La miope strategia delle menzogne pregiudica il futuro dei palestinesi e la pace

La vera tragedia è che la propensione palestinese per le false "narrazioni" consente ai loro capi di sottrarsi in eterno a ogni responsabilità

Di James Sinkinson

James Sinkinson, autore di questo articolo

Tra i molti messaggi della inquietante miniserie della HBO Chernobyl, uno dei più angoscianti riguarda l’abietta cultura della menzogna che permeava la società politica, e quindi la vita, nell’Unione Sovietica a metà degli anni Ottanta. Una cultura che esacerbò il disastro di Chernobyl costando centinaia, se non migliaia, di vite a causa dei ritardi nell’affrontare la vera portata e le cause dell’esplosione. “Qual è il prezzo delle bugie? – è una delle prime battute del primo episodio – Non è il fatto che le scambiamo per verità. Il vero pericolo è che, ascoltando tante bugie, non riconosciamo più la verità. A quel punto, cosa resta da fare se non abbandonare anche solo la speranza di arrivare alla verità, accontentandosi invece delle narrazioni. Narrazioni in cui importa solo su chi gettare ogni colpa”.

Mi è venuta subito in mente la sfrontata propensione alle falsità della propaganda palestinese. Un ottimo esempio si è verificato ai primi di luglio, quando Israele ha aperto ai turisti la “Via del pellegrinaggio” attraverso la quale gli ebrei devoti salivano al Tempio duemila anni fa, e che è stata recentemente riportata alla luce dagli archeologi a Gerusalemme. Reagendo a questa prova incontestabile e tangibile del legame ebraico con Gerusalemme, il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat ha affermato che la scoperta è una “menzogna che non ha nulla a che fare con la storia”. In realtà, Erekat non ha fatto altro che ricalcare una consolidata tradizione, emulata da tanti altri dirigenti palestinesi a cominciare da Yasser Arafat che, nel nono giorno del vertice di Camp David (luglio 2000), tentò invano di convincere l’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton che “il Tempio di Salomone non è mai esistito a Gerusalemme, e semmai era a Nablus”.

Il Tempio ebraico “è una pura illusione, non ce n’è alcuna traccia” (clicca per il video)

Da quando i musulmani hanno perso il controllo sul Monte del Tempio con la guerra dei sei giorni del 1967, il mito secondo cui nessun Tempio ebraico sarebbe mai esistito a Gerusalemme è diventato un articolo di fede tra i palestinesi. Per colmo d’ironia, fino a quando Israele non divenne uno stato, nel 1948, le stesse guide musulmane ufficiali affermavano che l’ubicazione del Tempio di Re Salomone sul Monte del Tempio di Gerusalemme era “fuori discussione”.

Nonostante la scoperta di – letteralmente – tonnellate di reperti e manufatti ebraici nell’area del Monte del Tempio ad opera di scienziati rigorosi e laici, un docente palestinese dell’Università Bir-Zeit, il dottor Jamal Amar, non esita a dichiarare che “60 anni di scavi non hanno trovato nulla: non una brocca d’acqua, non una moneta, nessun vaso d’argilla, nessun bronzo, nessun pezzo di metallo, assolutamente nulla di questo mito [del Tempio ebraico], perché è una bugia”.

Ovviamente, queste menzogne non sono che una goccia nel mare di quelle sistematicamente proferite dalla dirigenza, dal clero, dai mass-media, dagli insegnanti palestinesi. Le menzogne palestinesi sono così pervasive che oggi la maggior parte di esse viene creduta senza discutere dai palestinesi in generale. La tesi di dottorato del capo dell’Olp e dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, era improntata al negazionismo della Shoà. Nel 2016, Abu Mazen ha falsamente proclamato al Parlamento europeo che i rabbini israeliani avevano esortato il loro governo ad avvelenare l’acqua palestinese (dopo lo scalpore suscitato, Abu Mazen ha cercato di ritirare la dichiarazione). Gli imam palestinesi affermano da decenni, senza la minima prova, che Israele progetta di smantellare la moschea di al-Aqsa, una calunnia che ha scatenato a più riprese violenti tumulti arabi costati vite umane da entrambe le parti.

23.6.2016. Abu Mazen al Parlamento europeo: “Dei rabbini in Israele hanno chiesto al loro governo di avvelenare l’acqua per uccidere i palestinesi” (clicca per il video)

Queste menzogne vanno ad aggiungersi a quelle più fondamentali, come la Carta Nazionale dell’Olp secondo la quale “la Palestina è la patria del popolo arabo palestinese”. Una bugia sul piano storico perché identifica un “popolo arabo palestinese” che non è mai esistito come gruppo distinto se non negli ultimi decenni. Ma ancora più grave per il fatto che ignora l’autoctono popolo ebraico che ci vive da tremila anni, da molto prima che gli arabi arrivassero nella regione.

Le menzogne palestinesi sono disastrose in primo luogo perché sono false. In secondo luogo perché mirano a negare i legittimi diritti di Am Israel, il popolo d’Israele, all’autodeterminazione e a una nazione indipendente nella propria patria ancestrale. Ma queste menzogne sono disastrose anche perché, come dice la citazione da Chernobyl, si trasformano in narrazioni: in finzioni dove ciò che importa non è la verità, ma solo a chi attribuire la colpa. E sappiamo tutti chi porta ogni colpa, secondo la narrativa palestinese: sono gli ebrei e Israele. Questa è forse la più grande tragedia e il peggiore danno che le menzogne palestinesi arrecano ai palestinesi stessi: una narrazione permeata di vittimismo e rifiuto che consente ai capi palestinesi di sottrarsi in eterno a ogni loro responsabilità verso il presente e il futuro del loro stesso popolo.

(Da: jns.org, 9.7.19)

La Via del Pellegrinaggio, recentemente scoperta a Gerusalemme

A commento delle furibonde reazioni palestinesi all’apertura della Via del Pellegrinaggio, scrive un editoriale del Jerusalem Post: In verità, quello che l’Autorità Palestinese trova insopportabile non è la presenza di un ambasciatore americano all’inaugurazione di un sito archeologico biblico né qualche disagio sopportato dai residenti delle case sotto cui sono stati fatti gli scavi (peraltro con grande attenzione). Quello che non sopportano è il fatto stesso che gli archeologi abbiano portato alla luce un pezzo di storia che scredita, ancora una volta, la falsa narrazione palestinese secondo cui gli ebrei sono dei colonizzatori stranieri. “Quel sito non ha nulla a che fare con la religione, è un falso – ha tuonato il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat parlando ai giornalisti nel suo ufficio di Ramallah – È un progetto di insediamento, e si basa su una bugia che non ha nulla a che vedere con la storia”.

Ci permettiamo di dissentire. Quel sito ha tutto a che vedere con la storia: la storia ebraica. Prove chiare, che nessun archeologo nega, attestano che quella strada è stata utilizzata da centinaia di migliaia di pellegrini ebrei che salivano al Secondo Tempio tre volte all’anno. È stata trovata per caso (durante i lavori per riparare una tubatura) ed è stata una fortuna, perché costituisce una manifestazione visiva delle pratiche ebraiche di duemila anni fa (quelle, per inciso, riportate anche nei Vangeli cristiani, ndr). Continuare a negare che gli ebrei fossero qui, che qui abbiano avuto inizio la cultura e la religione ebraica e che gli ebrei siano profondamente legati alla Terra d’Israele, a cominciare da Gerusalemme, significa volere una guerra perpetua tra ebrei e arabi, tra israeliani e palestinesi.

“Il Medio Oriente non vuole abbandonare i palestinesi – ha detto l’inviato Usa Jason Greenblatt – ma penso anche che il Medio Oriente è stanco di una dirigenza palestinese che impedisce alla regione di fare passi avanti. Siamo stati accusati di giudaizzare Gerusalemme. Ma non si può ‘giudaizzare’ ciò che dimostrano la storia e l’archeologia. Si può solo prenderne atto e smetterla di fingere che non sia vero”. E ha concluso: “Non intendiamo tollerare questo genere di linguaggio. So che è stato tollerato in passato, ma come amministrazione Trump lo respingeremo sempre, indipendentemente dalle accuse che verranno scagliate contro di noi. La pace può essere costruita solo sulla verità”.

La Via del Pellegrinaggio è parte integrante della storia ebraica. Presto sarà aperta a tutti, permettendo ai visitatori di ripercorrere i passi degli antichi pellegrini lungo un tratto di 350 metri della via principale che saliva al Tempio ebraico. Ciò che fa la Via del Pellegrinaggio è svelare la verità. Senza un pieno riconoscimento da parte dei palestinesi e del mondo arabo della veridicità della storia ebraica non potrà esserci un accordo di pace che includa la clausola “fine del conflitto”, cioè non potrà esservi un vero accordo di pace.
(Da: Jerusalem Post, 10.7.19)