ha detto – esorteranno il governo israeliano e l’Autorità Palestinese a evitare passi unilaterali che renderebbero più difficile la soluzione a due stati”. In particolare, Mills ha citato “l’annessione di territorio, le attività di insediamento e le demolizioni” da una parte, “l’istigazione alla violenza e il pagamento di indennizzi alle persone in carcere per atti di terrorismo” dall’altra. Nel complesso, ha detto Mills, l’approccio dell’amministrazione Biden è per una soluzione a due stati che sia reciprocamente concordata da israeliani e palestinesi. Tuttavia, Mills non ha fatto alcun riferimento alle linee precedenti il 1967 né a quali potrebbero essere i confini definitivi della soluzione a due stati, limitandosi a ribadire che questa visione è il modo migliore per garantire il futuro di Israele come stato ebraico e democratico e le legittime aspirazioni del popolo palestinese per un loro stato in cui vivere con dignità e sicurezza.

L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Gilad Erdan

Dopodiché Mills ha affermato che sotto l’amministrazione Biden gli Stati Uniti “continueranno la loro consolidata politica di opposizione alle risoluzioni unilaterali e ad altre azioni in organismi internazionali che mirano a isolare ingiustamente Israele” e si adopereranno per promuovere la posizione e la partecipazione di Israele negli organismi delle Nazioni Unite e in altre organizzazioni internazionali. L’amministrazione Biden, ha aggiunto Mills, vede con favore gli accordi di normalizzazione arabo-israeliani e solleciterà altri paesi a maggioranza araba e musulmana a seguire l’esempio. “Ma conveniamo – ha aggiunto – che la normalizzazione arabo-israeliana non è un sostituto della pace israelo-palestinese. La speranza degli Stati Uniti è che la normalizzazione possa procedere in modo tale da sbloccare nuove possibilità per far avanzare la soluzione a due stati”.

Dal canto suo, il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha proposto di “tenere un incontro internazionale a livello ministeriale nella primavera-estate 2021″ a cui dovrebbero partecipare Israele, Autorità Palestinese, i quattro membri del cosiddetto Quartetto diplomatico (Russia, Onu, Stati Uniti e Unione Europea) insieme a Bahrein, Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita”.

Il ministro degli esteri dell’Autorità Palestinese, Riyad al-Malki, ha utilizzato il suo intervento per ribadire l’accusa a Israele di non fornire all’Autorità Palestinese i vaccini anti-coronavirus come “sarebbe suo dovere in quanto potenza occupante”. L’Autorità Palestinese ha mosso la stessa accusa alla riunione del Consiglio esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’ingresso di un centro per vaccinazioni anti-coronavirus a Gerusalemme est

Alle false accuse palestinesi circa i vaccini ha risposto l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Gilad Erdan, definendole una forma moderna di calunnia del sangue. “Bisogna demolire quest’ultima calunnia del sangue diffusa dai palestinesi con accuse false e grottesche sulla campagna vaccinale israeliana”, ha detto Erdan ricordando che “secondo gli accordi internazionali, l’Autorità Palestinese è responsabile dell’assistenza sanitaria della propria popolazione, così come è responsabile del proprio sistema educativo”. Erdan ha poi spiegato che “la stessa Autorità Palestinese aveva informato Israele che intendeva acquistare vaccini dal governo russo, e Israele ha annunciato che avrebbe agevolato il loro trasferimento. Inoltre – ha continuato Erdan – sin dall’inizio della pandemia Israele ha lavorato a stretto contatto con gli organismi delle Nazioni Unite per assistere i palestinesi, formando il loro personale medico e paramedico e fornendo loro attrezzature essenziali. Questi sono i fatti. Chiunque si unisca alla campagna di menzogne palestinese o non conosce i fatti oppure è spinto da motivazioni politiche o da sentimenti anti-ebraici”. Erdan ha sottolineato come le infamanti accuse siano state ribadite proprio alla vigilia della Giornata internazionale della memoria della Shoà: “Esiste una lunga tradizione di utilizzo di ogni crisi per diffondere l’antisemitismo e incolpare gli ebrei – ha concluso Erdan – Confido che alla vigilia della Giornata internazionale della memoria della Shoà i membri di questo Consiglio vogliano verificare i fatti e non permettano che quella tradizione fanatica e intollerante continui”.

Nel suo intervento, il Coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente Tor Wennesland, che ha preso il posto di Nickolay Mladenov, ha detto le Nazioni Unite chiedono a Israele di aiutare a rendere disponibili i vaccini ai palestinesi, ma non ha chiesto a Israele di distribuire direttamente i vaccini ai palestinesi. “Israele – ha confermato Wennesland – ha lavorato a stretto contatto con le Nazioni Unite durante tutto il corso della pandemia per garantire che attrezzature e forniture venissero consegnate in tutta la Cisgiordania, a Gerusalemme est e nella striscia di Gaza. È importante mantenere questo stesso livello di impegno e cooperazione per quanto riguarda la consegna dei vaccini”.

(Da: Jerusalem Post, YnetNews, 27.1.21)