Lasciate perdere il rapporto HRW, vi dico io cos’è il vero apartheid

Sono cresciuto nel regime di apartheid razziale in Sud Africa, il contrasto con lo stato d’Israele è totale

Di Tuvia Book

Tuvia Book, autore di questo articolo, in compagnia di Yityish “Titi” Aynaw, israeliana nata in Etiopia, Miss Israel 2013

Ed ecco aperta la stagione di caccia per la gioia di odiatori degli ebrei e denigratori di Israele. L’organizzazione dal nome singolarmente improprio “Human Rights Watch”, quella che il suo stesso fondatore ha rinnegato da quando la sua missione principale sembra diventata quella di calunniare lo stato ebraico, ha solennemente dichiarato che Israele è colpevole dei “crimini di apartheid e persecuzione”. Human Rights Watch avrebbe voluto intitolare il suo rapporto “Cancellare l’entità ebraica sionista dalla carta geografica”, ma il tritolo “Israele è uno stato di apartheid” è sembrato più politicamente corretto. Se non fosse così triste potrebbe essere divertente. Definire Israele “apartheid” è assurdo almeno quanto dire che regnano libertà e diritti uguali per tutti in uno qualsiasi dei paesi che circondano Israele.

Sono cresciuto nel vero regime di apartheid razziale in Sud Africa. Nella mia città natale, Durban, seduto su una panchina che recava la scritta in inglese e afrikaans “solo per bianchi”, aspettavo il mio scuolabus (solo per bianchi) che mi portava alla mia scuola (solo per bianchi). Dopo la scuola, andavo in spiaggia passando ogni giorno davanti a questo cartello (vedi l’immagine qui sotto).

Era un regime spietatamente oppressivo in cui il razzismo decretato dallo stato era sancito dalla legge. Il colore della pelle era l’unico fattore per stabilire se si era titolari o meno di diritti. Il contrasto tra l’apartheid del Sud Africa e lo stato d’Israele è totale, a partire dalla Dichiarazione d’Indipendenza d’Israele che sancisce l’uguaglianza per tutti i cittadini affermando categoricamente: “Lo stato d’Israele garantirà la completa uguaglianza dei diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso; garantirà libertà di religione, coscienza, lingua, istruzione e cultura; salvaguarderà i Luoghi Santi di tutte le religioni”.

Cartello segregazionista su una spiaggia di Durban negli anni ’80

Se uno vuole trovare l’apartheid in Medio Oriente, non ha bisogno di cercare lontano. La maggior parte dei regimi nel circondario di Israele pratica l’apartheid di genere. Come si legge in un Rapporto sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite (per inciso, non esattamente un grande fan di Israele), “le donne nei paesi della Lega Araba soffrono di ineguale cittadinanza e ineguali diritti legali, spesso evidenti nei diritti di voto e nei codici legali, e di diseguali opportunità, evidenti nella condizione occupazionale, nei salari e nella segregazione occupazionale basata sul genere. La loro partecipazione alla politica e all’economia rimane la più bassa al mondo”. Nel mondo arabo e in Iran l’adulterio è un crimine per entrambi i sessi, ma sono le donne ha subire le pene più dure (fino alla pena di morte per lapidazione), e questo è apartheid sessuale.

Certo, è importante riconoscere che, nonostante tutti gli incredibili successi ottenuti da Israele in molti campi sin dalla sua nascita, vi sono problemi con cui Israele è ancora alle prese in questo XXI secolo. Uno dei più pressanti è come coesistere armoniosamente con una importante minoranza interna. Circa il 20% dei cittadini israeliani (uno su cinque) sono arabi. La grande maggioranza degli arabi israeliani sono musulmani, ma circa l’8% sono drusi, il 5% beduini, il 10% cristiani. Gli arabi israeliani hanno pieni diritti democratici, rappresentanza parlamentare (in queste stesse ore, le trattative in corso per la formazione del nuovo governo dipendono in buona misura dalle scelte di un partito non solo arabo, ma islamista ndr), istruzione statale e pieni diritti di ricorso alla magistratura.

Due studentesse israeliane, ebrea e araba, al lavoro

Tuttavia, nonostante questi pieni diritti democratici, le risorse allocate a beneficio della comunità degli arabi israeliani risultano inferiori a quelle destinate agli ebrei. Il governo sta cercando di correggere questa situazione. Va tenuto presente, inoltre, che la maggior parte degli arabi israeliani non è tenuta a prestare servizio di leva nell’esercito (fanno eccezione gli arabi drusi, che hanno accettato la coscrizione maschile obbligatoria, più un certo numero di volontari beduini, musulmani e cristiani). Esiste un movimento che promuove l’arruolamento volontario dei giovani arabi israeliani in una sorta di servizio civile nazionale come alternativa al servizio militare. E’ importante, perché il mancato servizio di leva si traduce nel mancato godimento di alcuni sostanziali benefici sociali. Quando l’economia israeliana si trova in recessione e aumenta la disoccupazione, il settore arabo risulta costantemente tra i più colpiti. E’ anche problematico il fatto che, nonostante la lealtà al paese dimostrata dalla stragrande maggioranza degli arabi israeliani, negli ultimi anni è aumentato il numero di cittadini arabi direttamente o indirettamente coinvolti in funeste attività anti-israeliane. Alcune delle posizioni più estremiste di certi parlamentari arabi suscitano vivaci critiche e hanno portato talvolta a indagini giudiziarie. Alcuni arabi israeliani fanno mostra di un’identificazione sempre più aperta con gli arabi palestinesi.

Tutto vero. E tuttavia, mentre Israele continua a cimentarsi nell’impresa di definire e migliorare il suo rapporto con la popolazione di minoranza al proprio interno, è imperativo ricordare che la situazione nello stato ebraico, sebbene vi siano certamente molti margini di miglioramento, è incomparabilmente migliore rispetto a quella di qualsiasi altro paese di tutta la regione.

Quindi, cari amici, la prossima volta che qualcuno, o un’organizzazione come HRW, prende a rimasticare questa vecchia bufala che “Israele è un regime di apartheid come lo era il Sud Africa”, rendetevi conto che lo fa solo perché, dopo la Shoà, non è politicamente corretto definirsi apertamente un antisemita che odia lo stato ebraico. Il mondo può tollerare ebrei deboli e vittime, ma non riesce a sopportare di vedere ebrei forti e sovrani, che esercitano tolleranza, comprensione e uguaglianza.

(Da: Times of Israel, 30.4.21)

L’apartheid in Sud Africa