L’autorevole giornalista del Bahrein che non vede l’ora di lavorare con gli israeliani

Al-Sayed, presidente dell'Associazione giornalisti, critica aspramente i colleghi palestinesi che attaccano con violenza lei e il suo paese perché favorevoli alla pace con Israele

By Khaled Abu Toameh

Khaled Abu Toameh, autore di questo articolo

Ahdeya Ahmed Al-Sayed, presidente dell’Associazione Giornalisti del Bahrein, si aspetta che i giornalisti del suo paese svolgano un ruolo molto importante e cruciale nel promuovere la normalizzazione con Israele. Al-Sayed dice inoltre che lei e molti suoi colleghi non vedono l’ora di lavorare con i giornalisti israeliani, dopo che il Bahrain è diventato il secondo stato del Golfo a firmare un accordo di pace con Israele. Infine, critica aspramente il Sindacato dei giornalisti palestinesi che ha attaccato lei e il Bahrein per via del trattato di pace con Israele.

“Il giornalismo ha sempre guidato l’opinione pubblica – afferma Al-Sayed in un’intervista esclusiva pubblicata giovedì dal Jerusalem Post – I giornalisti esercitano un grande impatto sull’opinione pubblica. Se vivi in un paese i cui giornalisti rifiutano la normalizzazione e la condannano sistematicamente, sarà molto difficile convincere le persone che questo passo politico è qualcosa di positivo e che va visto in modo positivo”.

Al-Sayed, la prima donna ad essere eletta alla guida dei 600 membri della dell’Associazione Giornalisti del Bahrein, ha ottenuto per la prima volta un seggio per il Bahrain presso la International Federation of Journalists Gender Council che mira a tutelare e promuovere i diritti delle giornaliste in tutto il mondo. Al-Sayed, che è stata anche nominata membro del Consiglio d’amministrazione della Federazione delle donne arabe con sede a Dubai, iniziò la sua carriera giornalistica all’età di 18 anni lavorando come apprendista reporter per il Gulf Daily News nel 1991. Nei successivi trent’anni ha continuato a lavorare nella stampa fino a diventare vicedirettore del Daily Tribune (News of Bahrain) e poi direttore di Al-Salam. In precedenza ha lavorato come reporter e poi come capo-emittente della televisione in inglese del Bahrain. Ha anche condotto programmi radiofonici e televisivi settimanali dedicati all’attualità politica, ai cambiamenti nelle società arabe e ai diritti delle donne. Da quando è stata eletta presidente dell’Associazione Giornalisti del Bahrein, Al-Sayed si è adoperata per il progresso delle donne nel campo del giornalismo, promuovendone il coinvolgimento nella posizioni più alte.

Ahdeya Ahmed Al-Sayed, presidente dell’Associazione Giornalisti del Bahrein

Alla domanda su come i giornalisti in Bahrein e negli Emirati Arabi Uniti abbiano riportato gli accordi di pace con Israele, Al-Sayed afferma di essere “molto soddisfatta” di ciò che vede e sente. “Sono molto felice e orgogliosa del modo in cui stanno coprendo la pace [con Israele] – dice – Adesso i giornalisti parlano di tolleranza, accettazione e rispetto per le altre religioni, gli altri paesi e i diritti umani. Improvvisamente tutto questo è apparso come una realtà. Certo, in alcuni casi ho visto dei giornalisti che rifiutano la normalizzazione, ma alcuni non sono nulla rispetto alle centinaia di altri giornalisti che hanno sostenuto gli accordi di pace in televisione, alla radio e sulla stampa”.

Al-Sayed afferma di non vedere l’ora di collaborare con i giornalisti e i mass-media israeliani. “Dobbiamo avere relazioni forti, interpersonali – spiega – Dobbiamo svolgere un ruolo attivo attraverso ciò che scriviamo. Dal canto loro, i giornalisti israeliani devono aiutarci a raggiungere l’obiettivo. Abbiamo già incontrato alcuni israeliani mediante conversazioni virtuali, ma deve esserci un’interazione faccia a faccia. La comunicazione faccia a faccia è più importante, per cui potremmo sederci insieme e discutere su come coordinare le cose. Sento che nei prossimi mesi faremo passi più grandi”.

Alla domanda se le sue opinioni riflettano quelle della maggioranza dei giornalisti negli stati del Golfo, Al-Sayed risponde: “Non posso parlare a nome di certi paesi del Golfo. Posso solo parlare del Bahrein e degli Emirati Arabi Uniti e posso dire: sì. Le opinioni dei giornalisti in questi paesi sono positive. Anche le poche voci negative con cui ho interagito personalmente si stanno rasserenando. Penso che all’inizio la loro possa essere stata una reazione emotiva perché alla gente è stato detto per tutta la vita che Israele è il nemico. Naturalmente, ci sono anche quelli che rispondono a un’agenda politica che non digerirà mai la pace con Israele”.

Secondo Al-Sayed, le reazioni di molti giornalisti arabi agli incontri virtuali che ha organizzato con gli israeliani nelle scorse settimane sono state molto positive. “La loro risposta e la loro reazione è qualcosa che apprezzo molto” dice, e aggiunge che giornalisti dell’Arabia Saudita, del Sudan e di Algeri hanno sostenuto le attività di normalizzazione con gli israeliani: “Il che dimostra come questi giornalisti aderiscano a ciò che hanno fatto il Bahrein e gli Emirati Arabi Uniti e quanto ne siano contenti”.

Manifestanti palestinesi calpestano e bruciano in effige i protagonisti della normalizzazione fra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrain

Nell’intervista al Jerusalem Post, l’autorevole giornalista del Bahrein afferma di sentirsi “molto male” per la reazione del Sindacato dei giornalisti palestinesi verso l’accordo di normalizzazione tra Bahrein e Israele e verso il suo personale sostegno alla cooperazione tra giornalisti arabi e israeliani. Da diversi anni il Sindacato dei giornalisti palestinesi, dominato da Fatah (il movimento che fa capo ad Abu Mazen ndr), boicotta i giornalisti e i mass-media israeliani. Ora ha anche energicamente condannato Al-Sayed e altri giornalisti arabi per il fatto d’aver parlato con colleghi israeliani. “Un organismo giornalistico – osserva Al-Sayed – dovrebbe avere il massimo rispetto per la libertà di espressione. Le posizioni politiche sono personali, ma il sindacato palestinese è stato il primo a diramare una dichiarazione che mi ostracizza per essermi espressa a favore degli accordi di pace con Israele. Hanno minacciato di trascinarmi in tribunale, mi hanno condannato con veemenza. Mi hanno accusato di criticare i palestinesi. Ho detto: no, io critico i leader dei palestinesi. Non ho mai offeso nessun popolo, ma ho il diritto di esprimere la mia opinione sui leader di qualsiasi organizzazione, soprattutto se una delle organizzazioni è un gruppo terroristico”. Al-Sayed spiega che da allora si è rifiutata di parlare con qualsiasi mass-media palestinese collegato al Sindacato dei giornalisti palestinesi. “Anche un altro ente giornalistico palestinese è stato molto aggressivo nei confronti del Bahrain – aggiunge Al-Sayed – Ci hanno definiti normalizzatori e nemici dell’umanità. È stato alquanto deludente vedere queste reazioni: non me l’aspettavo dai palestinesi”.

Dopo gli attacchi subiti, Al-Sayed ha sporto denuncia contro enti giornalistici palestinesi presso la Federazione Internazionale dei giornalisti, ma dice di non aver ancora ricevuto risposta. “Per tre settimane – chiarisce – ho ignorato gli attacchi palestinesi contro di me. Mi sono detta di lasciare passare le loro reazioni emotive, e va bene. Ma quando ho sentito che venivo presa di mira personalmente mi sono rivolta alla Federazione Internazionale. I giornalisti palestinesi erano furibondi perché ho criticato i loro leader. Sostenevano che avrei dovuto chiedere a loro prima di criticare i leader palestinesi”.

Alla richiesta di spiegare le crescenti critiche verso i leader palestinesi da parte di molti arabi, Al-Sayed osserva: “I palestinesi hanno bruciato le nostre bandiere per le strade. Ci hanno insultato. Noi, sin da quando andavamo a scuola siamo stati abituati a raccogliere soldi da mandare ai palestinesi. Abbiamo tutto il diritto di pensare e analizzare con la nostra testa. Abbiamo il diritto di dire: vediamo qual è la versione dell’altra parte. I leader palestinesi stanno perdendo. Stanno perdendo le fonti di reddito e di finanziamento che avevano da 70 anni. Penso che entro i prossimi mesi si vedranno emergere nuovi volti palestinesi. Odio doverlo dire, ma penso che i nuovi leader dei palestinesi continueranno ad esprimere le stesse ideologie. I volti cambieranno, ma le ideologie rimarranno le stesse, a meno che non si sentano completamente isolati. Se i palestinesi non cambiano i loro leader, il danno per loro sarà enorme”.

(Da: Jerusalem Post, 8.10.20)