Da Teheran a Damasco

Peccato che le potenze a Ginevra non abbiano minimamente sollevato il problema dei comportamenti dell'Iran nella regione

Di Kenneth Bandler

Kenneth Bandler, autore di questo articolo

Kenneth Bandler, autore di questo articolo

Il male genera male. Un regime che sostiene attivamente il terrorismo, che si immischia con violenza negli affari di altri paesi e persegue la capacità di dotarsi di armi nucleari è intrinsecamente pericoloso. Ma questo non gli garantisce l’immunità rispetto al genere di violenza che ha generato e alimentato. L’attentato suicida all’ambasciata iraniana a Beirut della scorsa settimana è stato un autentico contrappasso della minacciosa proiezione dell’influenza e del potere iraniani. Fu proprio l’Iran a inaugurare l’atto di bombardare una legazione straniera: a Beirut, 30 anni fa, quando il suo scagnozzo Hezbollah distrusse l’ambasciata degli Stati Uniti. Il sodalizio Hezbollah-Iran ha sanguinosamente colpito numerose volte negli anni scorsi: in Medio Oriente, in America Latina, in Asia e in Europa. Attualmente collaborano in Siria a difesa del regime di Bashar Assad, la cui spietata reazione all’avvio di una rivolta ha prodotto l’esito più violento e destabilizzante di tutte le rivoluzioni politiche nel mondo arabo degli ultimi anni.

Assad ha fatto affidamento sui suoi vecchi alleati per fare quello che ritiene necessario e, con il loro aiuto, rimanere al potere. Il dittatore siriano, mentre condanna il sostegno straniero ai suoi avversari che egli definisce terroristi, non si fa scrupolo di accogliere con favore l’impegno dei suoi attori esterni preferiti, Hezbollah e Iran.

18 Aprile 1983: attentato suicida all’ambasciata degli Stati Uniti a Beirut (Libano): 63 morti

18 Aprile 1983: attentato suicida all’ambasciata degli Stati Uniti a Beirut (Libano): 63 morti

Altri grandi alleati di Assad, Cina e Russia, hanno usato il loro potere politico per bloccare qualsiasi azione significativa del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e la settimana scorsa hanno sventato un intervento delle Nazioni Unite che chiedeva ad Assad di garantire un passaggio sicuro all’interno della Siria per cibo, medicine e altri aiuti umanitari. Milioni di profughi siriani all’interno del paese attendono disperatamente tale assistenza, ma il regime ne ha drasticamente limitato l’accesso. La posizione di Assad contro la distribuzione di aiuti umanitari essenziali è in netta contraddizione con la sua apparente disponibilità a collaborare alla chiusura del vasto programma di armi chimiche di Damasco. Ma che possa davvero essere messo in pratica un piano per la raccolta, esportazione e infine demolizione di tutte le armi chimiche siriane rimane tutto da dimostrare. Intanto, però, l’iniziativa Usa-Russia ha dato ad Assad una tregua virtuale rispetto ai precedenti appelli per la sua destituzione.

E infatti Assad si comporta ora con rinnovata baldanza, dicendosi pronto a mandare suoi rappresentanti agli eventuali colloqui di pace a Ginevra, il prossimo mese, che egli probabilmente ipotizza non avranno mai luogo. Eppure l’aspettativa c’è. Durante i negoziati delle potenze con l’Iran, che hanno portato all’accordo ad interim sul nucleare di Teheran annunciato domenica, è cresciuta l’aspettativa che Stati Uniti e Russia potessero anche riuscire a portare attorno a un tavolo a Ginevra le varie parti che si combattono in Siria. L’Iran, naturalmente, si aspetta di essere una di queste. Invece non dovrebbe. L’Iran, un maestro nel negare l’evidenza, ha negato di essere coinvolto sul terreno in Siria almeno tante volte quante quelle in cui ha negato d’aver una qualsiasi intenzione di sviluppare la capacità di produrre armi nucleari.

Armi Hezbollah confiscate dalle forze israeliane in Libano nel 2006

Armi Hezbollah confiscate dalle forze israeliane in Libano nel 2006

In realtà i Guardiani della Rivoluzione iraniani sono da tempo molto attivi in Siria, e in una rara apparizione pubblica di questo mese il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha ribadito il suo impegno a mantenere le sue forze in Siria.

E’ un peccato che le potenze riunite a Ginevra non abbiano minimamente sollevato il problema dei comportamenti dell’Iran nella regione, e in particolare il suo cruciale sostegno alla roccaforte Hezbollah in Libano e il suo coinvolgimento militare in Siria. In effetti, rimangono molte più domande che risposte su Iran, Siria e Hezbollah dopo la conclusione dei colloqui di Ginevra.

L’accordo interinale della durata di sei mesi non garantisce di per sé la fine della corsa alle armi nucleari da parte dell’Iran: un precedente, questo, che viene sicuramente studiato con attenzione a Damasco. Assad può ben guardare a ciò che Teheran ha ottenuto, dopo anni di ostinazione e di sfide, e può ben concluderne che anche lui, se saprà dire le paroline giuste, potrà continuare a tener duro. Una tattica che ha già funzionato per lo stesso Assad a proposito delle armi chimiche, evitandogli un attacco da parte di Stati Uniti e Francia dopo che il suo regime aveva ucciso cittadini siriani con quelle armi di distruzione di massa.

Le prospettive per il popolo siriano non sono dunque incoraggianti. Come ha giustamente sottolineato il Wall Street Journal in un editoriale, “la più letale arma di distruzione di massa, oggi in Siria, è lo stesso Bashar Assad”.

(Da: Jerusalem Post, 25.11.13)