Con qualunque governo la colpa è sempre di Israele, anche contro evidenza e cronologia dei fatti

Hanno già iniziato a incolpare dell’escalation di violenze il nuovo governo israeliano, ma è da un anno che il terrorismo palestinese è in aumento

Di Seth J. Frantzman

Seth J. Frantzman, autore di questo articolo

Mentre Israele attende che entri in carica il nuovo governo, viene già diffusa la “narrazione” circa l’“aumento” delle tensioni con i palestinesi. Il nuovo governo sarà più di destra dei governi precedenti e quindi bisogna mettere in conto che ad esso verrà attribuita automaticamente la responsabilità di qualunque nuovo scontro in Cisgiordania. Eppure uno sguardo appena più ampio al contesto rivela che il 2022 è stato uno degli anni più violenti di recente memoria in Cisgiordania. Nel complesso c’è stato un netto aumento degli attacchi terroristici palestinesi, in particolare da parte di Jihad Islamica Palestinese e del gruppo “Fossa dei leoni”, e di conseguenza vi sono stati interventi e scontri quasi quotidiani tra le forze di sicurezza israeliane e gruppi militanti e terroristi palestinesi, molti dei quali hanno causato vittime.

Gli avversari di Israele affermano abitualmente che la colpa è di Israele, o addirittura dipingono i palestinesi coinvolti come esclusivamente civili. In realtà la faccenda è più complessa. Le tensioni sono in aumento da parecchi mesi e se i motivi sono diversi, e non del tutto chiari, quello che è certo è che non hanno a che fare con la maggioranza uscita solo un mese fa dalle elezioni per la Knesset.

Il governo al potere in Israele dal maggio 2021 è un governo laico di centro-sinistra (comprendente anche un partito arabo ndr): in teoria il tipo di governo che avrebbe più probabilità di ridurre le tensioni. Ma gli scontri quasi quotidiani in Cisgiordania indicano un problema più ampio, che non è imputabile a Gerusalemme. Quello che sta accadendo è che l’Autorità Palestinese appare sempre più debole e invecchiata. La sua perdita di controllo su Jenin e Nablus permette a gruppi di miliziani di occupare il vuoto di potere. Israele è costretto a intervenire di più per prevenire il traffico illegale di armi e cercare di neutralizzare le attività terroristiche prima che si propaghino dentro Israele.

Bande armate palestinesi si aggirano per le strade di Jenin (con una bambina nel loro veicolo). Seth J. Frantzman: il nuovo governo verrà accusato per un’escalation che in realtà è iniziata già da tempo

Ora Israele dovrà affrontare non solo la prospettiva di un continuo aumento delle violenze, ma anche l’inevitabile circolo vizioso del pregiudizio che si auto-conferma, in base al quale si accuserà il governo entrante per l’escalation e l’incendio dell’area in realtà iniziate già da tempo. Ci sono molti che hanno interesse a diffondere questa versione, a cominciare da nemici di Israele, come l’Iran, che intendono approfittare della situazione. L’afflusso di armi in Cisgiordania, compresi molti fucili d’assalto M-16, dimostra che esiste una minaccia crescente. L’Iran e il suo gregario locale, la Jihad Islamica Palestinese, vogliono sfruttare questa situazione.

Un altro problema è la tendenza a incolpare Israele per ogni vittima degli scontri in Cisgiordania. Lo scorso fine settimana sono emersi video di un palestinese che accoltellava un militare israeliano (che ha reagito), ma l’incidente viene falsamente descritto come l’uccisione a sangue freddo di un palestinese da parte delle forze israeliane senza alcun motivo né provocazione. Israele si trova in una posizione molto difficile quando c’è un video che mostra chiaramente un palestinese che accoltella e afferra l’arma di un militare, eppure l’incidente viene descritto come una “colluttazione” o addirittura una “esecuzione”. Bisogna mettere in conto che questo tipo di descrizioni diventeranno ancora più faziose e unilaterali nei prossimi mesi. Indipendentemente dal fatto che abbia ragione o torto, Israele deve comunque affrontare un’enorme battaglia controcorrente anche solo perché un incidente venga rappresentato nel suo giusto contesto.

L’anno scorso si è levato un coro crescente di tentativi di etichettare Israele come uno stato di “apartheid”, da Amnesty International a Human Rights Watch a B’Tselem. La narrativa generale di queste affermazioni è che Israele controlla “l’intera area dal fiume al mare”, un tema classico del nazionalismo palestinese anti-israeliano, e che quindi si tratta di “apartheid”. Secondo questo modo di argomentare, Israele “occupa” anche tutte le aree sotto Autorità Palestinese e persino la striscia di Gaza, da cui Israele si è ritirato sin dal 2005. Nel periodo precedente le ultime elezioni israeliane c’è persino chi ha accusato Israele di non far votare gli abitanti di Gaza. Tutto questo fa parte di un programma teso a creare “un unico stato”, costringere Gaza a far parte di Israele e costringere Israele a gestire la vita di milioni di palestinesi indipendentemente dal fatto che le persone a Gaza e a Tel Aviv vogliano vivere nello stesso stato. L’arco narrativo che descrive Israele come responsabile di tutto ciò che accade a Gaza (e nell’Autorità Palestinese) non farà che crescere nel prossimo anno.

In un certo senso, il nuovo governo israeliano sarà una profezia che si auto-avvera per i tanti avversari dello stato ebraico che hanno sempre dipinto Israele come uno stato di estrema destra, intollerabilmente non conforme alla loro visione manichea dell’ordine mondiale. Il che offrirà sicuramente nuove aperture affinché le tensioni in Cisgiordania aumentino e Israele si trovi costretto in una battaglia sempre più ardua per presentare come accettabili le sue risposte di sicurezza.

Intanto si dimenticherà con disinvoltura che in realtà tutto il 2022 è stato un anno di crescenti scontri e attentati che ha gettato le basi per del prevedibile peggioramento.

(Da: Jerusalem Post, 4.12.22)