In un'intervista martedì scorso al programma di news Democracy Now!, la congressista palestinese-americana Rashida Tlaib ha definito Israele uno "stato razzista" e da “apartheid” perché, a suo dire, negherebbe ai palestinesi l'accesso a cure e vaccini contro il coronavirus.
Il neo presidente americano Joe Biden non annullerà la storica decisione di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele e manterrà l'ambasciata degli Stati Uniti nella città.
La falsa accusa dell'Autorità Palestinese secondo cui gli israeliani trascurano dal punto di vista medico i palestinesi detenuti per terrorismo, e addirittura compirebbero esperimenti su di loro, ha giocato un ruolo determinante nell'assassinio, il mese scorso, della israeliana Esther Horgen.
Trent’anni fa, il 17 gennaio 1991, l'allora ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Zalman Shoval teneva una conferenza stampa presso l'ambasciata israeliana a Washington dove annunciava, con toni cupi, che lo stato ebraico era sotto attacco.
Una mattina della scorsa settimana mi sono svegliato nella mia casa di Nazareth e sono rimasto sbalordito nel venire a sapere che vivo sotto un regime razzista di apartheid il cui unico scopo è "la promozione e la perpetuazione della supremazia di un gruppo di persone: gli ebrei".
“L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso ebrei o non ebrei e/o le loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto”.
I contenuti didattici prodotti dall’Unrwa (l’agenzia Onu per i profughi palestinesi) sono pieni di odio e di incoraggiamento alla jihad, alla violenza e al martirio, e del tutto privi di qualsiasi materiale che promuova il processo di riconciliazione e la pace.
La nuova amministrazione statunitense non dovrebbe tornare allo spirito dell'accordo nucleare con l'Iran del 2015 perché questo potrebbe innescare una corsa agli armamenti in Medio Oriente.
Sabato scorso ricorreva il 16esimo anniversario delle seconde elezioni presidenziali palestinesi, quelle che videro Abu Mazen (Mahmoud Abbas) vincere con il 62,52% dei voti e diventare il secondo presidente dell'Autorità Palestinese dopo Yasser Arafat.
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