Più di un israeliano su 5 ha manifestato contro la riforma giudiziaria

Secondo un sondaggio dell’Israel Democracy Institute, è in aumento il numero di cittadini – di sinistra, di centro ma anche di destra – che partecipano alle proteste in piazza

Manifestanti la sera di sabato scorso a Tel Aviv

Da un sondaggio pubblicato martedì emerge che il numero di cittadini israeliani che partecipa alle manifestazioni di protesta contro la riforma giudiziaria promossa dal governo è in costante aumento. Secondo il sondaggio “Israeli Voice Index”, condotto dal think tank Israel Democracy Institute, il 21% degli israeliani afferma d’aver preso parte ad almeno una delle grandi manifestazioni settimanali nel mese di marzo, rispetto al 13% del mese di gennaio e al 18,5% di febbraio. Il tasso di coloro che manifestano risulta del 23% tra i cittadini ebrei (in proporzione, come se in Italia fossero scesi in piazza quasi 14 milioni di persone ndr) e dell’11% tra i cittadini arabi. Sebbene il tasso di partecipazione risulti più alto tra coloro che si identificano politicamente con il centro o con la sinistra, l’aumento viene rilevato su tutto lo spettro politico: a sinistra è passato dal 46% al 70%; tra coloro che si definiscono di centro dal 18% al 29%, e dal 6% al 9% tra coloro che si definiscono di destra.

In crescita anche il numero di israeliani che temono una guerra civile. Sebbene siano ancora in leggera maggioranza (51%) coloro che la ritengono improbabile, è tuttavia aumentata dal 31% di gennaio al 41% di marzo la quota di coloro che temono sia probabile una degenerazione dello scontro politico in violenze. Il timore di violenze è più alto fra gli intervistati che si definiscono di sinistra (57%), rispetto a quelli di centro (48%) e di destra (31%).

Il sondaggio ha anche interpellato i cittadini ebrei israeliani circa i militari riservisti che per protesta rifiutano di presentarsi al periodico addestramento volontariato: il 64% degli intervistati afferma che il rifiuto dovrebbe essere vietato, contro il 24% che pensa vada consentito.

Il sondaggio ha inoltre rilevato che secondo il 47% degli israeliani il governo di Gerusalemme dovrebbe tenere in considerazione il punto di vista dell’amministrazione statunitense riguardo alle controverse proposte di riforma, mentre il 37% pensa che la posizione di Washington non debba essere tenuta in considerazione. Una novità nella manifestazione di sabato scorso a Tel Aviv è stata la comparsa di numerose bandiere americane, accanto alle consuete innumerevoli bandiere israeliane, come un chiaro segno di appoggio alla posizione critica espressa dall’amministrazione Biden verso il tentativo del governo israeliano di approvare una radicale riforma istituzionale senza il più che ampio consenso possibile nel paese.

Il sondaggio dell’Israel Democracy Institute è stato condotto dopo che centinaia di migliaia di israeliani erano tornati a manifestare, sabato in tutto il paese, indicando che il massiccio movimento di protesta rimane mobilitato nonostante la coalizione di governo abbia momentaneamente sospeso l’iter legislativo, consentendo l’avvio di un dialogo con l’opposizione. Gli oppositori si dichiarano molto diffidenti rispetto alle aperture del primo ministro Benjamin Netanyahu, mentre diversi esponenti della coalizione hanno esplicitamente dichiarato l’intenzione di riprendere l’iter di approvazione esattamente da dove è stato interrotto. Netanyahu ha indicato che il time-out durerà fino all’inizio della prossima sessione della Knesset il 30 aprile, dopo che saranno trascorse le festività pasquali e le ricorrenze di Yom HaZikaron e Yom Haatzmaut (le giornate nazionali che celebrano i caduti e l’indipendenza). Molti manifestanti chiedono che la riforma (che assoggetterebbe alla maggioranza politica la Corte e la nomina dei giudici) non venga semplicemente sospesa o rallentata durante le trattative con l’opposizione, ma che venga accantonata del tutto. Dal canto suo, Netanyahu ha affermato che, dopo la pausa, la riforma finirà per passare “in un modo o nell’altro”.

Alcuni alti esponenti coinvolti nelle trattative sulla riforma, che si tengono sotto l’egida del presidente Isaac Herzog, hanno affermato venerdì alla tv Canale 12 che i colloqui sono già a un punto morto a causa dell’insistenza da parte della coalizione nel voler portare sotto il proprio controllo il comitato di nomina dei giudici, una richiesta considerata irricevibile dall’opposizione.

(Da: Times of Israel, 4.4.23)